Quando lo aveva visto su Google Earth, l’aeroporto di Tirana gli era parso un puntino insignificante, mentre adesso che ci metteva piede gli sembrava molto più grande di quanto non lo avesse immaginato. Se avesse usato una certa coerenza logica, riflettendo in modo razionale – proprio questo gli era mancato – avrebbe dovuto accorgersi che era esattamente il contrario: bastava considerare il passato non troppo lontano di questo paese che, secondo un consolidato cliché, i media occidentali e a volte, paradossalmente, anche quelli dell’Est definivano the poorest country in Europe.
Nel migliore dei casi quel puntino poteva corrispondere a una stazione ferroviaria di provincia, ma mai e poi mai poteva essere un aeroporto (avrebbe cambiato idea solo più tardi, vedendo gli aeroporti di altri paesi balcanici che assomigliavano a scatole di fiammiferi.

L’opinione
Si apre con un incipit curioso La piramide degli spiriti di Virgjil Muçi, un romanzo in cui il brillante autore albanese disegna accuratamente un’Albania in fase di riscatto. È il racconto dell’anti-eroe quello che vede protagonista Mark Mara, che dopo aver scontato una pena carceraria in America, decide di ricongiungersi con il suo Paese d’origine, approdando in un’ Albania a lui sconosciuta.
Le speranze che lo conducono in terra albanese sono innumerevoli e grandi, tanto quanto il disagio e la delusione con i quali si scontra al suo arrivo, derivanti dalla diversa percezione che Mark ha della nazione, ben lontana dalle sue rosee aspettative e dai racconti che ha più volte ascoltato. Le intenzioni dell’uomo sono buone, egli arriva con una grande voglia di rinascita, con l’urgenza e la necessità di seguire la retta via, non aspettandosi un mondo ammorbato dalla corruzione e dall’illegalità, in balia dei disordini e delle piramidi finanziarie. Ed è così che Mark Mara si perde nuovamente, smarrendo totalmente ogni sua buona volontà di diventare un uomo migliore.
Virgjil Muçi scrive questo La piramide degli spiriti con una penna potentissima, intrisa di ironia. L’autore presenta un mondo cinico, pesantemente problematico, in cui si innescano dinamiche sociali pericolose e distruttive e lo fa utilizzando la satira, che pur sdrammatizzandolo, non svuota il racconto della sua importanza. Attraverso il personaggio di Mara, Muçi vuole tracciare il percorso di transizione e riscatto dell’Albania, iniziato immediatamente dopo la caduta della dittatura e, a suo avviso, mai terminato.
È una strada lunga trent’anni quella percorsa dal suo Paese, sopravvissuto al regime sanguinario di Hoxha, che con una faticosa risalita cerca di trovare la sua dimensione: lo scrittore dona al percorso albanese una connotazione biblica, identificando l’Inferno con il comunismo, il Purgatorio con il cammino di transizione dell’Albania e il Paradiso con quella dimensione che la nazione vorrebbe raggiungere, ma che non ha ancora trovato.
La piramide degli spiriti – con cui Virgjil Muçi si è aggiudicato in Albania il premio Kadare 2018 – è un volume di quelli che possono definirsi “scritti bene”: la fluidità, gli ottimi contenuti ben esposti, la semplicità che non sfiora mai la banalità, la dovizia di particolari e tutta l’emotività che l’autore riesce a trasmettere al lettore, fanno del libro una godibile lettura, offrendo conoscenza, consapevolezza e svariati spunti di riflessione.