Fui leggera come l’aria quella mattina. Dopo una settimana di duro lavoro, avevo deciso di rilassarmi quel fine settimana. Per cui avevo spalancato tutte le finestre della casa. Aria fresca e pulita di primavera invadeva il soggiorno… il sole era alto nel cielo azzurro e piccole nuvole, come pezzi di zucchero filato, comparivano e scomparivano all’istante nell’orizzonte. Come mi sentivo bene! Un senso di felicità sprizzava da tutti i pori e potevo giustamente cantare Feel Good. Intuivo le note musicali della canzone che scorrevano dentro la mia testa, mentre preparavo la tazza di tè. Non mi sentivo da tanto tempo così e non riuscivo a spiegarmi il motivo di tanta eccitazione. Sembrava una tarda adolescenza. Mi sono goduta il mio tè preferito al gelsomino, ancora fumante, con una fetta sottile di torta ai frutti di bosco, avanzata dal pranzo del giorno prima e mi sono accomodata nella poltrona rossa, il mio posto preferito per leggere. Volevo stare in pace con me stessa, perciò avevo spento tutti i dispositivi elettronici: cellulare, iphone, ipad, televisione, radio. L’unica voce che mi andava di sentire era quella della natura, cioè il cinguettio dei passeri prima di spiccare il volo dai rami robusti del vecchio acero, che gettava ombra sull’ala ovest della mia casa, balcone e porta finestra compresi. Mi sentivo così, meravigliosamente bene, quella mattina, anche se i motivi precisi mi sfuggivano. I miei famigliari, marito e figli, a quell’ora erano lontano, a Parigi. George aveva una riunione importante di lavoro e, approfittando dei momenti liberi nel fine settimana, i ragazzi lo avevano accompagnato. Semplicemente non si sono lasciati sfuggire una tale occasione d’oro per scoprire la città dell’amore eterno. Io, presa com’ero negli ultimi dettagli del mio nuovo romanzo, non potevo muovermi da Monza. Ma in fondo sapevo che, quando avrei finito tutto, avrei organizzato delle belle vacanze a Parigi, con tutta la mia famiglia. Non vedevo l’ora!
In quel momento m’invitava il profumo di erba appena sbocciata in giardino e il giallo delle prime margherite che imitavano il sole. Uscii con passi leggeri a prendere una boccata d’aria e mi sentivo già ubriaca. Sì, ubriaca di felicità. Davanti a casa mia si estende un bel bosco, verde germoglio. Dopo aver messo la giacca tweed sulle spalle, sentivo meno la brezza di maggio, che comunque era ancora fresca. I gelsi erano mezzi spogli, dietro le prime foglie appena sbocciate. Le prugne fischiavano già sotto il cielo aperto e ovunque regnava l’armonia. Tra l’erba e le margherite alzavano la testa i dandelion, che spiccavano il volo quando la brezza diventava più intensa.
Ho fatto un bel respiro, profondo, e quando ho riaperto gli occhi, ho sentito una vibrazione nella tasca. All’inizio non capii bene cosa fosse. Poi immaginai fosse il mio cellulare che avevo dimenticato nella tasca il giorno prima, quando ero rientrata a casa stanca.

L’opinione
Si chiama Luljeta Rama l’indiscussa protagonista di questo La ragazza dal mantello verde di Leonor Mayer, (pseudonimo di un autore o un’autrice, probabilmente italofono/a, che a detta dell’editore desidera l’anonimato), pubblicato nel 2022 dalla casa editrice Kimerik.
Attraverso le vicende che coinvolgono una giovane albanese, si ripercorrono le tappe più salienti della Storia d’Albania inerenti il periodo che intercorre tra la gli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Mayer racconta, tramite gli occhi della giovane figura principale del libro, le devastazioni politiche e sociali perpetrate dal regime nei confronti della popolazione soffocata nella morsa del totalitarismo.
Non solo i fatti sono narratori, ma anche le emozioni che prova la piccola Luljeta riescono a descrivere vivacemente il suo più intimo vissuto nella Tirana dell’epoca, che la vede diventare una donna acculturata e amante dell’arte letteraria.
È una scrittura pulita quella di Mayer, che vuole consegnare al lettore un pezzo di Storia senza appesantire il testo, introducendo, nel parallelismo che coinvolge la protagonista e l’Albania, importanti tematiche, come i turbamenti adolescenziali, il ruolo della famiglia nell’evoluzione dell’individuo, la salvaguardia dei diritti delle donne. Chi scrive desidera fortemente concedere a Luljeta il riscatto dopo tanta sofferenza; ci troviamo, pertanto, di fronte a un libro a lieto fine, senza che a comporlo siano storie scontate.
La ragazza dal mantello verde è un romanzo godibile, contraddistinto da un discreto profilo divulgativo, nonostante il ginepraio di personaggi che lo animano. È un vero peccato che la casa editrice non si sia adoperata in una buona opera di revisione del testo, che presenta evidenti e gravi errori, come il passaggio da un tempo verbale a un altro, oppure l’errata collocazione delle preposizioni articolate nel contesto delle frasi.
Nulla si sa dell’autrice o dell’autore che scriverebbe sotto falso nome; un’informazione basilare, quest’ultima, della quale non si trova alcuna traccia nelle informazioni che accompagnano il volume. Risulta incomprensibile come si possa trascurare un particolare così importante. Una tale omissione va a discapito di chi ha siglato il testo e del libro stesso, rischiando di lasciare entrambi nell’oscurità perenne.