Saimir Lleshi, giornalista per Gazeta Panorama, ha presentato, in occasione della Fiera del libro di Tirana, il suo volume d’esordio Banorët e mjegullës, pubblicato dalla casa editrice Mediaprint. Abbiamo fatto un’interessante (seppur breve) chiacchierata sul suo romanzo e sulla situazione dell’Albania di oggi. Buona lettura.
Saimir, lei è giornalista e scrittore: di cosa tratta il suo Banorët e mjegullës?
È un romanzo che non parla propriamente di letteratura. Il mio obiettivo era quello di pubblicare un libro che potesse rispecchiare la problematica realtà di un Paese, che nel caso specifico è l’Albania, anche se il contenuto potrebbe riferirsi a qualsiasi altra nazione del terzo mondo, dove la costituzione e le leggi diventano degli strumenti ingestibili nelle mani di una classe politica non funzionale, creando difficoltà alla società intera.
Agli occhi di qualche critico, è palese che il testo sia il frutto del lavoro di uno scrittore albanese; per me non è così. Ho impostato il racconto affinché potesse identificarsi con diversi posti del mondo, che versano in una situazione similare a quella dell’Albania.
Ci sono altre domande? Questa è la mia prima volta dall’altra parte del microfono.
Qual è, quindi, il punto focale del libro?
L’Albania è un Paese che vive tra mille difficoltà che si palesano sin da quando si esce di casa. Sono complicazioni e impedimenti creati affinché le persone non possano camminare tranquille nenache a piedi, non solo in macchina. Questa è la prima grande problematicità che imperversa nel nostro Paese e che tocca pesantemente la quotidianità.
Il racconto, ambientato nell’immaginaria città di Columbrì, una specie di Colombia europea, nasce dal punto di vista di un giovane giornalista ventenne, di cui ho voluto disegnare il percorso di vita e professionale in una società difficile e per questo, non ho dato un finale al romanzo. Il cammino del protagonista non finisce, non muore e di riflesso non ho fornito una conclusione al testo.
Come accennato prima, lei è giornalista. Di cosa si occupa?
Scrivo principalmente di cronaca nera.
Quale indice di criminalità si registra in Albania?
Ci sono zone dell’Albania in cui la criminalità è più sviluppata rispetto ad altri posti. In realtà, non parlerei tanto di delinquenza, quanto del dilagante malcontento che impazza nel nostro Paese. Tale impressione giunge anche dalle fasce sociali più abbienti, che sottolineano quanto sia insostenibile la vita in terra albanese.
Probabilmente, i fatti di cronaca nera incidono su questa insofferenza, ma nel mio libro ho voluto portare l’attenzione sullo scontento dei cittadini, con una visione giornalistica, che non è propriamente la mia, bensì della media.
Desidero sottolineare che si tratta comunque di fiction, non di cronaca giornalistica; mi sono soffermato, infatti, sugli elementi che compongono il libro e sui personaggi che lo animano, più che sulla storia. Per esempio, un fattore centrale del testo, quindi non trascurabile, è l’amore, che fa anche da filo conduttore del racconto e aiuta a capire meglio la natura di alcune vicende riportate.
Quale futuro vede per l’Albania?
Rispondo con un’unica parola: deprimente. Anche il punto di vista del mio romanzo è abbastanza avvilente in relazione a questo, visto che il personaggio protagonista finisce in una casa per anziani, in una città dove risiedono 800mila pensionati e 300mila impiegati. Credo non ci sia da aggiungere altro.