Esmeralda Calabria è la regista del film Parlate a bassa Voce, per la produzione di Aki Film e Ponderosa Music Records, distribuito da Satine Film e approdato sul grande schermo il 9 marzo scorso, dopo la Première al 40° Film Festival di Torino.
Il film
Restituire dignità alla memoria è l’obiettivo che si pone l’opera cinematografica Parlate a bassa Voce, cercando di costruire un nuovo e realistico immaginario dell’Albania, che si allontana da quello dello storico flusso migratorio dei primi anni Novanta, impresso nei ricordi di tutti noi.
Accarezzando il filo perpetuo che lega l’Albania al passato, il film fronteggia l’ideologia pregiudizievole, con il tentativo di restituire il giusto ruolo alla memoria, madre dei ricordi e sorella delle coscienze, in un cammino dettato dalla naturale autorevolezza della resa dei conti.
Emerge il Paese delle contraddizioni, quello del dolore e della nostalgia, della rabbia e della felicità, della giustizia e delle condanna e a raccontarlo sono gli artisti e gli anziani, cullati da un tripudio di emozioni fatto da rimpianti, rabbia, dolore, incredulità e domande, tante domande che ancora oggi non trovano risposta.
Protagonista del toccante viaggio, che parte dal passato, è Redi Hasa, musicista e violoncellista di fama internazionale. Redi arriva in Puglia nei primi anni Novanta e in questo interessante excursus geografico e storico, che si divide unendo l’Albania e la Puglia, l’artista si profila a emblema di un intero popolo che tenta di dare stabilità all’equilibrio, ancora troppo precario, tra passato e presente.
È una traversata la sua, accolta da un mare apparentemente calmo, che vede gli albori nei ricordi, nel timore di dimenticare e nell’urgenza di fermare il tempo. È partendo dal desiderio del singolo, a immagine speculare di quello dell’intera collettività, che nasce Parlate a bassa Voce; insieme a Redi e alle altre figure che animano la pellicola, attraverso le loro storie di vita vissuta e i loro racconti, si esplora il lungo periodo del regime di Enver Hoxha e il difficile momento del post regime, inoltrandosi nel prolungato e ancora attuale periodo di transizione dell’Albania.
Intervista a Esmeralda Calabria
Esmeralda Calabria ha esordito come montatrice nel 1992 e nel 2007 ha diretto il suo primo film, Biùtiful cauntri, insieme ad Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero. Ha vinto tre David di Donatello per il miglior montaggio: nel 1999 per Fuori dal mondo, nel 2006 per Romanzo criminale e nel 2020 per Favolacce. Risale al 2001 la candidatura allo stesso premio per La stanza del figlio. Nel 2009 si aggiudica il Nastro d’argento per il miglior documentario uscito in sala per Biùtiful Cauntri e il Premio Giovani Giuseppe Fava. Esmeralda, abituata a raccontare con le immagini, in Parlate a bassa Voce ha voluto tenere un atteggiamento non giudicante e al di sopra delle parti, riuscendo pienamente nel suo intento. Spiega questo e altro nell’interessante intervista che ci ha gentilmente concesso.
Come nasce il film Parlate a bassa Voce?
Parlate a bassa Voce nasce dall’incontro con il produttore musicale Titti Santini, che mi ha dato la possibilità di conoscere Redi Hasa, un musicista di grande talento. Redi mi ha raccontato tanti aneddoti sul suo vissuto, tra l’Albania e l’Italia e diversi fatti accaduti. Ne è nato un discorso molto naturale e ci è venuta, quindi, l’idea di narrare tutto questo tramite la musica e i racconti.
Il titolo prende spunto dalla scritta sul muro, che si vede in una scena del film e ci è sembrato interessante scegliere proprio quelle parole, a simbolo della tendenza, che ancora oggi sembra vigente, di “parlare sotto voce”, a causa dei retaggi che, inevitabilmente, la popolazione si porta dietro. Si tratta di un patrimonio spirituale influenzato dal passato, che, per certi versi, tende a bloccare anche le intenzioni più semplici. Quando hai vissuto con la paura di fare sempre qualcosa di sbagliato, quella scatola psicologica ti rimane, te la porti dietro.
La memoria e il suo recupero sono i fili conduttori del film: perché proprio queste tematiche?
Quello che esprimo è il mio punto di vista personale, da osservatrice e protagonista. Intanto, quella della memoria è un’argomentazione molto complessa da affrontare. Redi Hasa proprio nella scena iniziale del film dice:
Era come un sogno che tornava sempre: volevo dare un viso a questo sogno. Più si va avanti con il tempo e più mi rendo conto che inizio a dimenticare alcune cose importanti della mia infanzia e volevo fermarle in un certo modo. Io volevo fermare il tempo, ma il tempo non si ferma.
Redi mi ha raccontato che quando è arrivato in Italia, era convinto di dover dimenticare per ricominciare, attuando, così, un vero e proprio processo di rimozione del vissuto e dei ricordi. L’idea era quella di far cadere nell’oblio tutto il suo passato, compreso il suo essere albanese; come se si potesse rinascere solo cancellando tutte le vive esperienze.
In seguito, ha iniziato a sognare questo passato e a quel punto è sorta la necessità di riappropriarsi della memoria e di rapportarsi con essa, restituendole la piena dignità. In realtà, quella compiuta da Redi è un’evoluzione individuale, che entra a far parte di quella collettiva.
La memoria è un elemento fondamentale della macrostoria: i fatti storici più salienti, quelli che hanno costruito il mondo, la attraversano pienamente e ricongiungersi a essa, significa assumere la consapevolezza di quanto accaduto. In almeno due parti del film si parla della situazione attuale della classe politica albanese, sulla quale aleggia l’ombra di una obsoleta continuità. Inoltre, vi è una questione irrisolta, perché tra i colpevoli delle sofferenze inflitte a quei tempi, nessuno ha mai chiesto scusa. Uno dei protagonisti dice:
In genere si perdona chi chiede perdono. Nessuno ha mai chiesto scusa. Hai mai sentito un comunista dire che ha fatto qualcosa di male?
Nessuno ha chiesto perdono e nessun luogo della memoria è stato istituito: c’è ancora molta strada da fare.
Pensi che la memoria possa favorire il recupero dell’identità?
Indubbiamente sì, anche se si tratta di un processo molto lungo. Qui subentra un percorso di natura psicologica, che permette il recupero dell’identità attraverso la memoria. Mi hanno molto colpito i commenti di alcuni amici albanesi dopo aver visto il film. “Allora, io ora posso iniziare a parlarne!” è stata la frase più ricorrente tra quelle espresse.
Se ti vergogni del tuo passato, se ti senti colpevole di provenire da un luogo considerato, (con forte pregiudizio), minore, inevitabilmente le difficoltà poi sono tante. Mi è capitato di percepire l’aria di sufficienza da parte di alcuni, quando hanno capito che si trattava di un film sull’Albania, come per dire “cosa vuoi che abbia da raccontare quel posto?” Allo stesso modo è accaduto di incontrare gente, che dopo aver visto il film, ne è rimasta meravigliata, rendendosi conto che l’Albania non è quel Paese che pensavano, anzi, è un posto con un grande patrimonio culturale, con bellezze paesaggistiche e tanto altro.
Purtroppo l’identità indefinita tende a creare diversi blocchi, tra cui quello della libertà di espressione, non perché ora sia proibita, ma è come se in qualche modo ognuno rinnegasse la propria. È come rendersi liberi da una famiglia opprimente: non è facile recuperare l’indipendenza e l’autonomia, continui a sentirti oppresso, a non sentirti libero, sino ad arrivare a voler rinnegare il passato.
In Albania ho avuto modo di incontrare chi sarebbe disposto a bruciare tutto quello che è stato prodotto all’epoca del regime, compresi i film di quel periodo, pur di cancellarlo dalla memoria. Quando ho risposto che sarebbe giusto, invece, diffondere tali opere e che avrei potuto aiutare a facilitarne la divulgazione, perché è arrivato il momento di far sentire la loro voce, mi è stato detto che il vero significato di questo lavoro non sarebbe stato compreso. Esiste molta difficoltà in tal senso ed è un vero peccato, perché la relazione e l’apertura verso la condivisione della memoria dovrebbero partire anche dall’Albania.
Durante il dialogo di apertura tra Redi Hasa e suo fratello Ekland, quest’ultimo dice: “ai tempi del regime, eravamo poveri ma felici”. Un’affermazione coraggiosa: puoi raccontare di qualche reazione in merito?
Ho fortemente voluto mantenere quel lungo dialogo nel film, perché l’ho ritenuto come la massima espressione delle contraddizioni di quel periodo, che si sono trascinate inevitabilmente nel presente. È impensabile mettere tutto sullo stesso piano: a quei tempi, loro facevano le cose con passione, tutti avevano una cultura di base, perché tutti avevano studiato. Sono tantissime le cose negative e impressionanti che emergono, ma ritengono perduta quella passione, dettata forse dall’apprezzamento delle piccole cose.
Per esempio, è molto forte lo sconcerto per quanto sta accadendo a Tirana, dove si costruisce in continuazione; la capitale è una città trasformata in un cantiere a cielo aperto. Tutti loro sembrano guardare a un mondo di cambiamenti quasi con uno sguardo fanciullesco e meno male, altrimenti le conseguenze sarebbero altro che pacifiche.
Le reazioni degli albanesi allo scambio di battute tra i fratelli Hasa sono state positive: è vero, non si può assolutizzare. Del resto loro erano educati ad amare Enver Hoxha e alcuni lo hanno proprio detto “Noi amavamo Enver Hoxha.”
Le prossime tappe del film
Milano 27 marzo h. 19.30 – Cinema Anteo, con Edmond Budina
Reggio Emilia 28 marzo h. 21.00 – Cinema Eden di Puianello, con Esmeralda Calabria ed Edmond Budina
Perugia – 27 – 28 – 29 marzo in programmazione al Cinema sant’Angelo
Roma – 4 Aprile h. 21.00 – Cinema Sacher, con Esmeralda Calabria ed Edmond Budina
Genova – 19 Aprile in programmazione
Il cast
Redi Hasa, Ekland Hasa, Meteli Hasa e Afërdita Hasko Hasa, Edmond Budina, Xhavit Lohja, Bojken Lako
Gjetë Gjoni e la sua famiglia Preng, Mrikë, Gjergj, Rita Gjeka, Arjan Çela e la sua famiglia, Coro Jehona
Irini Qirjako, Irena Saraci, Sabahet Vishnja, Fiqirete Kapaj, Nevila Matja, Alessia Merepeza e con BandAdriatica.
Parlate a bassa Voce per la regia e il montaggio di Esmeralda Calabria è prodotto da Titti Santini e Esmeralda Calabria con il contributo di MIC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Unione Europea, Regione Puglia, POR Puglia FESR FSE 2014/2020,Fondazione Apulia Film Commission. Musiche originali di Redi Hasa, collaborazione alla regia Mirko Pincelli Produzione esecutiva Akifilm Giorgia Pirillo.