Una studentessa curiosa con la passione delle stelle, una celebre astronoma, una settimana di vacanza: il libro è nato così, dalle domande di Eda e dalle spiegazioni di Margherita Hack che, partendo dalle esperienze più comuni, accompagna la sua giovane allieva in un facile percorso alla scoperta delle leggi che governano l’universo.
È l’introduzione del libro Così parlano le stelle, scritto dalla grande astrofisica Margherita Hack e dalla giovane studentessa di origini albanesi Eda Gjergo, che ci ha rilasciato in esclusiva l’intervista che segue.

Intervista a Eda Gjergo
La prima volta che ho visto la copertina del libro, non è stato tanto il nome di Margherita Hack, quanto il tuo cognome Gjergo, ad attirarmi l’attenzione. Parlaci delle tue origini.
Sono nata a Tirana e ho vissuto in Italia da quando avevo un anno e mezzo. Purtroppo ho avuto modo di visitare l’Albania in sole 3 occasioni, a 7, 18 e 20 anni, e ogni volta per non più di una settimana. Mia madre mi ha raccontato sia dei momenti felici nella sua giovinezza che delle difficoltà degli ultimi anni. In Italia ho vissuto in diverse località.
Ma certamente la città che più mi sta a cuore e a cui ho legato tra i ricordi più belli è Firenze. Il senso dell’umorismo fiorentino è unico e la loro parlata mi mette di buon umore. Mi ricordo anche che andare presto la mattina a scuola a vedere il sole sorgere caldo e raggiante sull’Arno era diventata una necessità e un piccolo sfizio quotidiano. Amo Firenze, i suoi panorami, la sua atmosfera e le persone lì conosciute.
Hai studiato in Italia quindi, come inizia la tua passione per la scienza?
La mia passione si è sviluppata in maniera naturale, indipendentemente dai miei studi accademici. È partita dall’astronomia. I corpi celesti mi hanno sempre affascinato. Una domenica in seconda elementare per caso ho preso un libro intitolato ‘Introduzione all’Astronomia’ comprato da mia madre. Mi ricordo l’intenso e piacevole sconvolgimento che ho provato e la sorpresa nello scoprire quante cose sconosciute ci fossero al di là delle percezioni quotidiane. Quella passione non si è mai spenta, ed è adesso fomentata da una più profonda comprensione di principi fisici.
Non è da tutti vedere il proprio nome alla tua età accanto a un colosso della scienza come Margherita Hack. Come è nato il vostro rapporto?
Le ho scritto una lettera quando avevo 10-11 anni. A quei tempi non c’erano attorno a me persone con cui poter dialogare di quasar, le varie ipotesi riguardo all’espansione dell’Universo o la varietà di particelle subatomiche elementari. Avevo solo riviste, articoli e libri che ricercavo assiduamente. Ed era difficile assicurarsi che ipotesi, congetture e generalizzazioni estrapolate da queste fonti fossero davvero solide. Mia madre mi ha dunque incoraggiato a scrivere una lettera a Margherita.
È stata un’esperienza molto liberatoria, una specie di valvola di sfogo. Ricordo ancora l’emozione nel ricevere la prima risposta da Margherita. Adesso le sono molto affezionata, siccome ho avuto modo di conoscere anche le sue splendide qualità umane. Insieme a mia madre, Margherita è uno dei miei esempi di vita per la sua costanza, forza di volontà e solidità di principi morali. La sento davvero vicina come se fosse parte della mia famiglia. Margherita è una persona estremamente affabile, schietta e sincera, dal cuore veramente d’oro.
Se in televisione spicca per la sua eccentricità, nel privato la sua gentilezza è la prima qualità ad emergere. Avevamo mantenuto una corrispondenza già da qualche anno, quando l’ho incontrata alla fine della terza media ero particolarmente nervosa. Non appena incontrata mi ha trasmesso immediatamente un senso di familiarità e serenità. Lei e il marito Aldo sono persone molto simpatiche, è stata una divertente mattinata che di lì a poco si è’ trasformata in amicizia.
Che cosa stai facendo in questo periodo? I tuoi studi proseguono sempre nel campo della scienza?
Frequento l’Università a Chicago. Studio matematica applicata e fisica. Tutti coloro che hanno provato ad essere ammessi ad una buona università negli Stati Uniti sanno che bisogna passare diversi esami standardizzati, avere un positivo curriculum accademico, due o tre referenze da professori, attività extracurricolari e magari progetti realizzati durante il liceo per poter essere ammessi. Ogni università cerca una varietà di studenti differente, e sicuramente mettersi in contatto con l’Istituto desiderato aiuta. La scelta è vastissima e le conseguenti specializzazioni e livelli lo sono altrettanto. Io mi reputo davvero contenta della mia scelta, siccome la gente qui è prone essenzialmente a materie tecniche e necessitavo questo genere di immersione.
In Italia ho frequentato due licei scientifici e lo United World College (uno splendido liceo internazionale per cui si accede solo tramite selezione, il cui obbiettivo è diffondere la comprensione multiculturale). Nonostante gli indirizzi scelti fossero tra i più scientifici disponibili, le materie umanistiche avevano certamente il sopravvento. Sono lieta di aver ampliato la mia cultura anche in altre branche affascinanti come l’arte, la storia, la filosofia o la letteratura, certamente fanno di me una persona più completa. Ma allo stesso tempo per questi pochi anni di università devo essere immersa in un ambiente così focalizzato altrimenti sarebbe difficile raggiungere i livelli di preparazione che desidero. Vivo ora in una metropoli attiva che offre numerose opportunità.
Ti capita mai di pensare alle tue origini, in relazione al tuo campo di interesse, la scienza?
La scienza di per se non ha niente a che vedere con le nazionalità. Le interazioni della comunità scientifica lo sono parzialmente. Il popolo albanese continua a dimostrare di avere menti brillanti in numerosi campi. Personalmente, sono molto legata alle mie origini e confido nello spirito entusiasta albanese e al suo progresso che ho avuto modo di constatare durante la mia ultima visita un anno fa. Per quanto insignificante, il mio portachiavi raffigura una bandiera albanese e mi capita di pensare alle mie origini quotidianamente.
Che progetti hai per il futuro, o meglio, che cosa vorresti fare da grande?
Ah questa domanda è difficile, perché varia durante la vita di uno scienziato. Per ora ho ancora il dottorato di fronte a me per decidere esattamente che campo di ricerca comincerò ad intraprendere. Certamente la comprensione della struttura di fondo dell’Universo e la sua interezza è ciò che storicamente mi ha sempre affascinato maggiormente, e ancora ora non trovo piacere più grande che l’applicazione di una manciata di principi basilari per la spiegazione di una varietà notevole di fenomeni.
Il lavoro di un ricercatore consiste o nell’ampliare la varietà di fenomeni algoritmizzabili o nel perfezionamento delle teorie attuali. Dato il mio livello di Universitaria del Terzo Anno per ora posso lavorare solo nel primo caso. Quest’estate farò ricerca assieme a un professore che lavora principalmente su funzioni spline, soluzioni di equazioni parziali differenziali e design geometrico tramite programmazione.
Dunque io cercherò di ottimizzare e scrivere codici riguardo a qualsiasi problema il professore deciderà di darmi, ancora non ha esattamente deciso. Nel campo della ricerca tutto evolve abbastanza velocemente in piccola scala ( a differenza della larga scala, i problemi base da cui dipartono questi altri passaggi intermedi necessari, quei problemi necessitano spesso anni). Dunque per il prossimo paio d’anno vedo la mia vita strettamente legata a sistemi informatici.
Anche l’intelligenza artificiale mi affascina molto, assieme alla comprensione dei fenomeni neurologici siccome credo fermamente che ci siano definiti processi prevedibili dietro ad ogni singolo evento esistente in natura, ogni forma di comportamento umano compreso. Quindi sarebbe fantastico prima o poi lavorare o per la simulazione di questi processi (tramite modelli in grado di predire determinati comportamenti o l’imitazione di questi grazie a strutture artificiali).
I progressi in questo campo sono di già notevoli. Infatti definirei il mio credo nella convinzione dell’esistenza di un unico concetto basilare che governa il Tutto. Ovviamente il Principio di Indeterminazione di Heisenberg pone dei limiti nella capacità umana di comprendere questo concetto. Ciò non implica però la sua inesistenza. E non bisogna dare per scontato che concordi con la logicità della mente umana, è possibile infatti che la creatività della mente umana a dei suoi prodotti non potrà mai sviscerare completamente questo concetto, ma mi sembra una causa degna abbastanza per dedicarci la mia intera vita.
Per quanto riguarda la matematica pura, l’idea di dimensioni infinite mi ha sempre affascinato… quindi la geometria, che sia differenziale, discreta, complessa o computazionale, mi intriga tutta. Ma forse sono attratta a queste due branche (una forma di matematica che potrebbe esser definita visuale e processi cognitivi) proprio per il mio desiderio di poter comprendere e generalizzare più profondamente i fenomeni fisici basilari.
Mi sento molto fortunata nel poter studiare sia matematica applicata che fisica, perché queste due branche mi danno indipendenza e virtualmente una varietà di scelta nella mia ricerca quasi infinita. In sintesi, non so ancora di cosa diventerò ricercatrice, i miei interessi sono molti, ma si concentrano in una maniera o nell’altra attorno all’unificazione della nostra comprensione dell’Universo.
O certo, come altri sogni desidero eguagliare mia madre nella cura e attenzione dei miei futuri eventuali figli tra una dozzina di anni… e magari perfezionare le mie conoscenze in teoria della musica.