In occasione della presentazione del libro La politica come idea. Riflessioni, (nella traduzione di Ida Xoxa), svoltasi presso il Senato della Repubblica, il 25 ottobre 2023, che ha visto la partecipazione di diversi personaggi, sia della politica, (la Senatrice Gisella Naturale, il Deputato Arnaldo Lomuti, Presidente della Sezione Bilaterale Interparlamentare Italia Albania, l’Ambasciatore della Repubblica d’Albania in Italia, Anila Bitri Lani e Arben Pallumbi, Deputato in Albania), che del mondo del libro, ( Irena Toçi di Botimet Toena, Mauro Bonanno di Bonanno Editore e della scrittrice Diana Çuli), ho avuto modo di conoscere l’autrice, Valentina Leskaj, che, in un secondo momento, mi ha gentilmente rilasciato la seguente intervista.
È, innanzitutto, una chiacchierata sul suo libro, che si è estesa ad altri argomenti, alcuni dei quali, drammaticamente attuali. Buona lettura.
Nel libro La politica come idea traccia il percorso politico-sociale dell’Albania degli ultimi trent’anni. Quanto pensa che la politica abbia influito sullo sviluppo collettivo e individuale del suo Paese?
La sua domanda meriterebbe una risposta dettagliata per essere esaustiva; potrei dire però, nel rispetto della cornice di un’intervista, che quando si parla di sviluppo, sia individuale che collettivo, la politica riveste, inevitabilmente, un ruolo molto importante.
Per l’Albania, uscita dal regime comunista, il passaggio a una democrazia liberale e a un’economia di mercato sarebbe stato impossibile senza ciò che viene etichettato come “influenza politica”. La politica ha avuto un impatto importante su tutti i processi di sviluppo del Paese, sia economici, che sociali e d’integrazione euroatlantica.
In questi ultimi trent’anni, i nostri governi, chi più e chi meno, hanno avuto il proprio ruolo nei processi di sviluppo del Paese e posso solo confermare che molto è stato in positivo. Le riforme che hanno trasformato l’Albania, la legislazione che abbiamo tenuto, la realizzazione dell’intero impianto istituzionale quale garante per l’osservazione delle leggi, hanno costituito delle basi molto importanti.
Crede sia sufficiente quanto raggiunto fino a ora?
Difficile dirlo. I processi, che hanno segnato il progresso, non sempre sono stati lineari: si sono verificati diversi alti e bassi. Siamo consapevoli che avremmo dovuto fare meglio e che il percorso verso la vera democrazia, in cui la legge deve funzionare secondo i parametri di una società moderna, garantendo alla popolazione una qualità di vita in linea con gli standard dei Paesi sviluppati, sarà lungo.
Nel libro racconta le dinamiche sociali dell’Albania di ieri e di quella di oggi, sottolineando il ruolo fondamentale della politica in tale evoluzione. Esistono ancora, secondo lei, alcune condizioni ferme al passato, che non sono andate a passo con i tempi e che, nonostante questo, conservano un ruolo nella società e nella politica odierna?
Difficile affermare se si è andati, o meno, a pari passo con il tempo su ogni aspetto; parliamo di una società con un’eredità deficitaria nell’ambito della democrazia, con un’economia arretrata, in un isolamento totale dove la sperimentazione comunista ha trovato la sua attuazione nella forma ortodossa più estrema. In realtà, tuttora abbiamo delle problematiche causate dai retaggi del passato, che si uniscono agli effetti collaterali suscitati dai processi di trasformazione.
Non di rado, le nostre considerazioni, sull’andamento evolutivo del Paese, vengono condizionate da fattori legati all’estenuazione e alla delusione delle società uscite dai regimi comunisti, le cui aspettative, con la caduta delle cortine di ferro, sono state assai alte, ritenendo la democrazia e la prosperità come punto d’arrivo, qualcosa di realizzabile la democrazia e la prosperità come punto d’arrivo, qualcosa di realizzabile in un momento, anziché un processo che richiede impegno e investimento. Questo fenomeno si è verificato anche in altri Paesi ex comunisti, nonostante i diversi ritmi di progresso compiuti dagli stessi. Molte di queste nazioni, oramai da anni, sono membri dell’UE.
Tanto lavoro è stato fatto, dettato dalla volontà politica, dalle leggi messe in atto, dalla realizzazione dell’intero impianto istituzionale, quale garante per l’osservazione delle leggi. Tutto ciò costituisce una base molto importante, anche se, come sostiene Vaclav Havel, si tratta di “democrazia tecnica”. Lo stesso afferma che “la tecnologia della democrazia, priva della cultura democratica, è inconcepibile” : insomma, la mentalità democratica non è cosa facile da coltivare e far crescere. Puoi modificare le leggi, le regole, ma cambiare la mentalità è un processo irto di difficoltà, che richiede tempo.
Nel mio libro La politica come idea, che è una riflessione e un’analisi su alcune questioni a cui va incontro la nostra società, ho posto l’accento su alcune problematiche inerenti la modalità di funzionamento della politica, come la maturità democratica della società, la cultura del dialogo, i negativi fenomeni demografici, le questioni legate alla coesione sociale, ovvero ai rapporti con il prossimo, al linguaggio dell’odio, ecc. Parte di questi problemi non riguardano solo l’Albania ma, addirittura, anche Paesi che vantano un’ampia cultura democratica.
Come ho accennato prima, alle già esistenti problematiche, si aggiungono le nuove sfide che accompagnano il processo di sviluppo, quali lo spopolamento, il delicato rapporto tra la libertà di espressione e le potenzialità della tecnologia nel penetrare nelle reti sociali, spesso anche nella vita privata e il rispetto dell’individuo; queste ultime sono prove non facili da affrontare. L’apertura del Paese, la libertà di espressione, il pluralismo mediatico, sono obiettivi raggiunti di grande importanza, mentre il modello di comunicazione basato sulla ragione, sugli argomenti, sul dibattito sano, si sta perdendo nel tempo.
L’Europa stessa si sta interrogando su come far fronte al fenomeno del linguaggio dell’odio, che è alla base dell’estremismo politico, del radicalismo religioso e di altre azioni, che gli trasmettono ai media sociali un idioma non pertinente. Sono del parere che questi temi necessitino di un dibattito ben più ampio. Certamente, ci sono poi anche altre argomentazioni ereditate dal passato, che andrebbero affrontate e che meritano una discussione a parte.
Parliamo dei rapporti interpersonali, quelli a stretto contatto con la gente: quanto sono stati importanti per lei e quanto l’hanno realmente aiutata nel suo percorso politico e nel suo ruolo di Ministro?
In primis, ritengo che al centro della politica e della sua azione debba esserci l’uomo, i suoi interessi e le sue esigenze, altrimenti essa non registrerà alcun successo. Se manca tale indispensabile connessione per ambedue i poli, difficilmente la politica avrà la sua efficacia.
Personalmente, dopo una lunga esperienza nei media e come docente di economia politica presso l’Università di Tirana, sono entrata nel mondo istituzionale, seguendo le fila della società civile che coltiva i rapporti con la gente, che sono stati i veri promotori e l’unica forza motrice della mia attività.
L’informazione, l’energia positiva che questi rapporti ti trasmettono, ti danno la panoramica della vera Albania, non di quella virtuale. Tutto ciò mi è stato di grande aiuto, sia in veste di Ministro del Lavoro e del Benessere Sociale che di membro del Parlamento, nella realizzazione delle riforme e nell’elaborazione di strategie orientate verso il rispetto dell’uomo e della dignità umana, un diritto fondamentale questo, che mira alle pari opportunità e alla coesione sociale. Sicuramente questa è una sfida difficile, ma non impossibile da affrontare.
Il suo impegno in campo femminista è stato notevole: cosa ne pensa della situazione odierna dei movimenti femministi?
Il femminismo, seguendo la traiettoria dello sviluppo sociale, ha attraversato diverse fasi e, in alcuni casi, ha addirittura contribuito all’evoluzione collettiva. Oggi vige un altro concetto e un’altra forma di femminismo, cosa più che normale, considerati i cambiamenti che si sono registrati nel mondo globale, caratterizzato da numerose opportunità, ma anche da nuove lotte. Mi riferisco alla riformulazione del concetto sui diritti delle donne, volto alla parità uomo-donna, elemento che testimonia un’importante e radicale evoluzione.
In Albania, il movimento femminista è giovane, (non ha percorso la stessa strada degli altri Paesi sviluppati, che non hanno vissuto il periodo del comunismo), e nonostante i cambiamenti che hanno contribuito a migliorare le condizioni di vita della donna, soprattutto nell’istruzione, nel collocamento, nella maternità, ecc., rimane di carattere ideologico. Dopo la caduta del regime, il movimento femminista albanese ha subito l’influenza occidentale e, unitamente al movimento per i diritti umani, è stata una fra le prime organizzazioni della società civile.
In realtà, molte cose sono cambiate in meglio. Oggi abbiamo un sistema normativo e la politica di genere simili agli standard dei Paesi sviluppati e ciò, grazie anche, a quello che lei ha definito “campo femminista”, che ha contribuito con azioni concrete, portate avanti con competenza. In ogni caso, sono convinta che la questione della parità non può essere risolta solo con un sistema normativo o con delle politiche di genere pur molto favorevoli e ben fatti.
Parliamo comunque di un buon inizio, che non costituisce il traguardo. Nonostante tutto, abbiamo raggiunto dei successi significativi nella partecipazione delle donne alla vita politica, soprattutto a livello di governo centrale e al Parlamento. Dieci anni fa, le donne occupavano il 6.7% dei seggi e c’era solo un ministro donna. Oggi, il numero delle donne è di cinque volte superiore e questo non è poco. Attualmente, l’Albania si conferma al quarto posto nel mondo per quanto riguarda la partecipazione delle donne al governo; dieci su sedici ministri sono donne, ovvero il 62,5% della composizione del governo e un vicepremier è donna.
Nella Pubblica Amministrazione il numero delle donne ha registrato un forte incremento e potrei affermare che il nostro livello di quote rosa supera quello di molti Paesi sviluppati. Non si tratta solo di questione di cifre: la verità è che le donne, ormai, sono alla guida in molti settori importanti.
Il fenomeno dilagante dei femminicidi è noto a tutti, sia in Albania che in altri Paesi come l’Italia. A suo avviso, cosa si dovrebbe fare in campo legislativo, affinché si possano creare i giusti deterrenti per arginare la violenza sulle donne e fermare i loro assassinii?
Come ha detto, la violenza di genere rimane, tuttora, un problema. In realtà abbiamo fatto dei progressi in materia di legislazione, abbiamo buone leggi e in questi ultimi anni sono stati istituiti degli appositi meccanismi istituzionali di attuazione. Tuttavia, esiste un abisso tra le buone leggi e la qualità di implementazione delle stesse.
Per di più, sono del parere che, oltre al rafforzamento dello stato di diritto, sia necessario concentrarsi sulla prevenzione e, tra i vari fattori che possano incidere su questo, vi è anche quello del potenziamento del ruolo della donna. Indubbiamente, quest’ultimo rappresenta l’elemento chiave nella lotta contro questo tipo di violenza. Una donna ben istruita, che lavora, economicamente indipendente, non si sente inferiore all’interno della famiglia ed è meno vulnerabile nei confronti di eventuali soprusi sul luogo di lavoro.
Spesso la violenza di genere fa pensare ad azioni di polizia da adottare, ma ciò non basta, poiché essa è un problema sociale, economico e culturale complesso, per cui urge un’articolata risposta.
Dobbiamo portare avanti il percorso di potenziamento della figura femminile, diventato un diritto individuale e un’esigenza della società. È importante sensibilizzare le donne e la collettività, affinché si comprenda che la parità di genere non è semplicemente una questione morale, ma anche un diritto umano, il cui rispetto è un dovere per tutti e non solo per le dirette interessate. Non è una battaglia solo delle donne.
Ovviamente, la soluzione di questo paradigma richiede un approccio integrato e inclusivo. Nonostante in Albania, in questi ultimi anni, si sia registrata un’elevata sensibilità verso gli atti di violenza di genere, ciò grazie anche al ruolo del movimento femminista e quello dei media, il dibattito rimane ancora periferico.
La riabilitazione e la reintegrazione delle vittime di violenza spesso vengono ritenute di pertinenza esclusiva delle associazioni che tutelano i diritti delle donne. In realtà, sia la tutela che la riabilitazione e la reintegrazione sono di competenza dello Stato. Le associazioni svolgono un ruolo molto importante ma non basta, considerato che le stesse non sono dotate degli strumenti e dei poteri esecutivi per fornire una soluzione adeguata..
Due parole sul futuro dell’Albania, secondo lei.
Considerati i risultati raggiunti dall’Albania, personalmente lo vedo sotto una luce positiva; inoltre, ritengo che siamo in una buona fase per fare di più e fare meglio. I progressi sono palpabili. I dati più recenti forniti dagli organismi internazionali sono incoraggianti per il futuro del Paese. Persiste una dinamica che dimostra che le cose stanno andando avanti. Lo sviluppo economico, in generale, e del turismo, in particolare, sono più che evidenti.
Non è una semplice questione di cifre; parliamo di bellezza del paesaggio albanese, che è stata sempre lì. Tale sviluppo è legato anche ad altri fattori quali, le infrastrutture, l’immagine, la sicurezza, la cultura, ecc.
Il più recente Progress Report dell’UE per l’Albania, è stato uno dei più positivi mai avuti ed è ovviamente una conferma dei risultati già raggiunti ma, anche, dell’acquisizione di una grande responsabilità. Più ci avvicineremo all’UE, più grandi saranno le sfide. È come il mare: se stai vicino, ti attrae, però saper nuotare è tutt’altr’altra cosa: devi essere allenato per poterlo fare.