curandera<\/em>, proponendosi come canto di guarigione e rigenerazione; accettando dunque di sottoporsi a una prova estrema: o incenerirsi tra le spire degli inferi e tacere per sempre; o risorgere dal proprio dolore per fare nuovo il volto, e anzitutto il cuore, delle cose.<\/p>\nL\u2019operazione innescata fin dalla prima parola del poema \u00e8 una sorta di esorcismo: Anila Dahriu lancia la sua sfida al mondo come esso (purtroppo) \u00e8<\/em> e si getta a capofitto nell\u2019oscurit\u00e0, a mo\u2019 di pioniera coraggiosa, per sciogliere i nodi che reggono i sipari dei \u00abteatrini\u00bb, ingoiando malefici per neutralizzarli e finalmente purificarli dalle sostanze immonde. Lavora dalla parte di Dio per favorire il riscatto di questa umanit\u00e0 ormai in piena decadenza. Non le fanno ribrezzo le parole \u201cagghiaccianti\u201d che occorrono per scoperchiare le botole e smascherare i giochi. Rompe infatti l\u2019omert\u00e0 delle regole non scritte e scuoia con versi vibranti le superfici graziosamente pitturate nell\u2019ottica della reciproca convenienza. La sua voce, su tali presupposti, aderisce alla chiave tonale del demonico<\/em>, il titanismo del sacro che presiede sia l\u2019angelico e sia il demoniaco, collaborando \u201cdal basso\u201d a portare la vita avanti nella sua evoluzione. Infatti le parole della Dahriu emergono da magmi cos\u00ec profondi da potersi sviluppare nel doppio registro della \u201cpreghiera\u201d e della \u201cbestemmia\u201d, anche in senso ambivalente (cio\u00e8 di una bestemmia che prega, e viceversa), essendo benedizione e maledizione strettamente legate al suo italiano di origine\/substrato albanese.<\/p>\nSi affida per questo viaggio dantesco dagli inferi umani, visti con gli occhi di Dio, al \u201cpurgatorio\u201d della redenzione amorosa, trasfigurata nella seconda parte dal canto della fanciulla per te<\/em>, alla \u201crerum natura\u201d che, di per s\u00e9, renderebbe organiche e buone tutte le cose esistenti, se non ci fosse il male a deviarle dal corso originario, e quindi la \u00abforza eterna\u00bb che muove i pianeti e le \u00abcostellazioni che regnano nell\u2019universo\u00bb. Qui il dettato si illimpidisce, dopo le tempeste attraversate, poich\u00e9 giunge alle sorgenti stesse del Sogno da cui balugina la prospettiva di un \u201cmondo\u201d e di un \u201cmodo\u201d diversi, liberi, radicalmente nuovi. E pu\u00f2 accadere non prima di avere oltrepassato gli orizzonti chiusi e i \u00abmuri alti dei confini\u00bb entro cui incista la comune umanit\u00e0. Lo sguardo cosmico, acquisito lungo il difficile percorso, agevola l\u2019opera d\u2019amore che fa spuntare dall\u2019anima le ali dell\u2019eternit\u00e0, a vantaggio di \u00abquel volo desiderato, smisurato\u00bb grazie al quale sar\u00e0 possibile abbandonarsi semplicemente al \u00abprofumo dell\u2019attimo\u00bb per raggiungere la tanto sospirata pienezza dell\u2019essere, in una specie di annuncio del pleroma<\/em> ultraterreno, a matrice gnostica e cristiana, che vale gi\u00e0 come elemento di cura, se non come sintomo di probabile guarigione dal \u201cmale di vivere\u201d che ci fa tanto feroci.<\/p>\n\t\t\t\t\n\t\t\t\t\t
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