La professoressa Brikena Smajli è docente, poetessa, ricercatrice letteraria e traduttrice. È nata a Scutari, dove ha compiuto gli studi universitari in Lingua e Letteratura albanese presso l’Università “Luigj Gurakuqi”. Si è discusso delle sue poesie e della sua prosa poetica in svariati incontri letterari internazionali e i suoi componimenti sono stati tradotti e inclusi in varie antologie poetiche estere.
L’autrice ha all’attivo tre pubblicazioni: il libro di poesie Të fundit vdesin ulkonjat (1997), Përditë ndërtoj shtëpi me ashkla il volume composto da poesie in prosa e Chaque jour je bâtis ma maison avec des copeaux”, pubblicato in Francia nel 2015, contenente una selezione dei suoi versi tradotti dalla poetessa e traduttrice Élisabeth Chabuel.
Appassionata di letteratura e cultura mondiale, nell’ambito degli studi letterari si è concentrata su una visione critica della poesia albanese ed europea, valorizzando come primario l’approccio al testo di partenza nelle lingue e culture di riferimento, da cui ha tratto una visione comparativa tra la poesia d’Albania e la cultura poetica europea.
Attualmente, la professoressa Smajli è docente a tempo pieno presso il Collegio Universitario Bedër e part-time all’Università Europea di Tirana, dopo aver conseguito i dottorati in letteratura comparata, poetica e mitocritica. Insegna semiotica, estetica della comunicazione e analisi del discorso, teoria e pratica della traduzione, principalmente presso il Dipartimento di Studi della Comunicazione.
Ho conosciuto Brikena in occasione della Fiera del libro di Tirana, prima in veste di insegnante, giunta al nostro stand in compagnia di un gruppo di studenti del Collegio Universitario Bedër, del Dipartimento della Comunicazione, Master Scintifico, desiderosi di conoscere da vicino la realtà di Albania letteraria e in seguito in qualità di poetessa. Abbiamo fatto una chiacchierata sulla poesia e sulla sua visione della cultura poetica. Buona lettura.
Sei poetessa e docente. Sono due ruoli che, in qualche modo, si collegano nella tua vita?
Non direi: ho cominciato a scrivere poesie all’età di 5 anni. Indubbiamente, ho incontrato persone che mi hanno nutrito di cultura e di poesia. Quando ho scritto i miei primi versi, ho detto: “Ho scritto una canzone”.
Ti dedichi solo alla poesia o anche alla prosa?
Scrivo anche in prosa, che essendo più complessa e impegnativa rispetto a un componimento poetico, mi aiuta a definire meglio lo stile, a lavorare con più precisione sul linguaggio. Inoltre, penso che se sai scrivere in prosa, puoi fare tante cose, anzi tutto. La poesia è un po’ chiusa, ti costringe a tenere un determinato ritmo, che a volte si rivela molto limitante.
Përditë ndërtoj shtëpi me ashkla è il mio libro di poesie in prosa; ho voluto adottare questo stile, in quanto ho sentito la necessità di mantenere un ritmo differente da quello poetico. In realtà, volevo comunicare un determinato pensiero e soprattutto desideravo fortemente interagire con il lettore in maniera confidenziale. Questo è il motivo per cui la parte inziale è scritta sotto forma di diario.
Da una prima lettura potrebbe sembrare prosa, invece è poesia pura. Se non avessi scelto questa modalità di stesura, difficilmente avrei reso le mie idee totalmente libere.
Classici a parte, la poesia, sia in Italia che in Albania, è molto sofferente. È una situazione probabilmente dovuta alla mancanza di una produzione qualitativamente valida. Secondo te, quali sono i canoni da rispettare (se esistono), per poter scrivere versi di qualità?
La poesia è dentro di noi: io ho una mia idea, secondo la quale, se inizi a scrivere molto presto, quando sei ancora bambino e solo se prosegui costantemente, superando i 25 anni di età, puoi definirti poeta o poetessa.
La poesia è vita e bisogna essere insaziabili di cultura per poter scrivere versi. È necessario leggere tanto, visitare posti, conoscere il mondo e le svariate culture che lo compongono. Bisogna avvicinarsi, secondo me, ai grandi poeti, leggere le loro opere, assaporarle, conoscerle approfonditamente ed essere sempre leali con se stessi, perché solo con una buona elaborazione del circondario poetico, si può comprende se si è veramente in grado di scrivere poesie.
Indipendentemente dal risultato, un corretto raffronto di questo tipo permette comunque di imparare qualcosa di bello. Molti traduttori di poesie, per esempio, pur non scrivendone, riversano il loro amore per i versi nella trasposizione. Chiaramente, tradurre significa anche creare e se non si è in grado di farlo, non ci si può dedicare a questa bellissima attività.
Cosa ne pensi della crescita del poeta? La sua scrittura cresce nel tempo, come può maturare quella di un romanziere?
Certamente. Il poeta conserva la sua intrinseca autenticità, cambiando nel tempo. Mi fa piacere, a tal proposito, menzionare la poesia di William Butler Yeats, (il poeta inglese di origini irlandesi, Premio Nobel nel 1923), che si può suddividere in tre epoche: quella dei primi anni, i versi del rinnovamento e la poesia degli ultimi anni. Leggendo le sue opere appartenenti a tre momenti differenti della sua evoluzione, emerge chiaramente come l’autore sia stato capace di rinascere nei tre diversi periodi.
Il poeta ha il dovere di nutrirsi di cultura e rinnovarsi: Yeats è uno scrittore che nasce nel XIX secolo, stabilendo un’affiliazione con la poesia simbolica francese, pur non conoscendo la lingua e sviluppando, in questo modo, una poetica sconosciuta per gli inglesi dell’epoca. È un preraffaelita che nel XX secolo cresce e cambia con il proprio tempo, pur mantenendo sempre l’originalità e la sua individualità poetica.
Scrivi poesia e prosa: com’è il tuo rapporto con entrambe?
È difficile rispondere a questa domanda. Posso dire di non aver mai scritto un romanzo, che sarà una delle mie future sfide. Al momento ho redatto piccoli racconti, capaci di esprimere il pensiero del momento in cui scrivo.
Seguo la musica che mantiene la lingua e a seconda dell’armonia e del ritmo che percepisco, decido se scrivere una poesia o un racconto. Dipende tanto da quello che alberga dentro di me nell’attimo in cui mi avvicino alla penna.
Qual è il filo conduttore dei tuoi scritti? Esiste un messaggio particolare che cerchi di consegnare al lettore?
Credo non esista un filo conduttore dei miei libri, come non penso di consegnare un unico messaggio. Nel tempo, mi hanno qualificata come una poetessa dalla grande sensibilità, autrice di componimenti pregni dell’emotività tipica di una penna femminile. Questo è quello che hanno detto gli altri, io non saprei definirmi.
Posso solo dire che scrivo con consapevolezza di quello che sento e di ciò che vivo, narrando di pura realtà.