Miroslav scosse la testa e si spostò dalla finestra: la fotografia perfetta di questo paese. E se i confini li tracciassimo unicamente per poter desiderare l’altro? Macché! Solo lui poteva continuare a nutrire queste illusioni.
La buona condotta è il romanzo di Elvira Mujčić, pubblicato nel 2023 da Crocetti Editore, ambientato nella Repubblica del Kosovo. Il volume è stato proposto al Premio Strega 2023 da Gad Lerner con la seguente motivazione:
Il rinforzarsi dei nazionalismi etnici o di altre identità armate le une contro le altre. La velocità micidiale con cui i messaggi d’odio viaggiano sui social media. La frustrazione di chi, invece, spendendosi per la convivenza pacifica rischia di finire tra due fuochi. Questi problemi, ovunque terribilmente attuali, in certi angoli del mondo ci paiono endemici. Tra questi i Balcani, dove si svolge La buona condotta di Elvira Mujčić. Un romanzo che si divora con grande ammirazione per il piglio sicuro da vera narratrice con cui Mujčić è riuscita a trattare questi temi ingombranti. Un intreccio pieno di suspence e di sorprese. Personaggi dotati tutti quanti delle loro ragioni e di spessore caratteriale. Ironica intelligenza delle cose umane, troppo umane. Dopo aver letto questo libro, anche il piccolo paesino del Kosovo conteso da due sindaci farà parte dei microcosmi destinati a restare nel cuore e nella mente dei lettori. E così pure la consapevolezza che per i nazionalismi beceri l’entrata in scena di una scrittrice come Mujčić rappresenta una sconfitta sul campo della letteratura italiana.
La trama
Siamo a Šumor, una piccola enclave serba situata in territorio kosovaro. Le elezioni sono ormai prossime e un medico di origini serbe, Miroslav, prende una decisione alquanto singolare: candidarsi a sindaco del paese. Rientra nelle sue intenzioni la volontà di mettere a frutto un programma rappacificatore, che necessita del sostegno della corposa comunità albanese presente, con la finalità di placare gli animi e mettere in atto una sorta di cambiamento nei rapporti serbo-kosovari.
Miroslav assume una posizione lontana dai conflitti e dai patologici nazionalismi che affliggono i suoi concittadini serbi. La sua scelta, però, si rivela non facile, tanto da provocargli sensazioni contrastanti che spaziano dal pentimento per essersi candidato, alla preoccupazione di non farcela. A sostenerlo la moglie Nada, l’assistente Ljubiša e l’amico Zdravko, rientrato in paese proprio per le elezioni.
Miroslav si aspetta di perdere rovinosamente e invece, vince. Belgrado, dal canto suo, non riconoscendo l’indipendenza del Kosovo, non accetta l’esito del voto. Inoltre, non vi è alcuna volontà di tollerare un serbo che vuole instaurare un clima di pace con gli albanesi.
Il governo, infatti, cerca di ovviare a quello che quasi considera un maltorto, inviando un sindaco antagonista scelto ad hoc: un uomo misterioso, ex combattente, liberato dalla pena carceraria inflittagli per motivi oscuri. Nebojša, così si chiama l’uomo, si avvicina alla realtà dell’enclave, ponendosi a difesa della comunità serba. Intanto, il piccolo cimitero è stato messo a soqquadro e a essere incolpati sono gli albanesi.
Il libro
Si parte da un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2008, per arrivare a quelli narrati da Elvira Mujčić in questo La buona condotta, in cui le figure che animano il romanzo cercano di abbattere i confini imposti dall’uomo e di dare una nuova svolta al succedersi di eventi decisi dai preconcetti dei politicanti.
Il presente è palesemente legato al passato, che pesa sulla quotidianità dei protagonisti come fosse un macigno. L’autrice pone l’accento sull’infinita forza di volontà degli uomini e delle donne, sottolineando la possibilità di andare oltre le decisioni governative, dandosi la possibilità di un avvenire migliore, a dispetto delle strumentalizzazioni politiche.
La storia raccontata da Mujčić si erge a esempio di tutte quelle vicende animate dall’odio dettato dalle ragion di stato, che entra violentemente nella coscienza dei popoli, creando conflitti privi di una razionale spiegazione. È bella la scrittura dell’autrice bosniaca, di adozione italiana, che consegna al lettore un’opera autentica, pregna di spunti di riflessione, carica di dovizia di particolari, in cui il concetto di identità e quello di appartenenza vengono sottoposti a un’importante analisi.
Le tematiche affrontate sono di grande rilevanza, drammaticamente attuali, anche se condite da una punta di sarcasmo, l’attenuatore scrivano per eccellenza. Il romanzo è ricco di riferimenti storici risalenti a quei tempi, frutto di attenzione e conoscenza: per questo assume anche una valenza informativa e divulgativa.
Soffriva nel vedere i suoi compaesani, che non erano mai stati da nessuna altra parte, accettare la folle situazione in cui vivevano come fosse una condanna inesorabile e tutto sommato normale. Che ci vuoi fare, qua da noi è così, si autoassolvevano tutti in coro.
L’autrice ha dichiarato che il personaggio di Miroslav si ispira alla figura di Oliver Ivanovic, un politico serbo del Kosovo, assassinato nel 2018 a causa delle sue idee. La figura del protagonista, come da stessa ammissione della Mujčić, non è caratterizzata dal coraggio, bensì dall’esagerata bontà, che rasenta la vigliaccheria.
Egli vorrebbe far contenti tutti, non scontrarsi con nessuno ed è proprio per questo, che tutto quello che costruisce rischia di crollare. Si tratta, quindi, di una sorta di anti-eroe che si mette in discussione continuamente, ponendo da parte la sicurezza, per lasciare spazio alla comprensione, senza alzare muri. L’autrice parla di una negazione non occlusiva, ma necessaria e costruttiva, per un percorso spianato verso l’equilibrio e la verità.
In un’intervista rilasciata ad Altraeconomia, la scrittrice spiega a chi si riferisce il titolo del libro, La buona condotta.
La buona condotta era riferita a Mirsolav, colui che si comporta bene. Poi ho preso spunto per la figura di Nebojša da un politico del Kosovo uscito per buona condotta dal carcere. E allora si è capovolto tutto: le stesse parole assumono un significato diverso in base a chi sono riferite. Se cambiano i punti di riferimento si modifica anche l’idea di bene e male che ne scaturisce. Mi piaceva giocare su questa ambiguità, e i personaggi si interrogano molto su questo. Perché per alcuni è “buona condotta” aver preso parte alla guerra, come pensano i cittadini di Sumor in riferimento a Nebojša. Per Miroslav invece non è così. Ancora. Ludmilla è l’unica che in un contesto di guerra ha un desiderio d’amore: la sua psicosi, nata nell’ambito di una dimensione affettiva, viene vista come una condotta sbagliata. Da “pazzi”.
Per vivere bisogna fare qualcosa nel presente lasciando sedimentare il passato. Sperando in un futuro migliore.
Alla luce degli ultimi fatti accaduti tra Serbia e Kosovo, non possiamo che sperare in un domani di pace.