Davanti alla piazza gremita di gente / quanti fantasmi potrei scovare / quanti argini da contenere / che passano inosservati / ognuno sembra indisturbato / con una meta ben definita / ogni dettaglio è in ordine / ogni movimento ben delineato / un quadro realista di quelli fatti bene / senza disturbare i miei visitatori / mi ritiro / non è il momento / non è il momento
Il leggero transito delle parole è l’ultima raccolta poetica di Griselda Doka, pubblicata da Macabor Editore a marzo 2023, che va a impreziosire, ulteriormente, la collana diretta da Bonifacio Vincenzi, I fiori di Macabor. I luoghi di transito e i momenti di vita corrono paralleli nei versi impetuosi che animano l’antologia, creando una delicata cornice, all’interno della quale Griselda incastona il suo IO, libero da vincoli e prudentemente contorniato da una limpidezza fatta di sofferenza, di fierezza, di ricerca continua dell’equilibrio e di quella stabilità, che nonostante tutto, non viene mai a mancare. La poetessa non trascura i ricordi che sembrano illusoriamente svanire, rimanendo legati, oltremodo, al vissuto del singolo, che si proietta, senza esitazione alcuna, in quello della collettività. La poesia della Doka, che racconta senza mai cedere a prevedibili forme di esposizione, è frutto di una penna razionale, consapevole e matura, capace di arrivare al lettore in tutta la sua interezza.
Griselda Doka è nata a Tërpan, Berat (Albania) nel 1984. È Dottore di Ricerca in Studi letterari, linguistici, filologici e traduttologici presso l’Università degli Studi della Calabria.
Attiva come operatrice culturale, organizza e partecipa ad eventi sul territorio ed è membro di varie giurie letterarie. Oltre alla sua lingua madre, scrive anche in italiano. Ha pubblicato Soglie con Aletti Editore nel 2015, la silloge bilingue Solo brevi domande esiliate (Fara Editore 2015), e Dimentica chi sono (Fara Editore 2018).
Ha vinto vari premi letterari, tra cui il Premio della Critica al Poetry Awards a Napoli 2016, Scrivere Altrove, Cuneo 2018, Premio Internazionale L. S. Senghor 2018, Faraexclesior 2018. Sue poesie sono state tradotte in albanese e in russo. Vive e lavora in Calabria come docente di lingue e mediatrice interculturale.
Dalla prefazione di Silvano Trevisani
Le stazioni, i passaggi, i terminal sono, quindi, il collo della clessidra attraverso la quale il tempo diventa memoria, diventa presenza, diventa progetto ma sempre trascinandosi e filtrando i granelli che da un bulbo all’altro dell’esistenza si manipolano e si capovolgono per svuotarsi e riempirsi. Il poeta, così, diventa un pendolare delle emozioni, che ad ogni stazione, si acutizzano, si impongono, come il battito del cuore nella solitudine della notte. (Su questi binari tutto cambia / in migliaia di sguardi / riconosco quello vero / la presenza / l’eterna ricerca dei perché…). Perché sono i momenti di passaggio, che le stazioni rappresentano in maniera perfetta, quelli nei quali le emozioni si condensano e, per un poeta, si trasformano in versi, sintetizzando le storie per rappresentarle. In quest’ultima raccolta, Griselda porta a maturazione i temi sparsi nelle tre raccolte precedenti, quando il confronto con il “passaggio” da una “stazione” all’altra era ancora riepilogo, messa a fuoco, ripartenza. Quello della vita che è ora trascorso ha chiarito, ha precisato il bagaglio che il viaggiatore porta con sé. […] Interessante è la capacità di analisi che dall’io poetico si sposta al mondo intorno, alle persone amate, creando una relazione biunivoca, ma rimanendo su uno stesso piano interpretativo, quando, a volte, la qualità della vita degli altri si misura dalla capacità/volontà di muoversi, di mettersi realmente in gioco.
Dalla postfazione di Anna Lattanzi
Sono i luoghi di transito i leitmotiv dell’antologia ed è partendo da questo punto che l’autrice pone la lente d’ingrandimento sull’umanità che circola in quei mondi, anche solo per pochi istanti. In realtà, Griselda Doka permette allo sguardo del lettore di andare oltre la lente, consentendogli di osservare con grande curiosità e, a tratti, con fanciullesca morbosità, le parti più recondite del suo IO, che esprime attraverso i pensieri di chi la circonda, tramite lo sguardo rivolto al cielo o con la speranza e l’urgenza di sentire che domani o forse più tardi / aprirò la porticina bianca / tu verrai a schiarire un po’ di disordine / berremo del tè, del caffè / o del Mate se preferisci / Mi racconterai di altri inverni, mai cominciati / di stagioni confuse e impolverate, / ma nulla avrà importanza / piccola meraviglia di colore. Sembra quasi che si voglia pressare l’oscurità che avvolge i luoghi di transito, insieme alla paura che alberga e alla solitudine che padroneggia, per trarne meravigliosi raggi di luce. Urge una fonte di genuina luminosità, capace di far brillare quelle vite sfuggenti, tristi e gioiose, interrotte seppur vivide e che, di riflesso, possa rischiarare l’intimo della poetessa viandante, in una vita che toglie e spesso non restituisce e che implora di essere assaporata anche nella sua asprezza.