{"id":49429,"date":"2020-11-09T09:46:31","date_gmt":"2020-11-09T08:46:31","guid":{"rendered":"https:\/\/albanialetteraria.it\/?p=49429"},"modified":"2023-01-27T09:50:59","modified_gmt":"2023-01-27T08:50:59","slug":"julian-zhara-vera-deve-morire","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/albanialetteraria.it\/julian-zhara-vera-deve-morire\/","title":{"rendered":"Julian Zhara e la sua “Vera” che deve morire"},"content":{"rendered":"
Possiamo non preoccuparci della metrica di un poeta (io \u00e8 da tanto tempo che ho buttato il mio metro), ma non possiamo ignorare la sua voce – quando essa ci parla dentro.<\/p>\n
\u201cMa adesso mi ascolti!<\/em><\/p>\n \u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0\u00a0 Ti siedi, qua gli occhi\u201d<\/em><\/p>\n Sono i versi che aprono la raccolta poetica \u201cVera deve morire<\/em><\/strong>\u201d di Julian Zhara<\/em><\/strong><\/a> (Interlinea 2018).<\/p>\n\t\t\t\t Capace di rievocare i suoni silenziosi di un tempo esaurito, suturando la nostalgia e dando al lettore: il senso del nulla che rimbomba nelle tempie. Una linea di parole semplici che non sfuggono alla profondit\u00e0 e, si bastano tra di loro, mantenendosi in piedi da sole, l\u00ec, per le giornate che a volte non sai distinguere e per ricordare che forse, non \u00e8 il stare male che ci uccide, ma il chiedere aiuto. Una nuova voce lirica che si affaccia nel panorama letterario italiano – con la consapevolezza di voler rimanere fame e rumore, per testimoniare che un tempo nuovo \u2013 pu\u00f2 arrivare.<\/p>\n Zhara<\/strong> \u00e8 poeta, performer e organizzatore di eventi culturali. \u00c8 nato a Durazzo (Albania) nel 1986. Si trasferisce in Italia nel 1999. Pubblica\u00a0\u201cIn apnea\u201d<\/em><\/strong><\/a> e\u00a0\u201cVera deve morire\u201d<\/strong><\/a><\/em>\u00a0edito da Interlinea 2018. Partecipa con un progetto di spoken music a Generation Y, evento sulla poesia ultima, a cura di Ivan Schiavone, al MAXXI. Sempre con lo stesso progetto, \u00e8 presente all\u2019omonimo documentario andato in onda su Rai 5. Cura assieme a Blare Out, il festival di poesia orale e musica digitale Andata e Ritorno. Nel 2016 gli viene assegnata una menzione speciale al Premio Internazionale di Poesia Alfonso Gatto. Sue poesie sono presenti in\u00a0La poesia italiana degli anni Duemila\u00a0<\/em>(Carrocci, 2017). \u00c8 vincitore del Premio Internazionale Lermontov poesia 2020.<\/p>\n \u00c8 rinuncia e rivincita.<\/p>\n L\u2019attivit\u00e0 della scrittura si lega all\u2019esperienza e alla memoria. Dove e quando comincia la sua?<\/strong><\/p>\n La mia esperienza di scrittura inizia in Albania, alle elementari. Per risponderti, recupero qualcosa che ho scritto ed \u00e8 uscita su La Repubblica, nella bottega gestita da Gilda Policastro: ero sul balcone della mia casa a Durazzo. A sinistra c\u2019era il faro, la villa del re, che divideva la mia visuale dal mare, di fronte vegetazione e qualche casa sparsa e dietro non so; non ho mai voluto vedere per poterlo immaginare e tuttora sogno di andare sopra e vedere cosa c\u2019\u00e8 dietro. Dopo non so quante ore che ero l\u00ec, mi monta una sensazione strana, che chiedeva di uscire, fissarsi. Ho preso un quaderno e una penna e ho cercato di isolare la sensazione, portarla in versi, come quelli che imparavo a memoria e leggevo gi\u00e0. Ma mentre scrivevo ho iniziato a distorcere il senso, giocare con l\u2019ordine delle parole. La sensazione era sparita ed ero dentro un processo di gioco. Mi stavo divertendo. Stavo creando. Non avevo isolato la sensazione di prima che ormai si faceva un ricordo lontano ma ero felice, sorridente: avevo giocato con le parole e disposte come i soldatini per un\u2019occupazione militare. Ero il generale di un\u2019armata di parole nella lingua albanese. Cambio scena: molti anni dopo, torno a scrivere ma nella lingua di adozione: l\u2019italiano, lingua della mia formazione intellettuale e artistica, che non ho pi\u00f9 abbandonato – nella scrittura.<\/p>\n La sua poetica \u00e8 concentrata sull\u2019tema dell\u2019amore, mantenendo assai fresco il profumo dei suoi versi. Di cosa si nutre la sua poesia? <\/strong><\/p>\n Di vita, di letteratura. Di musica, di cinema. Di voci. Silenzi. <\/em><\/p>\n Pessoa scrive: \u201cIl poeta \u00e8 un fingitore. \/ Finge cos\u00ec completamente \/ che arriva a fingere sia dolore \/ il dolore che davvero sente. Cosa pensa di questa ambiguit\u00e0 e quanto \u00e8 presente nella sua poesia (se lo \u00e8)\u00a0\u00a0 <\/strong><\/p>\n Penso che \u201cVera deve morire\u201d sia l\u2019attuazione di questi versi di Pessoa. <\/em><\/p>\n Quale funzione e valore attribuisce alla poesia nella sua vita e in rapporto agli altri?<\/strong><\/p>\n Conrad scriveva: \u00e8 difficile spiegare a tua moglie che anche quando guardi fuori dalla finestra, stai lavorando. La poesia nella mia esistenza interiore \u00e8 una sorta di delta, fino a raggiungere livelli omniossessivi. Ho spesso l\u2019impressione che il fine stesso del mio vivere, ramificato in migliaia di situazioni psicologiche, emotive e biologiche abbia come fine la scrittura poetica. Scrivo davvero molto poco eppure basta un\u2019immagine, una successione ritmica delle parole, siano dette da me o ascoltate, per portarmi a lavorare su improbabili versi o metriche per ore. La quasi totalit\u00e0 di questo lavoro va perduto, lo cestino. Nel mio rapporto con gli altri invece, vivo la condizione del malato consapevole: cerco di non ammorbarli con la poesia. Chi mi conosce bene sa quanto posso diventare pesante a parlare di poesia per ore. <\/em><\/p>\n Quali modelli poetici le sono stati di riferimento, tra autori italiani e stranieri, contemporanei e classici? <\/strong><\/p>\n Modelli stranieri pi\u00f9 incisivi: Auden, Dylan Thomas, Sylvia Plath, Laforgue. I modelli italiani sono tanti, la maggioranza. \u201cVera deve morire\u201d si rif\u00e0, metricamente, sulla triade Pascoli- Pavese- Rosselli (e l\u2019ho scritto nella nota al testo). Altri nomi tutelari del mio Novecento italiano sono Pagliarani, Pasolini – tra i morti; Frasca, Dal Bianco tra i vivi. Ne cito pochi ma sintomatici del percorso che ho svolto fino a oggi. Ho sempre pensato alla poesia come a un\u2019officina e chi mi ha insegnato a liberare il mio lavoro dalle insegne esterne e fare di tutto materiale \u00e8 il mio maestro: Franco Buffoni<\/em><\/p>\n C\u2019\u00e8 un poeta albanese che ha inciso nella sua poesia?<\/strong><\/p>\n Fan Noli<\/strong><\/a>. \u201cLungo i fiumi\u201d mi ha insegnato, gi\u00e0 da piccolo, come fosse possibile comporre musica con le parole. Tra i contemporanei Agron Tufa<\/strong>, traducendolo, mi ha fatto capire come comprimere vari piani, che paiono spesso inconciliabili, nell\u2019orizzontalit\u00e0 del verso. In questo \u00e8 un maestro assoluto. Luljeta Lleshanaku<\/a><\/strong>, sempre traducendola, mi ha fatto comprendere l\u2019enjambement a sorpresa: nelle sue poesie spesso il verso successivo \u00e8 una scoperta impossibile da indovinare come ha similitudini e metafore spiazzanti. <\/em><\/p>\n Mario Luzi diceva: dovete leggere tanto e dovete leggere autori che non vi influenzano<\/strong>.<\/em><\/p>\n Non amo particolarmente Luzi ma qui direi che il suo consiglio \u00e8 sacrosanto. E Luzi era un uomo estremamente curioso e un lettore trasversale. <\/em><\/p>\n Rapporto scuola \u2013 poesia. Siamo in tanti a sostenere che, spesso, \u00e8 proprio la scuola a creare il distaccamento dei ragazzi dall\u2019\u201darte antica che porta verso noi stessi\u201d.<\/strong><\/p>\n L\u2019azione negativa della scuola sulla percezione e ricezione della poesia contemporanea \u00e8 un elemento innegabile. Un bellissimo e provocatorio libro scritto a quattro mani da Berardinelli (quando era ancora un critico e non un ripetitore di se stesso) ed Enzesberger: Che noia la poesia (Einaudi, 2006) analizza questo problema dalla radice. Le cose stanno, per fortuna, cambiando – e in positivo. Noto un cambio di tendenza negli ultimi dieci anni. Speriamo che col tempo, i docenti italiani preparino pi\u00f9 lettori di poesia spogliandola dagli aggettivi \u201csqualificativi\u201d che pi\u00f9 la rappresentano nella testa dei ragazzi: noiosa, vecchia. <\/em><\/p>\nIntervista a Julian Zhara<\/h2>\n