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Intervista a Rovena Rrozhani. Quel fantastico viaggio nella letteratura per ragazzi

Anna Lattanzi Anna Lattanzi
15 Dicembre 2022
Rovena Rrozhani

Rovena Rrozhani

Rovena Rrozhani è scrittrice di libri per ragazzi, oltre che giornalista. È membro dell’Associazione degli scrittori per bambini e ragazzi ed è considerata, in Albania, tra le migliori autrici di volumi rivolti ai più giovani. Nessuna delle sue pubblicazioni è stata tradotta in italiano, nonostante Rovena meriti l’attenzione dell’editoria nostrana. Durante la Fiera del libro di Tirana abbiamo fatto un’interessante chiacchierata. Buona lettura.

Tu sei una scrittrice di libri per ragazzi. Mi interessa il tuo parere sulla situazione della letteratura dedicata ai giovani lettori in Albania.

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La letteratura per ragazzi, in Albania, vive un periodo complicato, anche se le difficoltà maggiori le abbiamo vissute un po’ di anni fa, secondo me. Adesso le cose sembrano andare meglio, ma può essere che  l’ottimismo appena espresso sia unicamente dettato dall’uscita dei miei libri e dal periodo favorevole che sto vivendo come scrittrice.

Credo che siano molteplici i fattori che impediscono alla letteratura per ragazzi di decollare. Con la caduta del regime comunista, l’Albania ha vissuto un periodo di transizione decisamente complicato e a risentirne, più di ogni altra cosa, sono stati la cultura e principalmente i libri. Molti autori sono andati via dal nostro Paese e quelli che sono rimasti hanno preferito non dedicarsi alla scrittura.

Un vuoto di circa dieci anni ha fatto seguito alla scomparsa del realismo socialista, un periodo molto lungo in cui nessuno ha pensato a mettere nero su bianco qualcosa. È stato un momento di forti cambiamenti, che hanno portato molta instabilità e penso che oggi stiamo patendo quegli anni di buio totale che hanno investito il settore letterario.

La situazione odierna è già più stabile, ma sono convinta che siamo sempre un passo indietro rispetto a tanti altri Paesi. Mi riferisco in maniera particolare al mercato che gestisce il sistema librario: in Albania, per esempio, non esiste la figura dell’agente letterario, ormai diventata molto importante per il supporto che riesce a dare all’autore. Non abbiamo alcun sostegno economico dallo Stato in fatto di sviluppi culturali interni ed essendo il nostro un piccolo mercato, queste mancanze si sentono tantissimo.

Perché hai deciso di dedicarti alla letteratura per ragazzi?

Scrivo da circa quindici anni, anche se il mio primo libro è stato pubblicato dieci anni fa. L’orientamento verso la letteratura per ragazzi non è sbocciato grazie a una scelta, bensì è arrivato da sé. Il mio primo libro intitolato Po vjen Babagjysh (Sta arrivando Babbo Natale), per esempio, è nato dall’idea di scrivere delle poesie natalizie per certi amici e per mio figlio.

Prima di questo volume, ho pubblicato alcune storie e favole sulla rivista “Mrekullia” (Il miracolo), molto quotata per le firme prestigiose che ha sempre accolto e l’unica ad accettare testi per bambini. Vedere i miei scritti su quel giornale ha costituito un ottimo spunto per dedicarmi alla letteratura per ragazzi.

Un giorno ho acquistato un cammello dai colori variegati per mio nipote, che appena lo ha visto mi ha chiesto quale fosse la storia di quell’animale. Mi sono sentita in imbarazzo per non aver pensato di preparare un racconto che potesse soddisfare la sua curiosità di bimbo. Non mi sono comunque persa d’animo e l’ho inventato: mi è piaciuto talmente tanto pensarlo e narrarlo che alla fine l’ho pubblicato. Oggi ho all’attivo cinque libri in Albania.

Copertina Media Print

Per svariate motivazioni, scrivere per ragazzi è molto più complicato che scrivere per adulti, se non altro per la diversa percezione della realtà da parte dei piccoli lettori. Quali sono le difficoltà che affronti durante la stesura di un testo e quali domande ti poni mentre scrivi?

La prima cosa che faccio è decidere la fascia d’età alla quale rivolgermi e in base a questa scelgo il registro linguistico da adottare. Per esempio, un libro per bambini di 5 anni avrà sicuramente un testo breve dal  linguaggio estremamente semplice, uno per bimbi un po’ più grandi potrebbe essere caratterizzato dalla media lunghezza e da un lessico più articolato e via discorrendo.

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Quello a cui tengo, indipendentemente dall’età del pubblico di lettori, è che si avverta il viaggio che compio nella stesura del libro. Cerco sempre di trasmettere le emozioni e le sensazioni che provo mentre scrivo, sia ai piccoli lettori che a quelli adulti (ricordiamo che la letteratura per ragazzi è adatta anche a un pubblico di lettori adulti). Se riesco a far passare questo insieme alla storia che scrivo, allora sento di aver realizzato tanto.

Un altro aspetto che curo molto è quello psicologico: desidero che i miei libri facciano capire sia ai bambini che ai genitori, che tutto si può affrontare e risolvere, l’importante è chiedere aiuto ed esserci. Spesso, noi adulti parliamo molto poco con i più giovani di tematiche che incutono paura e questo è un errore. È fondamentale far capire ai più piccoli che se esiste qualcosa di cui nutrono timore devono parlarne e farsi aiutare. Per questo cerco di scrivere in maniera tale che le mie pubblicazioni possano essere un supporto, affinché ci sia un’apertura in questo senso e si comprenda meglio come comportarsi.

Mi piace molto richiamare l’attenzione sulla salvaguardia dell’ambiente e dare rilevanza ai sentimenti: auspico che i giovani vivano la lettura come un’avventura e che si sentano e si considerino capaci di far cose.

Secondo te, quanto è importante l’educazione alla lettura?

È molto importante. Credo che l’educazione alla lettura debba cominciare dalla famiglia; se un genitore legge per i suoi figli, significa che sta coltivando un lettore e il libro diventerà parte integrante della sua vita. Sicuramente anche la scuola e la società assumono un ruolo fondamentale in questo processo, ma in un secondo momento. La genesi del buon lettore è da ricercare nella famiglia.

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