È di recente divulgazione la notizia dell’assegnazione del Premio Lattes Grinzane 2022 a Pajtim Statovci, per il romanzo Gli invisibili. A proclamare la sua vittoria sono stati i voti di 400 studenti di 25 giurie delle scuole superiori (24 in Italia e una ad Atene), coinvolte nel progetto.
Quando sullo schermo comparve il messaggio di Ville, smisi di leggere. Un minuto dopo Ville era alla porta e mi diceva ciao e io gli rispondevo ciao e il suo sguardo si avvitò per un momento tra le dita dei piedi e l’attaccatura dei capelli. Fu allora che trovò il coraggio di entrare. “Sei proprio carino” gli feci. Ville emise un grugnito, poi si mosse goffamente, fece un passo all’indietro, tenendo la mano destra dietro la schiena, a momenti usandola per sostenersi. Ma era un giochetto che conoscevo, per cui gli dissi ehi, davvero, sei proprio carino, mi hai sorpreso quando sei apparso sulla porta, poiché mi aspettavo un tipo diverso, che mi avessi solo detto tante balle sul tuo conto. Così avrei fatto io. “Posso andarmene se vuoi”. Aveva un tono di voce esitante e umile, come quello di un bambino, e distolse lo sguardo sbuffando come mosso dall’intenzione di rassicurarmi su qualcosa. Tipo: Non ho l’abitudine di fare roba del genere. Oppure: Mi sono loggato sulla chat in un momento di debolezza, non so cosa avevo in mente. Come volendo farmi sapere di aver già pensato in anticipo tutto ciò che poteva accadere. Potrebbe avere una malattia venerea, potrebbe essere Dio sa chi, potrebbe farmi del male, va’ a saperlo. “Non voglio che te ne vada”, risposi io e tentai di afferrarlo per la mano, ma lui si divincolò e tornò a nasconderla dietro la schiena.

La trama
Si ritrova tutto il talento della bella penna dell’autore kosovaro di adozione finlandese in questo L’ultimo parallelo dell’anima, il libro vincitore del Premio Helsingin Sanomat, che racconta la sofferta interiorità di Beqim, un giovane immigrato omosessuale. È un’anima tormentata la sua, caratterizzata da una profonda conflittualità e un malessere che gli impediscono di avere una visione lucida del mondo.
Siamo in Jugoslavia durante i controversi anni Ottanta; Emine è una giovane musulmana, figlia di una famiglia povera. Un giorno Bajram, un uomo benestante, la vede e decide che deve essere sua; quando chiede la mano a suo padre, egli la concede senza esitazione alcuna. Bajram è un bell’uomo, decisamente benestante e quindi non hanno alcun peso i suoi modi bruschi e violenti, che fanno presagire una vita infelice.
Una volta sposati, l’uomo non mostra alcun rispetto, picchiando la moglie e riducendola a serva. Nello stesso giorno del loro matrimonio muore Tito e la minaccia della guerra si fa gravissima, tanto che nel 1993 la coppia, che nel frattempo ha avuto un figlio, decide di lasciare la propria terra, rifugiandosi in Finlandia.
Si ritrovano in un Paese particolarmente freddo e per loro la vita diventa ancora più complicata. Le difficoltà e il malessere si insediano nell’anima del loro figlio, che si ritrova a condividere la sua sofferente esistenza con due originali figure: un serpente boa, il suo migliore amico e uno strambo gatto parlante.
L’opinione
È l’incanto della schiettezza a contraddistinguere il romanzo di Statovci, che affronta con lucida drammaticità potenti argomentazioni come la guerra, l’immigrazione e la violenza di genere fisica e psicologica. Il protagonista vive nel disagio, nella costante umiliazione, in una sorta di sbigottimento dell’anima, a causa della sua condizione di omosessuale che sente estranea al suo essere.
Beqim è oppresso dalla confusione e dall’incertezza, è pervaso da una sensazione di profonda amarezza per la mancanza del senso di appartenenza: non sente di essere parte del suo Io, del proprio corpo e della propria anima. Non avverte alcun legame con la Finlandia che lo ha accolto e nemmeno con il Kosovo da dove è partito. Quest’ultima, forse, è la condizione di ogni immigrato, ma la sua è diversa: Beqim si sente estraneo dentro e fuori.
L’ultimo parallelo dell’anima è un volume impegnativo, che sviscera in maniera cruda le sensazioni più recondite di un’anima dolorosamente ferita dall’incomprensione di se stessa, non facilitata dal contesto sociale e culturale in cui cresce e tenta di evolversi.
Statovci, con una scrittura dolorosamente fredda, narra con determinazione e al contempo con grande sensibilità, del mondo oscuro di chi viene additato, giudicato, emarginato e malmenato a causa della sua naturale condizione resa invisibile ai suoi stessi occhi.
Meritano un’attenzione particolare le metafore introdotte dall’autore nel racconto: il serpente è un animale amato da Beqim, pur essendo lo stesso che terrorizzava i suoi sogni di bambino e il gatto è una figura dal profilo irrealistico. Entrambi costituiscono l’immagine speculare di una società che si edulcora senza ritegno, dalla quale il protagonista desidera essere accettato e che allo stesso tempo gli fa paura, confondendolo.
L’autore racconta di una collettività evoluta e profondamente ignorante, della guerra che pervade le menti e che costituisce un fine pena mai nell’animo del protagonista. Statovci trascina il lettore in una storia importante, da leggere e assimilare, sulla quale riflettere, lanciando pesanti accuse contro il mondo giudicante e impietoso, contro la violenza gratuita che uccide realmente o che crea morti viventi, con la speranza che un giorno, il muro delle barbarie possa essere abbattuto.