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Intervista a Klejd Këlliçi. La politica comparata messa nero su bianco

Anna Lattanzi Anna Lattanzi
20 Dicembre 2022
Klejd Këlliçi

Klejd Këlliçi

Il professor Klejd Këlliçi è docente di Politica Comparata presso l’Università di Tirana. Si è laureato a Torino, per poi continuare il suo percorso di formazione prima a Roma e infine a Bari. I suoi interessi accademici sono rivolti al campo della democratizzazione e degli studi comunisti e post-comunisti e la sua ricerca riguarda il movimento di persone (specialisti, studenti) dall’Albania comunista verso altri paesi comunisti e non comunisti.

Ho incontrato Këlliçi alla Fiera del libro di Tirana e abbiamo scambiato quattro chiacchiere sul manuale che ha scritto, intitolato Raste studimore në politiokën e krahasuar, pubblicato da Mediaprint e sulla situazione futura e presente dell’Albania. Buona lettura.

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Professore, parliamo del suo libro?

Ho studiato Scienze Politiche a Torino, poi ho frequentato un master alla Cattolica di Roma e a Bari ho fatto il dottorato di ricerca presso l’Università Aldo Moro. Attualmente insegno alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Tirana e ho scritto un manuale di politica comparata Raste studimore në politiokën e krahasuar.

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Cosa tratta la politica comparata?

È lo studio delle diverse forme di governo e dei differenti sistemi politici. In Albania abbiamo molti problemi con i testi specialistici, perché mancano le traduzioni o sono in commercio manuali molto vecchi, perché le case editrici non investono nella traduzione di nuovi manuali e per tanti altri motivi, la lista è molto lunga.

Per questo ho pensato di scrivere un manuale di politica comparata, che tratta le comparazioni tra le diverse forme di governo, prendendo come esempio gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Cina, la Russia, e  l’Inghilterra. Questo è il lavoro che c’è alla base del testo, che mi auguro venga apprezzato, vista la situazione molto complicata nella quale l’Albania versa.

È un manuale adatto solo agli operatori del settore, oppure si presta anche alla lettura di chi cerca delle concrete informazioni in merito?

Il volume nasce come manuale universitario, ma ho cercato di strutturarlo in maniera tale che possa essere di supporto anche per coloro che vogliono saperne di più o desiderano avvicinarsi allo studio delle diverse forme di governo. Come accennavo prima, in Albania mancano testi specifici o case editrici specializzate. Rimane comunque un libro di una certa complessità, la cui creazione ha richiesto molto lavoro.

Afferma che la realtà albanese è molto complessa: le chiedo, in relazione al suo libro, cosa intende per l’esattezza?

Una larga parte dei miei studenti proviene da piccoli centri, dove la situazione economica è molto sofferente. Giungere a Tirana per intraprendere gli studi universitari rappresenta una sfida per loro, che quando si rapporta ai libri diventa ancora più grave a causa dei costi da sostenere.

Molti di questi ragazzi lavorano già, ma non hanno un impiego vecchio stile dello studente universitario (per potersi mantenere), bensì, nella maggior parte delle volte è full time, compromettendo il giusto rapporto che dovrebbero avere con lo studio. È una dura realtà quella albanese, che fuori Tirana diventa quasi insostenibile.

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Come si parla agli studenti di politica comparata?

Il mio è un normale corso che si trova in tutte le Università di Scienze Politiche e rappresenta una maniera per confrontarsi con le diverse realtà sociopolitiche, non solo comparandole, ma approfondendo la situazione e le caratteristiche di ognuna di esse.

Un pensiero su quella che è l’Albania di oggi e due parole sul suo futuro.

Ho maturato il pensiero che sto per esporre già nel 2006, quando sono tornato in Albania, lasciando l’Italia. Ero molto fiducioso e pensavo, all’epoca, che le cose nel nostro Paese sarebbero migliorate. In realtà, negli ultimi anni l’Albania è entrata in una specie di stallo, che sta costringendo molti cittadini a emigrare.

Il punto ancora più preoccupante è che parliamo di una emigrazione diversa da quella di un po’ di anni fa, perché è di gente qualificata, che va via abbandonando il pensiero di ritornare e di avere futuri rapporti con il Paese, portando soldi, per esempio e investendo in qualche attività quanto guadagnato all’estero.

Il nostro presente è fosco e buio, proprio come il domani, che vede al timone un preoccupante calo demografico.  Lo spopolamento è già un problema in Albania e lo sarà ancora di più in futuro: bisogna pensare seriamente a risolvere questa questione, altrimenti la nazione non riuscirà più a rigenerarsi adeguatamente.

Come giudica la possibilità che l’Albania entri nell’UE?

Credo che l’entrata nell’UE sia una maniera per scappare da questa triste realtà. L’Unione Europea è vista come una sorta di garanzia sociale ed economia, come la possibilità di entrare a far parte di uno spazio, perdendo una parte di identità nazionale, pur conservandone i tratti maggiori. Si sta tardando molto nel far compiere all’Albania questo passo e ciò incentiva la fuga dei giovani, che vedono ancora il “mito” dell’orizzonte europeo.

Lei, quindi, è a favore dell’entrata dell’Albania nell’Unione Europea. Pensa possa essere un fatto risolutivo?

Penso che possa essere una maniera per contenere lo spopolamento. In questo modo, molti albanesi potrebbero non considerare più il proprio Paese come una terra dalla quale scappare, ma come un posto dove vivere o dove fare ritorno. La situazione odierna, in Albania, è molto grave, tanto da far intendere che si stiano facendo solo passi indietro. Urge una soluzione, subito.

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