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“C’era una volta un clandestino”, intervista con Eltjon Bida

In Italia dal 1995, Eltjon Bida esordisce con un romanzo in cui racconta i sogni e le speranze di un albanese in Italia

Albania News Albania News
14 Febbraio 2019
Eltjon Bida Scrittore Albanese

Eltjon Bida

Eltjon Bida, nato a Bashkim provincia di Fier, ci parlerà del suo romanzo autobiografico che s’intitola “C’era una volta un clandestino” pubblicato da Policromia (PubMe).

All’età di diciassette anni, Eltjon è arrivato in Italia con un gommone. Uno dei tanti gommoni cui sentiamo parlare tutti i giorni sui vari telegiornali. Anche se il romanzo è ambientato verso la fine degli anni Novanta, segno che l’immigrazione c’è sempre stata e non è un fenomeno solo attuale. Ora Eltjon vive a Milano con la moglie inglese e i loro due figli.

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Parte del ricavato andrà in beneficenza alla Caritas di Pane Quotidiano.

C’era una volta un clandestino
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Eltjon, oltre alla difficile attraversata, cos’altro ci puoi raccontare del tuo libro?

Appena sbarcato in Italia, le avventure di Elty saranno all’ordine del giorno: scenari che ti faranno accapponare la pelle, scene ironiche, divertenti, scene intriganti d’amore, passione ed erotismo. In questo romanzo sono messe a confronto le diversità delle tradizioni tra l’Italia e l’Albania, si può vivere il reale viaggio del clandestino, il patto tra gli scafisti e gli emigranti, come ci si sente nel ritrovarsi all’improvviso a vivere in una famiglia del tutto estranea.

Sfuggire alla polizia, fare la fila e mangiare nelle Caritas, com’è avere come casa un vagone di treno abbandonato, cosa ti può succedere se ti ammali e non puoi andare da un medico. Ed ancora, come comportarsi quando scopri che i tuoi amici sono diventati dei ladri in quella città che invece tu vuoi amare e tante altre avventure ancora.

La storia di Elty è la testimonianza che con l’onesta e il desiderio d’integrarsi, si può arrivare lontano.

Quando dici “diversità delle tradizioni”, cosa intendi?

Intendiamoci, parlo degli anni in cui ho vissuto in Albania. Oggi sono cambiate una marea di cose e fortunatamente quasi tutte in positivo. Ad esempio, da noi durante i pasti si beveva la grappa, in Italia invece il vino.

Noi d’abitudine toglievamo le scarpe prima di entrare in casa, qui invece si entra con le scarpe.

Guai se ti ammalavi in Albania! Dovevi avere il portafoglio pieno di soldi quando mettevi piede in un ospedale, altrimenti non venivi nemmeno visitato. In Italia sappiamo come funziona la sanità!

Qui si usa dire “per favore” e “grazie”, da noi, negli anni Novanta, si sentivano solo parole come “dammi”.

Anche se poveri, al contrario dell’Italia, i nostri bar erano sempre pieni di gente.

In questo paese, in ventitré anni, sono stato fermato tre volte dalla polizia stradale. In Albania, facendo Bashkim – Fier, ti fermavano tre volte in un giorno e se non allungavi qualche soldo al poliziotto, difficilmente ti faceva passare. Fortunatamente non è più così.

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Hai detto che ci sono anche storie d’amore ed erotismo.

Vero. Il libro non parla solo d’immigrazione, ma c’è anche una storia d’amore con una ragazza che ho conosciuto durante il mio primo anno in Abruzzo. È una storia di passione e racconta come Elty di nascosto, intrufolandosi da una finestra, viveva travolgenti notti in compagnia di questa giovane donna, mentre i genitori dormivano al piano superiore. Poi, verso la fine del libro, Elty conosce anche un’altra ragazza, ma questo lo scopriremo nel libro successivo.

Dunque, ci sarà un “C’era una volta un clandestino 2?”

Assolutamente sì. L’ho quasi finito di scrivere. In più, ho iniziato un altro romanzo l’anno scorso e ora sono a metà, poi ho anche del materiale per far un libro divertente.

Cioè?

Per dodici anni ho lavorato come receptionist in tre alberghi diversi e man mano che con la clientela si verificavano degli episodi buffi, io li scrivevo. Ora il materiale dovrà essere riletto, revisionato e sarà pronto.

Dunque, per il 2019 ci aspettiamo l’uscita di altri tre libri?

Questo è il piano, sì. Ma poi, sai, può essere che scriva di meno o forse anche di più .

Quand’è che hai iniziato a scrivere C’era una volta un clandestino?

Sinceramente, una decina d’anni fa! Dopo tre anni di scrittura concentrata nei miei giorni di riposo, finii il mio libro e chiesi a mia moglie di leggerlo. Una settimana dopo, lei mi disse: “Fa schifo. Potresti fare molto meglio. Cancella tutto e riparti da zero.” Non feci esattamente come mi aveva detto. Cioè, non l’ho cancellato, ma sì, l’ho riscritto. Ed ora eccolo qua. Ora quando rileggo quanto scritto dieci anni fa, mi dico: “Per la miseria se aveva ragione mia moglie.”

Perché hai deciso di scrivere in italiano?

L’obiettivo era quello di far pubblicare il libro in inglese. Non avrei mai pensato che il mio italiano potesse essere all’altezza. Però, mai dire mai. A furia di divorare un libro dietro l’altro, il mio italiano continuava a migliorare e così anche il mio libro. Per avere un’opinione sincera, più obiettiva, ad Ottobre dello scorso anno, ho scritto ad una editor freelance trovato su google.

Sai, gli amici magari ti dicono “bello, bello”, perché non hanno il coraggio di dirti che fa schifo. L’editor, mi ha contattato cinque giorni dopo, dicendomi che il libro era bellissimo e che la casa editrice dove lavorava, sarebbe stata lieta di pubblicarlo per me. Ho accettato subito. Questa casa editrice è proprio la Policromia. Ora mia moglie ha finito di tradurlo anche in inglese e lo sta revisionando. Dunque, presto dovrebbe uscire anche in inglese.

Sappiamo che parli sei lingue

Sì, oltre la passione per la lettura, ho anche quella delle lingue straniere.

Parte dei proventi, andranno alla Caritas di Pane Quotidiano.

Lo meritano. Quando sono arrivato a Milano e non avevo un lavoro, la Caritas ha aiutato a me, mio fratello, i miei amici, i nostri compaesani e centinaia di persone povere. E lo fanno tuttora. Anzi, ora le file sono più lunghe che negli anni Novanta.

L’ultima volta che sei stato in Albania?

Sono stato l’anno scorso, insieme alla mia famiglia. Abbiamo fatto delle bellissime vacanze e ci torneremo ancora anche quest’anno. Come dicevo prima, l’Albania è cambiata tantissimo. Ora è veramente un bel paese, c’è rispetto, si mangia bene, ci sono dei paesaggi mozzafiato e i prezzi sono adeguati. L’aspetto negativo di questo cambiamento è che, avendo costruito un’infinità di palazzi, nelle grandi città manca il verde e non ci sono abbastanza parchi per i bambini. Se riuscissimo migliorare anche in questo aspetto, saremmo al top.

L’intervista è stata originariamente pubblicata su Albania News

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Argomenti: Eltjon BidaPubMe
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