Ho preso tra le mani il libro di Anila Wilms “La strada del Nord” con la sana diffidenza che riservo a chiunque si cimenti nella storia albanese dell’inizio 1900, periodo nel quale la documentazione storica è rara e contrastante.
Per di più, la sig.ra Wilms ha scelto di occuparsi di una delle pagine più oscure (e vergognose, va da se) della recente storia albanese: il romanzo, infatti, ruota attorno all’omicidio di due cittadini americani avvenuta a Mamurras nell’aprile del 1924.
Omicidio che avrebbe scatenato un scandalo pubblico in Albania, ma anche posto le basi per il colpo di Stato di Fan Noli da lì a pochi mesi. Argomento difficile, tosto, misterioso sul quale persino il buon Faik Konica si era rotto le corna. E se non ci era riuscito Konica – che pure aveva compreso la natura storica di quel gesto, e scriveva a pochi anni di distanza – che possibilità aveva questa Wilms di fare di meglio a distanza di decenni.
Ma Anila Wilms ha fatto di meglio, e io non sono mai stato così contento di ricredermi. “La Strada del Nord” parte da quell’omicidio per narrare l’Albania dei primi anni 20 in modo scorrevole e chiaro. Il personaggio principale e l’osservatore privilegiato è Julius Grant, neo ambasciatore americano a Tirana che dovrà confrontarsi con l’omicidio, ma anche con le premesse che hanno portato a quell’omicidio. Da questo punto di vista, il romanzo della Wilms è la naturale prosecuzione del mai terminato “Doktor Gjilpëra zbulon rrënjët e dramës së Mamurasit”. Non a caso, Konica non si interessava tanto del fatto in se, quanto ai motivi che avevano portato all’omicidio.
Materia delicata, si diceva. Persino i comunisti, prima allievi e poi maestri nel scrivere la storia a proprio piacimento, gente che aveva preso qualsiasi fucilata dal 1800 fino al 1945 e l’aveva inserito in un contesto socialista, avevano rinunciato a fare lo stesso con l’omicidio di Mamurras. E dire che si prestava bene: gli imperialisti americani amici del dittatore Ahmet Zogolli venuti a rubare il petrolio della nazione che trovavano l’avversione del fiero popolo albanese eccetera eccetera eccetera.
E anche questo da l’idea di quanto è complesso l’argomento trattato da Anila Wilms, quanto è facile scivolare e perdere l’obiettivo principale che rimane quello di raccontare una storia. Ma raccontare storie è pure sempre un modo per raccontare la Storia, e sotto quest’ottica il libro spiega bene cosa succedeva a Tirana negli anni 20. I
personaggi di Ahmet Zogu e Fan Noli sembrano veri, altrettanto veri e fedeli all’originale appaiono i vari bey, baristi, giornalisti e semplici curiosi. C’è un preciso lavoro storico dietro a questo libro, e non è un caso che l’autrice abbia una laurea in storia. Ma siccome conoscere la storia non è sufficiente per scrivere un romanzo, c’è anche un intuito e un talento letterario che riesce a trasformare quella storia in narrazione e giallo.
Uscito nel 2007 per la casa editrice albanese Onufri con il titolo “Nafta shqiptare, apo vrasja në rrugën e veriut” e sostanzialmente ignorato da tutti, è piacevole vedere come il libro è adesso disponibile anche in tedesco ed italiano, carico di vari premi letterari come il prestigioso Chamisso Preis. Esce per Keller Editore – ai quali vanno complimenti infiniti per avere creduto e per pubblicato un testo comunque marginale per il pubblico italiano, tra l’altro in una edizione molto bella – e non posso che consigliarvelo: è una lettura veloce, piacevole e, soprattutto, rende giustizia alla nostra Storia.
