Si è svolto nella serata dell’11 ottobre, presso l’Auditorium della Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca, il primo evento, dei due in programma, dedicato al libro Donne d’Albania. Voci dissidenti contro il regime di Isabella Lorusso, Sensibili alle Foglie, 2023, organizzato dal Centro Antiviolenza Rompiamo il Silenzio, in collaborazione con Albania Letteraria. L’autrice ha conversato con Anna Lattanzi.
I saluti istituzionali
L’incontro, che ha visto protagonista la voce delle donne albanesi dissidenti, si è aperto con i saluti istituzionali della Vicesindaca di Martina Franca, Nunzia Convertini, che ha sottolineato quanto importante sia l’impegno che i Centri Antiviolenza portano avanti, a supporto di donne che scappano da situazioni terribili e quanto sia fondamentale dar loro voce. I successivi interventi di Tiziana Schiavone, Consigliera Comunale Delegata Piano di Zona e di Francesca Ruggieri, Commissione Pari Opportunità, Presidente della Commissione Pari Opportunità, hanno fatto riferimento al piacere di ascoltare la voce delle donne albanesi, appartenenti a una terra così vicina e della cui storia si sa ancora troppo poco.
Il corpo della donna
A introdurre la presentazione Ira Panduku, rappresentante del Centro Antiviolenza, che ha rimarcato la collaborazione con Albania Letteraria, spiegando come le tematiche trattate in Donne d’Albania. Voci dissidenti contro il regime siano fortemente vicine alla realtà di cui si occupa. Interessante il suo riferimento al corpo della donna come filo conduttore di tutte le storie contenute nel testo: il corpo abusato, violentato, martoriato per fini unicamente politici, in nome dell’articolo 55, che, ai tempi del totalitarismo in Albania, contemplava il reato inesistente di agitazione e propaganda.
Nomi di donne
Partendo da un’affermazione spesso ripetuta, che classifica il regime dittatoriale albanese come un sistema che non si è mai posto contro le donne perché coinvolte nell’alfabetizzazione obbligatoria e perché consentiva loro di lavorare, Anna Lattanzi ha posto l’accento su diversi aspetti che dimostrano l’esatto opposto, evidenziando come la società fosse basata su principi patriarcali, artefici di una realtà che sfruttava la donna, annullandola totalmente.
La Lorusso ha intervistato tredici donne che hanno vissuto sulla propria pelle la follia di Enver Hoxha, ognuna con la sua storia fatta di orrori; a questi nomi se ne potrebbero aggiungere tanti altri e la capo redattrice ha voluto ricordare donne come Musine Kokalari, la prima dissidente in tutto l’impero comunista, fondatrice di un partito di opposizione, prigioniera politica, che, dopo venti anni di galera, ha chiuso gli occhi in esilio. Dieci anni più tardi, nel 1993, è stata insignita post mortem del titolo “Martire della democrazia”.
Ancora ha ricordato la beata Maria Tuci, morta per le orribili vessazioni subite durante la prigionia. La donna, arrestata con un’accusa fittizia, (in realtà perché cattolica), fu sottoposta a terribili torture, sino a essere chiusa in un sacco con un gatto affamato e nello stesso frangente presa a bastonate. Morì per le violenze subite che la resero irriconoscibile ai suoi cari.
I movimenti femministi
Si è parlato dei movimenti femministi nati in Albania dopo il 1992, come il Forum delle Donne Indipendenti fondato dalla scrittrice Diana Çuli, che tanto si è battuta per i diritti delle donne e per far sì che potessero essere approvate le leggi a tutela delle stesse, contro la violenza perpetrata troppe volte ai loro danni. Un movimento di più recente costituzione è quello della Rivista Shota, che oltre a battersi attivamente per i diritti delle donne, si occupa anche dei retaggi che esse si portano dietro, ai quali spesso non si pone attenzione. L’intervento di Anna Lattanzi è proseguito con un corposo riferimento all’irrisolto che campeggia in Albania: nessuno ha pagato per quanto accaduto e questo fa sì che il filo che lega al passato diventi sempre più indelebile.
Le interviste
Il confronto con Isabella Lorusso si è incentrato sulla sua esperienza diretta con le donne intervistate, sul racconto di alcuni dei dialoghi, sulle emozioni che le hanno provocato, sull’incredulità che hanno suscitato in lei le loro testimonianze e di come tutto sia partito per caso, portandola alla constatazione che la voce delle donne, vittime delle vessazioni del regime, fosse inesistente nei libri. Il dialogo si è poi concentrato sul concetto di memoria, sulla sua importanza e sul suo stretto legame con l’identità individuale e collettiva.
L’affluenza di pubblico è stata notevole e tanti, tra i presenti, erano visibilmente commossi, albanesi e non. L’incontro è stato molto apprezzato e definito interessante, realistico e informativo.
L’appuntamento è stato allietato dagli intermezzi musicali, al pianoforte, della musicista Eni Dibra Hoffmann.