{"id":48542,"date":"2022-09-21T12:09:40","date_gmt":"2022-09-21T10:09:40","guid":{"rendered":"https:\/\/albanialetteraria.it\/?p=48542"},"modified":"2022-10-03T10:45:08","modified_gmt":"2022-10-03T08:45:08","slug":"intervista-francesco-altimari","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/albanialetteraria.it\/intervista-francesco-altimari\/","title":{"rendered":"Intervista a Francesco Altimari. Gli studi, gli impegni e gli obiettivi"},"content":{"rendered":"
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Francesco Altimari<\/a> (1955) \u00e8 professore ordinario di lingua e letteratura albanese all\u2019Universit\u00e0 della Calabria dal 1992. \u00c8 stato docente della stessa disciplina anche nelle Universit\u00e0 di Napoli \u201cL\u2019Orientale\u201d (1991-92), Lecce (1993-97), Trieste (2000-01) e Milano-Cattolica (2004-22). Si occupa attualmente di filologia e linguistica albanese, in area balcanica e in area italiana, con interessi anche nell\u2019ambito della balcanistica.<\/p>\n

Responsabile scientifico dell\u2019edizione dell\u2019Opera Omnia di Girolamo De Rada<\/a> (1814-1903), ha all\u2019attivo diversi volumi monografici su tematiche di filologia, linguistica e letteratura albanese e arb\u00ebreshe e numerosi saggi di albanistica e di balcanistica apparsi su riviste specialistiche, italiane e straniere. Membro onorario dell\u2019Accademia delle Scienze d\u2019Albania, di cui oggi \u00e8 membro esterno, dal 2006 e dell’Accademia delle Scienze e delle Arti del Cossovo dal 2008,\u00e8 stato insignito della Laurea \u201cHonoris Causa\u201d dalle Universit\u00e0 di Tirana (2007), del Sud-Est europeo di Tetova nella Macedonia del Nord (2013), Eqrem Cabej di Argirocastro (2016) e Aleksander Moisiu di Durazzo (2017).<\/p>\n

Presidente della Fondazione Universitaria Francesco Solano istituita nel 2009 dall’Universit\u00e0 della Calabria per promuovere la lingua e la cultura albanese in Italia, favorire gli interscambi culturali tra le comunit\u00e0 albanesi storiche di area italiana e quelle di area balcanica (Albania, Cossovo, Macedonia, Grecia e Montenegro) e assicurare un supporto alle attivit\u00e0 di cooperazione scientifica e didattica dell’UNICAL nei Balcani.<\/p>\n

Professore, dove e come si forma?<\/strong><\/p>\n

Non \u00e8 facile raccontarlo in poche parole: tenter\u00f2 di farlo senza abusare troppo della sua pazienza e di quella dei vostri lettori. Sono arb\u00ebresh, originario della comunit\u00e0 di San Demetrio Corone ed \u00e8 in questa comunit\u00e0 che nasce il mio interesse verso l’albanologia, per merito di un sacerdote, una persona speciale: papas Giuseppe Faraco. Era un prete della nostra chiesa arb\u00ebreshe, cattolica di rito bizantino, certamente ortodosso nella dottrina, ma \u201ceretico\u201d \u2013 per amore della verit\u00e0! – nei suoi comportamenti, che aveva fatto sua quella saggia tradizione anticonformista di \u201cribellione\u201d che ha caratterizzato molti intellettuali nel corso della nostra lunga storia. Era docente di religione, ma dedicava una parte del suo insegnamento alla lingua albanese \u2013 all\u2019epoca non permessa dagli ordinamenti didattici! – oltre a essere un grande promotore di iniziative culturali che inaugurarono i primi contatti del mondo arb\u00ebresh col mondo albanese.<\/p>\n

\"Faraco
Giuseppe Faraco<\/figcaption><\/figure>\n

Erano gli anni successivi al 1968 e papas Faraco era perfettamente in linea con l’orientamento progressista dell’epoca. Aveva fondato un circolo culturale al quale aveva dato il nome di Zjarri, Il Fuoco e con esso cre\u00f2 anche un gruppo folcloristico. Attiv\u00f2 anche la rivista che portava lo stesso nome del circolo, oggi non molto ricordata, ma che raggiunse un alto livello di specializzazione e dove eccezionalmente collaboravano negli anni \u201970 e \u201980 figure prestigiose della scienza e della intellighenzia albanese della madrepatria, allora sotto il regime comunista, e della diaspora che erano anche punto di riferimento della dissidenza albanese in Europa. Nel panorama delle riviste albanesi del secondo dopoguerra non ce n\u2019\u00e8 una simile a Zjarri in quanto era proibito agli studiosi albanesi sotto il regime di Enver Hoxha<\/a> di collaborare con giornali che ospitavano i \u201cnemici del popolo\u201d, come veniva considerato Martin Camaj, una figura eccelsa di albanologo e di intellettuale che sentivamo molto vicina e nostro importante punto di riferimento.<\/p>\n

\"Camaj\"
Martin Cabaj<\/figcaption><\/figure>\n

Per lui gi\u00e0 allievo della Scuola saveriana di Scutari che era dovuto fuggire dall\u2019Albania comunista, a cui la sua patria divenne off limits\u00b8 l\u2019Arb\u00ebria fu la sua seconda patria ideale. Ad essa lui dedic\u00f2 molte delle sue pregevoli monografie, occupandosi di alcune nostre parlate arb\u00ebreshe (Greci, Barile, Falconara Albanese, S.Costantino Albanese) che riteneva tra le pi\u00f9 conservative e interessanti, ma per lui \u2013 Camaj \u00e8 considerato tra i maggiori scrittori albanesi contemporanei – fonte di ispirazione della sua opera letteraria. Formatosi prima a La Sapienza di Roma, presso la cattedra di Ernest Koliqi, e poi in Germania, dove gli venne poi affidata la cattedra di albanologia dell\u2019Universit\u00e0 di Monaco di Baviera, Camaj ha tenuto costanti rapporti, per oltre un trentennio, sino alla sua prematura scomparsa (1992) col mondo degli albanesi d\u2019Italia. A favorire il contatto con Martin Camaj, \u00e8 stato un altro grande arb\u00ebresh, il prof. Francesco Solano, anch\u2019egli un pap\u00e0s molto speciale, albanologo e scrittore, una figura centrale della mia formazione accademica.<\/p>\n

Studioso versatile e poliglotta, vissuto per molti anni in Argentina -a Buenos Aires aveva pubblicato nel 1946 la raccolta di poesie Burbuqe t\u2019egra (Boccioli selvatici) con cui riprende a fiorire la letteratura arb\u00ebreshe nel secondo dopoguerra – dalla seconda met\u00e0 degli anni \u201850 Solano ritorna nella sua comunit\u00e0 di origine, a Frascineto, mettendo la sua riconosciuta competenza albanologica al servizio dell\u2019Arb\u00ebria e della Eparchia di Lungro (determinante \u00e8 stato il suo apporto nella traduzione della liturgia in lingua albanese promossa con lungimiranza dal vescovo mons. Giovanni Stamati, che nel 1968 decret\u00f2 l’albanese lingua liturgica nelle comunit\u00e0 arb\u00ebreshe dell\u2019Eparchia, in Calabria e Basilicata).<\/p>\n

\"Solano
Francesco Solano<\/figcaption><\/figure>\n

Pubblica nel 1972 il suo Manuale di lingua albanese, che \u00e8 stato per gran parte degli arb\u00ebresh\u00eb \u2013 ma anche per molti italiani \u2013 lo strumento primario di apprendimento della lingua albanese moderna.Gli stretti rapporti tra papas Solano e papas Faraco favorirono nel corso degli anni \u201870 una proficua collaborazione che riguard\u00f2, come si diceva, la rivista Zjarri e che coinvolse anche le relazioni culturali tra mondo albanese e mondo arb\u00ebresh. Un momento di svolta \u00e8 rappresentato dalla 1 settimana della cultura albanese (1977)\u00b8 che registr\u00f2 la presenza del celebre linguista Eqrem \u00c7abej \u2013 un felice ritorno tra gli arb\u00ebresh\u00eb! \u2013 in questa manifestazione, a cui partecip\u00f2 anche il prof. Jorgo Bulo.<\/p>\n

Non va dimenticato che tutto questo accadeva in un’epoca molto particolare, in un’Europa caratterizzata dagli scontri ideologici e dalle divisioni politiche radicali tra i due blocchi: quello occidentale liberale e quello orientale comunista. Anche gli studi albanesi restavano impigliati in questa rete di contrapposizioni, con le istituzioni accademiche albanesi sotto il diretto controllo del regime stalinista di Hoxha e le cattedre di albanese in Italia tenute da autorevolissimi studiosi e noti intellettuali albanesi, per lo pi\u00f9 di orientamento cattolico o liberale, e comunque anticomunista, a cui, grazie all\u2019azione del prof. Ernest Koliqi, va dato il merito di avere garantito il risveglio della cultura arb\u00ebreshe, anche attraverso la rivista Shejzat (Le Pleiadi) di Roma.<\/p>\n

Era una impresa quasi impossibile, in questo quadro politico e culturale cos\u00ec divisivo fatto di forti contrapposizioni ideologiche, aprire varchi di dialogo e di confronto nell\u2019ambito degli studi albanesi prodotti nelle due Europe create dalla \u201cguerra fredda\u201d. Ma fu grazie anche al coraggio e alla visione aperturista di questi due papades che ho citato che si aprirono delle brecce importanti.<\/p>\n

\"UNICAL
Universit\u00e0 della Calabria – Fondazione Solano<\/figcaption><\/figure>\n

Nel 1975 il prof. Solano divenne titolare della cattedra albanologica istituita presso la nuova Universit\u00e0 della Calabria: ed \u00e8 proprio da questa nuova cattedra che partirono segnali importanti di collaborazione che determinarono delle novit\u00e0 nelle relazioni italo-albanesi. All\u2019epoca, dopo la scomparsa del prof. Koliqi e il trasferimento dall\u2019Orientale di Napoli a La Sapienza del prof. Ressuli, la situazione delle cattedre di albanese in Italia era divenuta piuttosto precaria, registrandosi nel panorama nazionale la sola presenza di un solo professore ordinario, il prof. Antonino Guzzetta, dell\u2019Universit\u00e0 di Palermo.<\/p>\n

\"Guzzetta
Antonio Guzzetta<\/figcaption><\/figure>\n

A lui, mio secondo Maestro, si deve il merito di aver rilanciato gli studi albanologici, favorendo l\u2019accesso ad essi di molti giovani, grazie ai congressi internazionali di albanologia, gi\u00e0 avviati da papas Gaetano Petrotta e proseguiti dal prof. Giuseppe Valentini, tradizione che ora veniva rinsaldata dai proficui rapporti di amicizia personale e di stretta collaborazione accademica che lui intratteneva con il prof. Francesco Solano e con il prof. Martin Camaj.<\/p>\n

Ebbi allora la fortuna come studente iscritto ai corsi di Lettere indirizzo classico della nuova Universit\u00e0 della Calabria (1973) di trovarmi a frequentare i corsi universitari di albanese con il prof.Solano, che avevo gi\u00e0 conosciuto e avuto come guida nei corsi avviati negli anni del Liceo a San Demetrio da papas Faraco e anche di avere i primi contatti con queste figure di albanologi insigni che hanno segnato anche la mia formazione. E al termine del primo corso tenuto dal prof. Solano, assieme ad altri studenti arb\u00ebresh\u00eb, miei compagni di corso, ebbi la fortuna di partecipare nell\u2019agosto del 1976 al seminario internazionale di lingua e cultura albanese organizzato dall\u2019Universit\u00e0 di Prishtina. Godendo di un momento particolare di prima apertura politica determinato dalla nuova Costituzione del 1974, il Kosovo veniva riconosciuto come la Vojvodina regione a statuto speciale, con la possibilit\u00e0 di organizzare, come era per le altre repubbliche della Jugoslavia titoista, i seminari estivi riservati a studiosi e studenti stranieri che volevano approcciarsi alle lingue e alle culture dei rispettivi territori della Federazione jugoslava.<\/p>\n

Per noi, studenti dell\u2019Unical, dal punto di vista linguistico e culturale, fu un\u2019esperienza davvero straordinaria, che ci apr\u00ec le porte di quel mondo preclusoci dalla \u201ccortina di ferro\u201d, permettendoci anche di entrare in contatto, grazie agli incontri e ai primi contatti con i colleghi e i docenti dell\u2019Universit\u00e0 di Prishtina e con una rete di studiosi provenienti dai maggiori centri europei ed extra-europei di studi albanologici. Il felice esito di quell\u2019esperienza rese possibile anche l\u2019apertura agli arb\u00ebreshe dell\u2019Albania enverista, ancora rigidamente blindata.<\/p>\n

Papas Solano chiese l\u2019intervento di due autorevoli studiosi e amici dell\u2019Accademia albanese, dei proff. Aleks Buda e Eqrem \u00c7abej<\/a>, affinch\u00e9 anche l\u2019Albania attivasse seminari simili a quelli kossovari nelle proprie strutture universitarie. L\u2019appello, che \u201ctoccava\u201d le corde della sensibilit\u00e0 patriottica delle classi dirigenti del paese, vista l\u2019acerrima rivalit\u00e0 esistente tra l\u2019Albania di Enver Hoxha e la Jugoslavia di Tito, ebbe una pronta risposta. Sicch\u00e9, l\u2019anno successivo, dopo i seminari estivi di Prishtina, potemmo seguire in Albania corsi intensivi di lingua e seminari speciali \u2013 di linguistica, letteratura, etnografia, ecc.\u2013tenuti dai migliori specialisti dell\u2019Accademia delle Scienze e dell\u2019Universit\u00e0 di Tirana e riservati a noi studenti della cattedra di albanologia dell\u2019Unical.<\/p>\n

Questo \u201cmiracolo a Tirana\u201d, perch\u00e9 di un vero e proprio miracolo si tratt\u00f2, se consideriamo la rigida clausura ideologica che aveva di fatto isolata l\u2019Albania nelle relazioni con il mondo esterno, si deve a questa svolta storica determinata dalla presenza della nostra nuova cattedra di albanese dell\u2019Universit\u00e0 della Calabria. I rapporti che poi si aprirono col mondo arb\u00ebresh fanno parte di questa strategia. E ci\u00f2 grazie all\u2019impegno del mio mentore che fu decisivo anche nella mia scelta di avviare il mio percorso di studi in ambito albanologico. E mi laureai, avendo come relatore proprio il prof. Solano, con una tesi in lingua e letteratura albanese: \u201cL\u2019epoca e la figura di Scanderbeg nell\u2019opera di De Rada e nella letteratura arb\u00ebreshe\u201d.<\/p>\n

In che anno si \u00e8 laureato?<\/strong><\/p>\n

Il 31 marzo del 1978.<\/p>\n

\u00c8 entrato subito nell’ambiente universitario?<\/strong><\/p>\n

Subito dopo la laurea ho prestato servizio militare, poi nel 1980 mi \u00e8 stata offerta una possibilit\u00e0, in quanto i corsi della cattedra del prof. Solano erano molto seguiti \u2013 il professore oltre al corso di letteratura teneva anche quello di Dialetti albanesi dell\u2019Italia meridionale – ma non erano supportati da alcun tipo di collaborazione didattica. Per questo la Facolt\u00e0 band\u00ec un concorso per un contratto di lettore di lingua che vinsi e inizi\u00f2 cos\u00ec la mia avventura accademica.<\/p>\n

Quindi, insegna all’Universit\u00e0 dal 1980?<\/strong><\/p>\n

S\u00ec. Ho lavorato come lettore per cinque anni; poi, ho avuto nel 1986 dal DAAD \u2013 Ente di ricerca tedesco per gli scambi accademici – una borsa di studio in Germania avendo come referenti accademici alla Universit\u00e0 \u201cLudwig Maximilian\u201d di Monaco di Baviera il prof. Martin Camaj<\/a>, che mi ha guidato nella ricerca sugli studi condotti in area tedesca sulla lingua, la letteratura e la cultura arb\u00ebreshe, e all\u2019Universit\u00e0 di Mannheim il prof. Rupprecht Rohr<\/a>, che mi ha indirizzato sui risultati della ricerca condotta dalla sua scuola di romanistica sul lessico arb\u00ebresh. Tornato in Calabria, sono stato inquadrato nel 1987 come ricercatore universitario di ruolo, e subito dopo ho partecipato al concorso per professore associato e risultato vincitore, sono stato chiamato a ricoprire il posto dalla mia Universit\u00e0 di provenienza.<\/p>\n

Nel 1990 c’\u00e8 stato un altro bando per professori ordinari, questa volta bandito dall’Orientale di Napoli e qui sono diventato professore di prima fascia. Continuavo a tenere i corsi anche presso la nostra Universit\u00e0, perch\u00e9 nel frattempo il prof. Solano era andato in pensione. La nostra cattedra \u00e8 stata mantenuta in vita negli anni precedenti grazie alle supplenze tenute per un anno dal prof. Trumper e poi nel biennio successivo dal prof. Guzzetta, che veniva appositamente da Palermo per garantire l’insegnamento ai nostri studenti. Nel 1992 sono rientrato presso la nostra Universit\u00e0, in Calabria, dove per 25 anni mi ha affiancato nella mia azione didattica e scientifica con la sua preziosa collaborazione il prof. Anton Berisha, che ho chiamato dal Cossovo, allora sotto la morsa genocida del regime di Milosevic che aveva chiuso tutte le scuole, le Universit\u00e0 e gli istituti di ricerca albanesi.<\/p>\n

Oggi, di cos’altro si occupa oltre l’insegnamento?<\/strong><\/p>\n

I nostri maestri, in particolare il prof. Solano e il prof. Guzzetta – e qui devo allargare il campo includendo nel discorso anche il carissimo collega e amico Matteo Mandal\u00e0, che ho preceduto nel percorso accademico solo di qualche anno – ci dissero sin da subito che chi si fosse occupato di albanologia, avrebbe avuto non una, ma due missioni da compiere, assolvendo oltre agli incarichi di docenza e di ricerca connaturati all\u2019ambito accademico, anche quella che oggi viene chiamata la \u201cterza\u201d missione dell\u2019Universit\u00e0, ma che per noi era da ritenere la prima, per essere le cattedre di Cosenza e di Palermo quelle a pi\u00f9 diretto contatto con il mondo arb\u00ebresh.<\/p>\n

\"Universit\u00e0
Universit\u00e0 di Mannheim Ludwig – Maximilian<\/figcaption><\/figure>\n

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Le radici di tale particolare visione dell\u2019albanologia ci portano lontano nel tempo, alla fine dell\u2019Ottocento, quando grazie all\u2019impegno di una vita spesa per la causa albanese dal nostro vate Girolamo De Rada, venne istituita presso l’Orientale di Napoli, nel 1900. Ci fu un incontro determinante, per la sua attivazione, del Poeta. con il Ministro dell’Istruzione dell\u2019epoca durante un convegno di orientalistica tenutosi a Roma nel 1897. Fu questa di Napoli la prima cattedra universitaria di albanologia ad essere accesa in Europa. La seconda venne attivata nel 1921 a Belgrado (e in questi giorni, anche se con un anno di ritardo, i colleghi belgradesi stanno celebrando degnamente questo importante centenario).<\/p>\n

\"L'Orientale
L’Orientale di Napoli<\/figcaption><\/figure>\n

Ho voluto accennare brevemente alla storia delle cattedre per ricordare che la nostra missione di docenti e ricercatori al servizio alla comunit\u00e0 storica arb\u00ebreshe rientra naturalmente e pienamente nel ruolo che siam chiamati a svolgere come punto di riferimento culturale e scientifico delle nostre comunit\u00e0. Ecco perch\u00e9 una delle prime cure del mio Maestro, il prof. Solano, \u00e8 stato quello di recuperare quei fondi appartenenti alla nostra memoria, tra cui archivi con documentazione di testi manoscritti di scrittori italo-albanesi, che per l\u2019assenza in Calabria fino al 1972 di centri universitari, erano stati portati fuori regione.<\/p>\n

Tra questi materiali ricordo i pregevoli manoscritti di intellettuali arb\u00ebresh\u00eb di Calabria e Sicilia del XVIII, XIX e XX secolo portati dal glottologo Giuseppe Gangale alla Biblioteca Reale di Copenaghen. Grazie all\u2019intervento del fondatore della nostra cattedra, e alla pronta disponibilit\u00e0 dell\u2019Ateneo, siamo riusciti a recuperare in microfilm tutto questo patrimonio finito all’estero e abbiamo invogliato chi era in possesso di altri fondi speciali, a donarli al nostro ateneo. Allo stato attuale sono ben sei i fondi speciali albanologici presso la Biblioteca di Area Umanistica dell\u2019Ateneo.<\/p>\n

\"Centro
Centro Editoriale UNICAL<\/figcaption><\/figure>\n

Tra i tanti materiali recuperati, oltre a libri e manoscritti rari, ci sono anche centinaia di registrazioni importanti sulle parlate arb\u00ebreshe, alcune delle quali oggi purtroppo estinte, che sono state digitalizzate e catalogate grazie ad un progetto realizzato da un nostro valido ricercatore che oggi non \u00e8 pi\u00f9 con noi, il compianto prof . Giovanni Belluscio. Questa azione di recupero, proseguita con altri fondi privati ci ha permesso di disporre di opere importanti che rappresentano gran parte della memoria della comunit\u00e0 italo- albanese e che rendono il nostro laboratorio uno dei maggiori centri di documentazione albanistica attivato in una Universit\u00e0 italiana.<\/p>\n

Altra iniziativa importante perseguita in questi anni, in collaborazione con il Comune di San Demetrio Corone, \u00e8 stata la pubblicazione dell\u2019Opera Omnia, in 12 volumi, di Girolamo De Rada, progetto a cui hanno collaborato docenti e collaboratori della nostra cattedra (prof. Anton Berisha<\/a>, prof. Fiorella De Rosa<\/a>, prof. Vincenzo Belmonte, dr. Adriana Ponte) e altri colleghi di altre Universit\u00e0, italiane (prof. Matteo Mandal\u00e0, prof. Leonardo Savoia) e straniere (prof. Michelangelo La Luna).<\/p>\n

\"Edizioni
Edizioni Albanologia UNICAL<\/figcaption><\/figure>\n

Grazie ad un accordo di cooperazione stipulato dalla Fondazione Universitaria F.Solano dell’UNICAL con l\u2019allora Ministra della Cultura della Repubblica d’Albania, Mirela Kumbaro, coinvolgendo anche la Repubblica del Kossovo in occasione del bicentenario della nascita del Poeta (2014), \u00e8 stato possibile realizzare l’edizione in lingua albanese, in sei volumi, dell’Opera Omnia deradiana, portata in porto grazie all\u2019impegno del prof. G\u00ebzim Gurga, dell\u2019Universit\u00e0 di Palermo.<\/p>\n

Nell\u2019ultimo ventennio, numerosi sono stati i progetti lessicografici e letterari che hanno riguardato le comunit\u00e0 arb\u00ebreshe di diverse province del nostro Meridione (Campobasso, Avellino, Potenza, Catanzaro, Crotone, Cosenza) e che sono stati realizzati dal nostro Laboratorio di Albanologia con la collaborazione di tanti nostri bravi laureati, ricercatori e collaboratori, grazie ad accordi con gli Enti locali, in applicazione della legge 482\/1999. Ricordo qui il prof. Vincenzo Belmonte, la dr. Maria Luisa Pignoli, il prof. Pasquale Scutari, il dr. Nicola Bavasso, la dr.Emilia Conforti, la dr. Giovanna Nanci, la dr. Maddalena Scutari, il dr. Giuseppe Baffa, ecc.<\/p>\n

\"Edizioni
Edizioni Albanologia UNICAL<\/figcaption><\/figure>\n

Quando c\u2019\u00e8 stato nel passato il supporto degli Enti locali, i risultati che siamo riusciti a produrre non sono stati irrilevanti. Pur disponendo di poche forze, questo duro e impegnativo lavoro \u00e8 stato portato avanti grazie all’aiuto fornito dai nostri bravi collaboratori, laureati e studenti, che hanno lasciato la loro significativa \u201cpietra\u201d nella costruzione di questa casa comune, che oggi grazie alle opere pubblicate, e alle centinaia di tesi di laurea e di dottorato realizzate, offre un giacimento linguistico e culturale di straordinario interesse, sia didattico che scientifico, che pu\u00f2 essere liberamente fruito.<\/p>\n

Peccato poi che per l\u2019assenza di quella svolta a livello istituzionale che purtroppo non c\u2019\u00e8 stata con la 482\/99 da parte della politica italiana, ma anche da parte della politica albanese, che si \u00e8 limitata ad istituire recentemente un Centro Studi e Pubblicazioni sugli Arb\u00ebresh\u00eb, QeSPA che brilla per il modo come sperpera senza alcun vantaggio per la comunit\u00e0 arb\u00ebreshe i cospicui soldi pubblici assegnati, non si \u00e8 stati in grado di fornire alle nostre comunit\u00e0 quegli strumenti di tutela che sono gli Istituti pedagogici e culturali che altre minoranze pi\u00f9 fortunate perch\u00e9 politicamente \u201cprotette\u201d nelle regioni di confine hanno garantiti da tempo, offrendo importanti opportunit\u00e0 di lavoro e punti di riferimento ai territori di riferimento.<\/p>\n

Ci\u00f2 non ci permette di mettere a frutto il lavoro che le nostre cattedre hanno sin qui realizzato qualcuna in decenni e qualcun\u2019altra anche in un secolo di fatiche! E peccato per i nostri bravi giovani che abbiamo formato in tutti questi anni, raggiungendo elevate competenze scientifiche e professionali, che hanno dovuto purtroppo prendere la via dell\u2019emigrazione alla ricerca di un posto di lavoro, all\u2019estero o nelle regioni del nord d\u2019Italia, lasciando le nostre comunit\u00e0 oggi sempre pi\u00f9 desertificate e private di tante risorse intellettuali giovani e preparate!<\/p>\n

Per fortuna registriamo ora un importante segnale di cambiamento con la decisione presa ultimamente nel 2021 dall\u2019Accademia delle Scienze d\u2019Albania di istituire una apposita Unit\u00e0 di ricerca sugli arb\u00ebresh\u00eb, gli arb\u00ebnesh\u00eb e gli arvaniti: per la prima volta si d\u00e0 una risposta seria e concreta ai bisogni reali della nostra comunit\u00e0 \u2013 non solo di quella scientifica \u2013 avendo la responsabilit\u00e0 come cattedre italiane di albanologia di offrire alla nostra minoranza strumenti aggiornati e avanzati di conoscenza \u2013 in campo linguistico, letterario e culturale \u2013 con cui affrontare le difficili sfide che vengono ad essa da una situazione di grave crisi che non pu\u00f2 essere affidata ad improvvisati e sedicenti cultori animati solo da buone intenzioni \u201cpatriottiche\u201d!<\/p>\n

\"Accademia
L’Accademia delle Scienze di Tirana<\/figcaption><\/figure>\n

Tra le iniziative che abbiamo in programma, sostenute dalla stessa Accademia albanese, ricordo il dizionario digitale Arb\u00ebresh, sulla base di una banca dati informatica sul patrimonio lessicale italo-albanese avviata a partire dagli anni \u201990 e riguardante sia la lessicografia letteraria, attraverso la elaborazione informatizzata delle edizioni critiche delle antiche opere letterarie italo-albanesi (sec.XVI-XIX), sia la lessicografia dialettale, attraverso la implementazione dei dati lessicali acquisiti sul campo nelle comunit\u00e0 albanofone del Mezzogiorno d\u2019Italia dai Laboratori di Albanologia dell\u2019Universit\u00e0 della Calabria e di Palermo nell\u2019ultimo quarantennio, ma anche il progetto dell\u2019Opera Omnia di Francesco Antonio Santori e, last but not least, la candidatura della cultura immateriale arb\u00ebreshe simboleggiata dai riti del Moti i Madh quale patrimonio universale dell\u2019UNESCO (2020). Assieme alle cattedre universitarie dell\u2019Universit\u00e0 della Calabria e di Palermo, sono coinvolte in queste iniziative anche altre cattedre italiane di albanologia: quella del Salento di Lecce, \u201cCa\u2019 Foscari \u201c di Venezia, L\u2019Orientale di Napoli.<\/p>\n

\"Vallja
Vallja San Paolo Albanese<\/figcaption><\/figure>\n

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Due parole sulle condizioni attuali della realt\u00e0 arb\u00ebreshe.<\/strong><\/p>\n

Partirei proprio da quest\u2019ultima iniziativa che ha preso slancio nel periodo critico della pandemia, mettendo a frutto con questo ambizioso piano progettuale quel lungo, costante e accurato lavoro di indagine sul campo che le nostre cattedre gemelle \u2013 cos\u00ec mi piace definire per l\u2019efficace partenariato creatosi attraverso decenni di stretta cooperazione tra la nostra Universit\u00e0 della Calabria e quella di Palermo, diretta dal prof. Mandal\u00e0 – portano avanti da decenni, a cui si sono poi aggregate le nuove cattedre del Salento, retta dalla prof. Genesin, e di Ca\u2019 Foscari, diretta dalla prof. Turano, e ultimamente quella di Napoli L\u2019Orientale, sotto la direzione della prof. Suta. Non manca il sostegno delle discipline antropologiche ed etnomusicologiche con il coinvolgimento del prof. Eugenio Imbriani e del prof. Nicola Scaldaferri.<\/p>\n

Siamo partiti da questo progetto, che oggi \u00e8 approdata presso il nostro Ministero della Cultura, con il coinvolgimento anche del corrispondente Ministero albanese per tentare di arrivare anche ad una ipotesi di collaborazione inter- e transnazionale, seguendo il suo iter ordinario per il riconoscimento UNESCO del nostro patrimonio culturale immateriale. Abbiamo deciso di partire da un progetto inclusivo, che \u201clegasse\u201d tutte le comunit\u00e0 attraverso la valorizzazione dei loro riti pi\u00f9 significativi del ciclo della primavera per tentare di aggregare attraverso un percorso collaborativo l\u2019intera Arb\u00ebria, per superare cos\u00ec con un progetto scientificamente valido e anche culturalmente unificante la situazione di stallo che si registrava da tempo e che non aiutava la nostra minoranza a ritrovarsi unita in obiettivi condivisi.<\/p>\n

\"Presentazione
Presentazione MOTI I MADH Vaccarizzo Albanese<\/figcaption><\/figure>\n

Con queste basi si potrebbe anche facilitare il raggiungimento di una auspicabile coordinamento interregionale da raggiungere a livello politico, in forma federativa, tra tutti i Comuni di minoranza albanese, analogo a quello cos\u00ec egregiamente realizzato a livello scientifico. Pensiamo, infatti, che l’assenza sia nei rapporti con le istituzioni dello Stato italiano che con quelle dello Stato albanese di un soggetto istituzionale rappresentativo delle nostre 50 amministrazioni comunali, non ci rende un buon servizio a livello nazionale nelle trattative necessarie per attuare finalmente quella tutela che \u00e8 sinora mancata per la non applicazione della stessa legge 482\/1999, ma che ci indebolisce anche a livello internazionale, non permettendoci di interagire con una rappresentanza unitaria di minoranza con gli Stati dell\u2019albanofonia balcanica (Albania, Cossovo, Macedonia del Nord).<\/p>\n

L\u2019Arb\u00ebria ha oggi bisogno di un grande progetto strategico, di ampio respiro culturale sostenuto da un forte soggetto istituzionale, rappresentativo e unitario di tutte le comunit\u00e0 italo-albanesi, di cui \u00e8 tempo che si facciano carico i Comuni arb\u00ebresh\u00eb riconosciuti come minoritari e diffusi nella Penisola., con il sostegno e gli indirizzi di una cabina di regia scientifica espressa di concerto tra le istituzioni operanti nelle aree albanofone, d\u2019Italia e dei Balcani, e facendo tesoro \u2013 per non far iniziare la nostra storia sempre \u201cab ovo\u201d! – delle positive esperienze \u2013 didattiche, culturali, museali, musicali, artigianali ecc. – prodotte e maturate all\u2019interno della nostra realt\u00e0 minoritaria che vanno adeguatamente valorizzate e incanalate in un piano organico di quello che abbiamo definito un grande \u201cParco Culturale\u201d aggregante esteso a tutta l\u2019Arb\u00ebria.<\/p>\n

Il progetto, tramite il quale vogliamo candidare la nostra cultura a patrimonio universale, ha quindi anche uno scopo \u201cpedagogico\u201d a invogliare le comunit\u00e0 a ritrovare punti di incontro e di contatto fattivi nella concreta valorizzazione dei tanti tasselli che compongono questo mosaico con le sue specificit\u00e0 religiose, ma anche etnografiche, musicali, artigianali, ecc. che devono amalgamarsi concentrando cos\u00ec gli sforzi per ritrovare quell’unit\u00e0 vera che esalti i valori autentici in cui si esprime la cultura arb\u00ebreshe oggi.<\/p>\n

Paghiamo, a causa di questi inspiegabili 20 anni di ritardi dalla promulgazione della legge 482, la sua non applicazione, dovuta sostanzialmente al fatto che si aspettava che l’attuazione di questa legge cadesse dall’alto, o che qualcun altro provvedesse a farlo, mentre, era compito precipuo delle amministrazioni locali prendere coscienza che con questo provvedimento la nostra comunit\u00e0 aveva fatto un passo in avanti straordinario, di pieno riconoscimento della sua soggettivit\u00e0 giuridica come minoranza linguistica storica e che spettava ai suoi rappresentanti istituzionali, in primis ai sindaci, richiedere passo passo la sua puntuale esecuzione: in ambito comunale, in ambito scolastico, nel servizio pubblico radio-televisivo.<\/p>\n

\u00c8 ora perci\u00f2 di far partire questo grande \u201ccantiere\u201d Arb\u00ebria in cui far confluire i \u201ccantieri\u201d di ogni nostra
\nsingola comunit\u00e0 albanofona coinvolta, mettendo assieme le risorse umane che abbiamo professionalmente
\nformato in questi decenni, con cui cominciare a far emergere questo giacimento linguistico, artistico e
\nculturale ancora in gran parte interrato, ma che per dare i suoi frutti necessita di essere studiato, sistemato e
\ncatalogato per poi essere messo a disposizione disponendo di una \u201ccasa della memoria\u201d da ubicare in ogni
\ncomunit\u00e0 arb\u00ebreshe e da mettere in rete, per poter essere cos\u00ec usufruito da tutti.<\/p>\n

\"Collegio
Collegio Italo-albanese e Chiesa di S. Adriano Demetrio Corone<\/figcaption><\/figure>\n

Per poi cominciare ad istituire strutture museali e di ricerca che a livello pedagogico, linguistico, culturale, artigianale, musicale, ecc. offrano nei territori, di concerto con le Universit\u00e0, punti di riferimento su quanto sinora gi\u00e0 realizzato nelle singole realt\u00e0 e su quanto si intender\u00e0 sviluppare in futuro finalmente come comunit\u00e0 unitaria Arb\u00ebria.<\/p>\n

Nel frattempo, le nostre cattedre non sono state certo con le mani in mano, ma continuando a svolgere un ruolo a loro anche estraneo per cercare di supplire in qualche modo alla mancanza di quelle strutture specialistiche di istituzione regionale altrove gi\u00e0 appannaggio delle minoranze linguistiche appoggiate politicamente che, contrariamente alle nostre, sono seriamente tutelate (vedi l\u2019esperienza dei ladini!), hanno formato ottimi laureati e dottori di ricerca e riuscendo ad accantonare, grazie al loro apporto, materiali\u00a0 linguistici, letterari, storici, culturali – preziosi raccolti direttamente sul campo che arricchiscono i nostri laboratori di ricerca. Non solo, ma nonostante la debolezza di essere parte di un micro settore scientifico disciplinare, siamo riusciti a sopravvivere accademicamente, avendo la nostra cattedra grazie alla fruttuosa collaborazione attivata con la gemella partner dell\u2019Universit\u00e0 di Palermo, coinvolgendo alcune qualificate Universit\u00e0 d\u2019Albania e del Cossovo e diversi Atenei italiani, dei dottorati di ricerca specifici internazionali in albanologia, anche con doppio titolo accademico, e se oggi una parte delle antiche e nuove cattedre istituite in Italia sono coperte, lo si deve anche a questa capacit\u00e0 di sopravvivenza.<\/p>\n

\"Universit\u00e0
Universit\u00e0 di Palermo<\/figcaption><\/figure>\n
\"Universit\u00e0
Universit\u00e0 della Calabria<\/figcaption><\/figure>\n

E questo per spiegare cosa abbiamo fatto ad un improvvisato ricercatore albanese, Edmond Cane, che bench\u00e9 del tutto ignaro non solo di arb\u00ebrisht ma della problematica complessiva – linguistica, culturale, storica e giuridica – della nostra minoranza, \u00e8 stato incaricato con questi \u201ctitoli\u201d di occuparsi dell\u2019arb\u00ebrishtja e degli arb\u00ebresh\u00eb con i lauti fondi pubblici dispensati dalla QeSPA (Qendra e Studimeve dhe Publikimeve p\u00ebr Arb\u00ebresh\u00ebt), del gi\u00e0 Ministero della Diaspora e ora del Ministero degli Affari esteri d\u2019Albania, tra l\u2019altro recentemente promotrice a Tirana nel nome dell\u2019arb\u00ebrishtja addirittura di una conferenza mondiale sulla morte delle lingue minoritarie!<\/p>\n

Corroborato dal soggiorno di alcune settimane di ameno turismo etnico in terra d\u2019Arb\u00ebria, per lui evidentemente titolo sufficiente per autopromuoversi esperto di arb\u00ebrishtja e di questioni arb\u00ebreshe, questo inviato speciale attraverso un noto blog albanese si mette ora a disinformare l\u2019opinione pubblica arrivando a sostenere che la comunit\u00e0 arb\u00ebreshe in Italia soffra di \u201cinsufficienza accademica, mancanza di ricerche e di saperi scientifici\u201d (sic!).<\/p>\n

Invece di riversare improvvidamente sulla rete le sue saccenti\u2026. non conoscenze, quasi a giustificazione dell\u2019esistenza in vita del Centro che sponsorizza le sue scorribande in Arb\u00ebria, a sua volta generosamente finanziato su fondi del bilancio statale albanese, farebbe bene questo aspirante arb\u00ebreshologo, che evidentemente non \u00e8 un assiduo frequentatore di biblioteche e archivi, a consultare quanto \u00e8 stato prodotto sull\u2019argomento non solo dalla nostra Universit\u00e0,(http:\/\/www.albanologia.unical.it\/edizioni.htm) che in questi giorni festeggia i suoi primi 50 anni di vita, ma da tutte le cattedre albanologiche presenti nelle Universit\u00e0 d\u2019Italia, alcune operanti anche da oltre un secolo.<\/p>\n

Parliamo della lingua albanese. Dalle sue origini a che fine far\u00e0.<\/strong><\/p>\n

Intanto, una lingua come l’albanese, che \u00e8 sempre stata da millenni espressione di una comunit\u00e0 linguistica non numerosa, vissuta all\u2019interno di contesti territoriali particolarmente complessi non solo dal punto di vista geografico, ma anche per ci\u00f2 che riguarda i rapporti interlinguistici, interculturali e interetnici all\u2019interno dei Balcani, \u00e8 gi\u00e0 un miracolo! E la spiegazione del miracolo pu\u00f2 risiedere nella straordinaria resilienza che l\u2019albanese ha mostrato nel corso dei millenni, prima a contatto con le lingue maggioritarie delle popolazioni confinanti con cui \u00e8 stato in contatto, poi con le potenti lingue di prestigio che si sono avvicendate nell\u2019area, il greco e il latino e poi in posizione di adstrati e superstrati le variet\u00e0 slave e il turco ottomano.<\/p>\n

Nonostante questo stretto contatto, il risultato \u00e8 stato che la pressione delle diverse popolazioni non albanofone non ha portato all\u2019assimilazione di quelle paleo-albanesi, di presunta origine illirica o traco-illirica, riuscendo la loro lingua a mantenere i tratti linguistici originali ereditati dall\u2019antico indoeuropeo nella sua struttura grammaticale, ma subendo una forte influenza nella sua struttura lessicale da parte di quei popoli che si sono avvicendati nel corso dei secoli nelle aree di insediamento degli albanesi. Ma questo pi\u00f9 che sintomo di debolezza deve essere interpretato come sintomo di forza di una lingua!<\/p>\n

Qualcosa di simile \u00e8 capitato nel corso della sua lunga storia all\u2019inglese. Ecco perch\u00e9 il lessico dell’albanese che si mostra cos\u00ec stratificato ci permette anche di ricostruire diacronicamente millenni di storia linguistica europea e attraverso questi diversi strati di lessico presenti nell\u2019albanese riusciamo anche a ricostruire fasi diacroniche diverse all\u2019interno delle stesse lingue, sia di quelle estinte che di quelle tutt\u2019ora vive dei Balcani, con cui l\u2019albanese \u00e8 stato in contatto e ad avere una migliore conoscenza dei fenomeni interlinguistici che caratterizzano storicamente l\u2019area dei Balcani, e in particolare i legami antichi che registriamo tra albanese e romeno. Essi, com\u2019\u00e8 noto, non riguardano solo i latinismi, oggetto di particolare attenzione da parte dei balcanisti oltre che dei romanisti, ma anche le antiche madrelingue da cui queste due lingue balcaniche, cio\u00e8 l\u2019albanese e il romeno, derivano.<\/p>\n

Oggi dobbiamo preoccuparci soprattutto dell’impatto che la globalizzazione ha in quest\u2019area particolare d\u2019Europa sulle lingue e naturalmente l\u2019impatto \u00e8 maggiore sulle lingue che per il numero dei suoi parlanti consideriamo relativamente \u201cminori\u201d. Ma esso si rapporta anche al \u201cprestigio\u201d e alla posizione dell\u2019albanese nei Balcani che \u00e8 da considerare oggi decisamente su un piano di maggiore \u201cpeso\u201d politico e demografico rispetto al passato. Siamo passati cos\u00ec nell\u2019arco di appena un secolo dalla faticosa ma riuscita scelta di un codice alfabetico unificato a base latina come sistema che accomuna le diverse comunit\u00e0 anche di diversa appartenenza religiosa nelle diverse aree albanofone, ad un codice linguistico unitario condiviso \u2013 l\u2019albanese moderno \u2013 che \u00e8 oggi lingua ufficiale in ben tre Stati dei Balcani: nella Repubblica d\u2019Albania, nella Repubblica del Kossovo e nella Repubblica della Macedonia del nord.<\/p>\n

Questo riconoscimento \u00e8 sicuramente un punto di forza per l\u2019albanese, il cui status sociolinguistico esce oggi rafforzato in area balcanica anche per la presenza di minoranze albanofone che sono riconosciute in alcuni dei Paesi confinanti, come la Serbia e il Montenegro. Analogo discorso non si pone per\u00f2 per quelle arvanite, per le quali lo Stato greco continua a non riconoscere lo status di minoranza linguistica, ma qui il discorso si estende e riguarda anche altre minoranze come quelle valacche o arumene. Il vero problema \u00e8 oggi come resistere alla pressione assimilatrice che le lingue della globalizzazione, in primis l\u2019inglese, esercitano in questo contesto globalizzato.<\/p>\n

Certamente a questa nuova sfida \u00e8 necessario rispondere con una strategia nuova di politica linguistica, auspicabilmente coordinata tra le istituzioni accademiche e universitarie, che in vista dell\u2019auspicabile prossimo ingresso nella Unione Europea di ben tre Stati con lingua ufficiale l\u2019 albanese, coordini meglio gli sforzi e adatti la lingua oggi patrimonio comune di una comunit\u00e0 linguistica relativamente pi\u00f9 rafforzata, parlata da oltre 8 milioni di parlanti, alla luce delle nuove future esigenze, anche da quelle esatte dalle dinamiche migratorie che hanno portato nell\u2019ultimo trentennio alcuni milioni di albanofoni a ricollocarsi per motivi di lavoro nel contesto europeo occidentale. Ovviamente per potenziare le possibilit\u00e0 espressive di questa lingua sempre pi\u00f9 \u201cesigente\u201d e globalizzata non vanno sottovalutati gli sforzi per arricchirla ulteriormente attingendo al patrimonio storico espresso dalle diverse sue variet\u00e0 linguistiche, senza escludere anche quelle della diaspora storica, come quella arb\u00ebreshe.<\/p>\n

Naturalmente sono molto pi\u00f9 in apprensione per la situazione delle nostre parlate, perch\u00e9 non abbiamo ancora acquisito quegli strumenti che pure la legge di tutela che risale al 1999 in realt\u00e0 prevedeva. Le nostre comunit\u00e0 purtroppo si stanno desertificando per via della emigrazione che porta i giovani a trovare occasioni di lavoro nelle aree urbanizzate del Centro-Nord, ma anche dello stesso Mezzogiorno, se non all\u2019estero. E il quadro \u00e8 peggiorato oltre che dai preoccupanti cali demografici, che stanno svuotando le comunit\u00e0 dell\u2019Arb\u00ebria, dal disinteresse esistente in ambito istituzionale, con un sistema scolastico che continua ad essere latitante nell\u2019insegnamento della nostra lingua minoritaria, ma c\u2019\u00e8 da dire che manca una seria pressione da parte dei nostri amministratori locali per far applicare la tutela della nostra lingua, pure prevista dalla legge 482 da oltre vent\u2019anni, senza che nessuno sia chiamato alle sue responsabilit\u00e0 politiche e amministrative per la sua mancata applicazione.<\/p>\n

\"Festa
Festa della Comunit\u00e0 Di Falconara Albanese<\/figcaption><\/figure>\n

Qualcuno sostiene che tra un po’ di anni le vostre parlate non esisteranno pi\u00f9…<\/strong><\/p>\n

Pu\u00f2 anche darsi che abbia ragione, ma non sarei personalmente cos\u00ec pessimista. Penso anzi che tale destino non sia irreversibile. Tutto dipende da come intende reagire la comunit\u00e0 linguistica arb\u00ebreshe. Anche qualche scrittore arb\u00ebresh a fine Ottocento aveva le stesse certezze e nel licenziare le sue poesie, si chiedeva se a distanza di un secolo, ci fosse stato ancora qualcuno in grado di leggere e comprendere i suoi versi! La verit\u00e0 \u00e8 che le lingue minoritarie, pur in un contesto difficile come quello della societ\u00e0 globalizzata in cui viviamo, non sono destinate naturalmente a scomparire.<\/p>\n

Anche le nuove tecnologie possono oggi rappresentare, per le lingue delle minoranze diffuse come la nostra, una insperata ancora di salvezza, sia attraverso l\u2019utilizzo di nuovi efficaci strumenti di comunicazione che creano al di l\u00e0 delle distanze geografiche anche relazioni linguistiche pi\u00f9 intense e immediate, ma anche nella offerta di nuove e appropriate metodologie didattiche, che come abbiamo sperimentato nell\u2019attivit\u00e0 della nostra cattedra, ricorrendo all\u2019e-learning creando \u201ccomunit\u00e0\u201d mettendo in contatto studenti albanofoni di aree linguistiche lontane, ma anche alla ludolinguistica che permette all\u2019arb\u00ebrishtja di utilizzare a fini didattici anche i bagagli di conoscenza linguistica e culturale delle generazioni pi\u00f9 anziane per riversarli, utilizzando appropriate mediazioni didattiche, alle generazioni pi\u00f9 giovani.<\/p>\n

Pertanto, se la comunit\u00e0 viene adeguatamente informata e formata, attraverso una adeguata campagna di sensibilizzazione promossa sincronicamente dalle nostre istituzioni \u2013 comunali, scolastiche, religiose, culturali \u2013 aprendo i ristretti orizzonti della nostra antica matrice culturale identitaria circoscritta ai \u201ckatund\u201d o alle \u201chor\u00eb\u201d al mondo globale, a partire da quello panarb\u00ebresh e panalbanese \u2013 ma non solo! \u2013 i nuovi interessanti canali di comunicazione che si offriranno ai cittadini arb\u00ebresh\u00eb, finalmente coscienti di avere dei diritti riconosciuti ma ancora oggi del tutto ignorati, offriranno loro nuovi stimolanti occasioni di ampliamento del loro bagaglio linguistico e culturale e ci\u00f2 contribuir\u00e0 a far crescere nelle rispettive comunit\u00e0 linguistiche di base la capacit\u00e0 di resistenza che assicurerebbe loro un futuro che oggi non si ritiene possibile.<\/p>\n

Naturalmente, ognuno deve fare la sua parte. Come dicevo, le nostre cattedre si sono dovute occupare nel passato anche di ci\u00f2 che altre istituzioni avrebbero dovuto fare e che non hanno fatto. Oggi \u00e8 pi\u00f9 che mai necessario mettere in azione tutti i meccanismi previsti dalle leggi \u2013 a livello europeo, a livello nazionale e a livello regionale \u2013 per creare un futuro che assicuri un domani ai nostri figli e nipoti e non restare passivi a rimpiangere impossibili e inutili passati nostalgici per la nostra Arb\u00ebria.<\/p>\n

Se questo sciaguratamente non dovesse essere il nostro destino futuro, l\u2019estinzione della nostra comunit\u00e0 linguistica diverrebbe inevitabile e ai posteri rimarrebbe la memoria della bella e straordinaria esperienza di una realt\u00e0 minoritaria divenuta protagonista nella storia d\u2019Italia e nella storia d\u2019Albania.<\/p>\n

L\u2019amarezza di questo esito, \u00e8 ovvio, non potrebbe essere giammai mitigata dalla consapevolezza di aver portato avanti, con tenacia e con le limitate forze a disposizione, la nostra missione: ma, piuttosto che illuderci \u2013 come molti improvvisati o organizzati avventurieri fanno \u2013 continuando in maniera farsesca con la folklorizzazione di una identit\u00e0, perseverando a interpretare ruoli di assoluta subalternit\u00e0 e perpetuando l\u2019ipocrisia di una perenne falsificazione \u2013, il nostro impegno personale e istituzionale sar\u00e0 posto come argine alla distruzione di ci\u00f2 che di straordinario la nostra comunit\u00e0 ha realizzato, cio\u00e8 quel miracolo in grado di rigenerare una storia e una cultura capace di far \u201crisuscitare\u201d nei secoli del lungo silenzio ottomano, attraverso i suoi brillanti intellettuali, un\u2019identit\u00e0 velata, se non dimenticata, e di restituirla rigenerata alla sua antica comunit\u00e0 albanese di appartenenza, aiutandola cos\u00ec attivamente a riscoprire le sue radici nella comune appartenenza europea.<\/p>\n

\"Lungro
Lungro – Donne in costume<\/figcaption><\/figure>\n

A questo obbiettivo mira la nuova struttura di ricerca per gli arb\u00ebresh\u00eb, gli arb\u00ebnesh\u00eb e gli arvaniti, promossa su proposta mia e del collega Matteo Mandal\u00e0, a nome della Fondazione universitaria Francesco Solano e accolta con entusiasmo e lungimiranza dall\u2019Accademia delle Scienze d\u2019Albania. Questa struttura, alla quale hanno aderito studiosi insigni e collaboratori scientifici di alto profilo di diversi Paesi (Italia, Albania, Grecia, Germania), pu\u00f2 diventare il laboratorio in cui sperimentare per gli arb\u00ebresh\u00eb e, perch\u00e9 no?, anche per gli arvaniti, nuove conoscenze e nuovi strumenti scientifici, tecnologicamente avanzati, con incisive ricadute anche didattiche, da offrire in immediata fruizione a giovani e anziani delle nostre comunit\u00e0, aiutandoli concretamente nei loro sforzi di rinascita e di rigenerazione e non certo all\u2019imbalsamazione della loro (e nostra) lingua. Di certo metteremo a tacere i \u201cvajtim\u201d che ultimamente sul suo capezzale hanno levato taluni \u00abspecialisti\u00bb, pi\u00f9 presunti che reali, che con mero spirito necrofilo pensano di aver cos\u00ec risolto il problema arb\u00ebresh.<\/p>\n

E per chiudere questa conversazione nella nostra bella e antica lingua: Ng\u00eb kemi nge p\u00ebr lule dhe valtime, por p\u00ebr shurbise t\u00eb mira p\u00ebr Arb\u00ebrin ton\u00eb! Non \u00e8 questo il tempo dei fiori o dei \u201cvajtim\u201d, ma pensiamo piuttosto a opere di bene per la nostra Arb\u00ebria!<\/p>\n

\"Cartina
Cartina Delle Comunit\u00e0 Albanofone D’Italia<\/figcaption><\/figure>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Intervista a Francesco Altimari (1955), professore ordinario di lingua e letteratura albanese all\u2019Universit\u00e0 della Calabria dal 1992.<\/p>\n","protected":false},"author":773,"featured_media":44991,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[1118],"tags":[],"editore":[],"traduttore":[],"mbt_author":[428,490,674,479],"mbt_series":[1726],"yoast_head":"\nIntervista a Francesco Altimari. 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