Argita e Detina Zalli sono gemelle e hanno lasciato l’Albania in uno dei periodi più bui della sua storia, andando incontro a tutte le esperienze che vive, chi è costretto ad abbandonare la propria terra. Dal loro vissuto è nato un libro, edito in lingua inglese, in seguito tradotto in albanese e pubblicato da Botime Pegi. Ho incontrato Detina in occasione della sua presenza alla Fiera del libro di Tirana 2023. Buona lettura.
La storia narrata in Miremengjes, shprese prende spunto dalla tua vita e dalle vicende che hai vissuto con la tua famiglia. A un certo punto, vai via dall’Albania, diretta in Inghilterra con tua sorella e i tuoi genitori…
Esatto. La situazione, nell’Albania del 1997, era drammatica; io avevo dieci anni e vivevo nella costante paura che qualcuno potesse uccidere mio padre. In quel periodo, tante ragazze venivano portate via con la promessa di una vita migliore, per poi ritrovarsi nel giro della prostituzione, in Grecia o in Italia. I miei genitori desideravano un bel futuro per noi.
Come hai vissuto il cambiamento?
Intanto, è stato un viaggio difficile e molto traumatico: ci avevano detto che saremmo andati in Inghilterra con l’aereo, ma era tutta una bugia, perché ci hanno portato utilizzando una nave di fortuna. Immaginavo una vita bellissima, piena di giocattoli, ma mi sono dovuta immediatamente ricredere. Io e mia sorella siamo diventate i genitori di mio padre e mia padre: ce la cavavamo con la lingua e dovevamo trovare le soluzioni ai problemi, come parlare con gli avvocati, per esempio.
Ci sentivamo ripetere in continuazione che era impossibile rimanere, che avremmo dovuto fare ritorno in Albania, ma noi non potevamo tornare: mio padre aveva perso il lavoro, la situazione interna era ancora difficile. Non abbiamo avuto un’infanzia, oltre ad aver subito gravi episodi di razzismo. Dopo la scuola, lavoravamo tante ore, per sdebitarci con chi ci aveva prestato i soldi per andare via dal nostro Paese.
Chi sei oggi?
Una volta passato il periodo peggiore, ho terminato gli studi e mi sono inserita nel mondo del lavoro. Ho avuto la fortuna di lavorare con professionisti di spessore, nel settore delle scienze e dell’educazione e di conseguire il dottorato in Inghilterra, dove ho collaborato con uno scienziato molto conosciuto.
L’America è stata la mia casa per sei anni; qui ho organizzato corsi dedicati ai medici, in collaborazione con alcuni Premi Nobel. Successivamente sono tornata in Inghilterra, dove ho coordinato tanti corsi dell’Università di Oxford e ora sono a Cambridge.
Parliamo di Miremengjes, shprese, di cui sei co-autrice.
Argita e io abbiamo iniziato a pensarci quando avevamo tredici anni. Non narriamo la nostra storia, bensì quella di tanti migranti albanesi, che hanno dovuto superare prove enormi per arrivare dove sono. Loro, proprio come noi, non hanno avuto molta scelta.
Che tipo di riscontro avete avuto da parte dei lettori?
Il libro, che si è aggiudicato tre premi nell’arco di otto mesi, è stato pubblicato in America, in lingua inglese. Fortunatamente, abbiamo avuto la critica dalla nostra parte, con molti commenti positivi. Del resto, il fenomeno migratorio è attuale e la nostra esperienza è simile a quella che tanti giovani stanno vivendo.
Cosa ti aspetti dalla pubblicazione in Albania?
Che la gioventù comprenda, soprattutto chi non ha percorso la nostra stessa strada. Nulla è dovuto, tutto si deve guadagnare e a volte, per poter realizzare i propri sogni, è necessario rischiare.