Eleni Laperi è una studiosa d’arte, curatrice e critica d’arte. Si è laureata in Pittura presso l’Istituto Superiore delle Arti di Tirana nel 1972.
È stata uno dei co-fondatori e caporedattrice di PamorArt, una rivista pubblicata dalla National Gallery of Arts (1999) e ideatrice del programma educativo per lo stesso periodico. Laperi ha curato numerose mostre in Albania e all’estero ed è autrice di molti articoli sull’arte albanese, di libri e di traduzioni su arte e cultura. Nel 2018 è stata nominata presidente del consiglio di amministrazione della National Gallery of Arts. L’ho incontrata a Tirana, in occasione della Fiera del libro e abbiamo dialogato circa il suo nuovo lavoro dedicato a Kolë Idromeno (1860-1939), il fotografo considerato il precursore del realismo e dell’arte paesaggistica, pubblicato dalla casa editrice Mediaprint.
Perché decidi di scrivere un libro dedicato a Kolë Idromeno?
L’idea iniziale era quella di scrivere un libro sugli artisti albanesi vissuti tra il 1860 e il 1945. Lungo il percorso di recupero del materiale utile per la stesura del volume, mi sono resa conto che sarebbe stata un’impresa difficile da realizzare, se non impossibile. Il rischio era che venisse fuori qualcosa di molto confuso e che soprattutto potesse non rispondere a verità. Così, ho deciso di iniziare dal primo artista di quel periodo, Kolë Idromeno.
L’Albania per quattro secoli è stata sotto la dominazione ottomana, che tra le tante cose messe in atto, ha silenziato gli scambi interculturali e per ben 400 anni non si è dato spazio alle arti visive. Idromeno è stato il primo a permettere loro di riaffacciarsi al mondo culturale e il primo artista del realismo albanese. Attraverso le mie ricerche, ho voluto comprendere perché è passato da Scutari e il motivo per cui in Albania è approdata l’arte fotografica prima della pittura, differentemente dal resto d’Europa, in cui è accaduto il contrario, tanto che nella maggior parte dei casi i fotografi erano anche pittori.
In Albania l’arte fotografica ha preparato, in qualche modo, il campo alla pittura. Con questo libro, cerco di spiegare perché Kolë Idromeno è stato il primo artista a impegnarsi seriamente nella ripresa della vita artistica: a quei tempi c’erano città come Durazzo, Elbasan, Argirocastro abitate da validi iconografi, ma non vi era alcuno sforzo per la creazione di un ritratto culturale realista. Idromeno è stato il primo e ne ho voluto spiegare le motivazioni.
Che tipo di impegno ha richiesto la stesura di questo testo?
Non è stato facile perché non ho avuto a disposizione molta documentazione. Idromeno non ha avuto figli e dopo la morte di sua moglie, i suoi discendenti non hanno curato la sua memoria, non avendo mai compreso bene il valore delle sue opere.
Egli non era solo un pittore, ma anche un architetto, un fotografo, un ingegnere. Sono rimaste pochissime testimonianze di tutte le sue attività e dei suoi studi: fortunatamente, non sono andati persi i suoi appunti. L’artista portava sempre con sé un blocchetto sul quale prendeva nota delle sue attività, di quello su cui si documentava e che leggeva e così, acquisendo quelle annotazioni, ho potuto comprendere molto meglio quello che faceva e soprattutto, che desiderava fare.
Quando aveva 15 anni, il suo papà lo ha iscritto all’Accademia degli Studi di Venezia; Idromeno, però, non ha seguito i corsi, consapevole che per suo padre pagare quegli studi avrebbe comportato grossi sacrifici. Così, ha preferito lavorare come apprendista presso un atelier veneziano: purtroppo, però, nessuno è a conoscenza del nome di quel pittore e io non ho potuto narrare del suo percorso giovanile in maniera dettagliata e soprattutto di tutto quello che ha appreso da quella esperienza.
Per potere delineare la sua formazione artistica, mi sono basata molto sui nomi dei pittori appuntati sul suo blocco, cosa che mi ha permesso di comprendere le sue preferenze e le motivazioni per cui ha scelto di dare vita ad alcune opere, piuttosto che ad altre. A Tirana, abbiamo la fortuna di conservare alcune tra le sue creazioni più belle, così come al Museo Storico di Scutari. Durante questo lavoro, mi sono sentita un po’archeologa e un po’ detective, prendendo pezzi di note e di disegni architettonici lasciati dall’artista, per comporre il puzzle che ha dato vita al libro.
Chi è Eleni Laperi?
Sono nata a Tirana, mi sono laureata in Pittura e ho svolto diversi lavori come designer, che mi hanno permesso di approdare in Italia nell’aprile dell’89 per un progetto governativo. Ho lavorato presso la Galleria delle Arti a Tirana, fino a quando non ho deciso di diventare libera professionista e dedicarmi a un piano di lavoro per un centro culturale di donne artiste, che ha incluso uno scambio interculturale tra nazioni differenti. In seguito, mi sono allontanata da questa realtà professionale per dedicarmi allo studio dell’arte e della cultura albanese ed è quello che oggi ancora faccio.