Pietà per la nazione che indossa abiti che non ha tessuto
e mangia pane che non ha mietuto.
– di Kahlil Gibran
Con questi versi filosofici di Kahlil Gibran inizia un’opera unica dell’autore Arian Leka. La pubblicazione dal titolo “Mappa muta per gli annegati” che di recente ha segnato la letteratura albanese, tratta un tema assai attuale che lega l’Albania alle questioni dell’emigrazione – la crisi che oggi ha inchiodato l’Europa.
L’opera ci offre una panoramica multidimensionale del mare come una opportunità, un confine e sepolcro dei sogni degli annegati e dei dispersi nel Mediterraneo. Questo volume viene dedicato anche ai particolari legami storici degli albanesi con il mare, soffermandosi soprattutto sulle sensazioni e sulle esperienze degli anni in cui ha preso il via il loro sogno per poter unirsi all’Europa attraversando il mare che non di rado e’ finito in tragedia.
Le peculiarita’ di questa pubblicazione, di interesse anche per gli studiosi della letteratura, consistono proprio nell’intreccio, con finezza e forza, della poesia alla prosa poetica, del giornalismo di cronaca al saggio artistico, agli articoli di studio di riferimento albanologico e filologico nonche’ alla sacra scrittura come una tecnica postmoderna dei frammenti in un approccio originale verso le tecniche della scrittura e le prospere figure letterarie. Questa pubblicazione costituisce una chiara testimonianza del legame intrinseco tra il talento e la sapienza, tra le conoscenze sul mare e la straordinaria maestria artistica dell’autore per metterli tutti insieme in un unico volume. L’intreccio di questi generi letterari, simili a una polifonia, e la forma in cui vengono rappresentati rendono questo volume assai particolare.
Anche dal punto di vista formale il libro “Mappa muta per gli annegati” ci offre delle sorprese. Ciascuna delle poesie si racchiude in due notizie – cronaca e ti da la sensazione di essere inserite in una camicia di forza che, pur essendo lirica, non permette alla poesia di scordare la tragedia. Anche dal punto di vista grafico il libro ti coinvolge, dopo averti trascinato tra le coordinate geografiche della navigazione che indicano le direzioni misurate in gradi, che in realta’ servono a numerare le pagine del libro. Tutti i Paesi del Mediterraneo, dall’Est all’Ovest, dall’Egeo a Gibilterra, ma sempre non allontanandosi alle coste albanesi, allo Ionio e all’Adriatico, sono parte integrante di questa grande saga.
Il mare del luogo di nascita, questo Leviatano dell’autore, che con le poesie e i saggi rappresentati in questa pubblicazione innalza e, nel contempo, demolisce il suo mito, si propone non solo come un mare naturale dai paesaggi intimi ma anche un mare del lavoro, dello sforzo e del sacrificio per sopravvivere.
Questo mare delle liberta’, ma non particolarmente lirico, questo mare del tentativo di fuga, delle separazione e degli incontri, e’ il vero mare di questo volume. Esso e’ inoltre il mare dei cantieri in cui vengono costruite le navi, del mare Porto in cui si attraccano le navi, come in una prigione, per non evadersi e il mare della flotta mercantile in cui le navi si allontanano dalle coste nazionali, mentre il pane sa di amara mancanza e paura. Nel volume “Mappa muta per gli annegati” questi mari assomigliano al mare mitico – storico da cui sono spuntate non solo le guerre, le epidemie, le invasioni, gli amori e i tradimenti rappresentati nell’Epos, ma anche gli scambi, la prosperita’, il multiculturalismo delle civilta’, gli strumenti delle professioni, la maestria della manodopera e la lingua franca della costa. In nome di questa memoria, coloro che hanno vissuto vicino al mare, pur spesso bestemmiando le sue acque e le sue coste, hanno sempre saputo che il mare ha offerto a loro un immenso spazio spirituale per non sentirsi rinchiusi nel loro guscio e prigionieri dei confini politici della dittatura.
Non e’ molto facile decifrare il linguaggio delle poesie e, spesso, i poeti non scrivono per essere compresi. Questa volta Arian Leka ha chiaramente scritto per coloro che sono rimasti e per coloro che sono andati via, per ieri e per oggi, ricordandoci che i regimi, pur facendo finta di non vederli come nascono e crescono sotto i nostri occhi, non smettono mai di riprodurre ovunque il loro continuo e quotidiano Olocausto.

Le poesie e i saggi accompagnati, a volte da passaggi della cronaca nera, altre volte da versi biblici del Messale di Giovanni Buzuku e, altre volte ancora dai pensieri dei filosofi, creano una rete emozionale rendendosi nel contempo una pungente testimonianza della corruzione spirituale, frutto delle politiche autoritarie e neo liberali che hanno trasformato il Mediterraneo in un sepolcro, il libero mercato della manodopera in un mercato di schiavi e il corpo umano in una bancarella in cui si comprano e si vendono gli organi e il sesso. L’opera mette in luce i rapporti umani trasformati in merce, l’apatia di una societa;’ condannata all’amnesia, che si e’ accomodata nel ruolo dell’osservatore guardando la realta’ come se fosse una telenovela mentre i sistemi continuano a produrre drammi collettivi, seminando campi profughi sulla terraferma e dei capannoni di annegati in mare.
L’autore, che sembra abbia scelto di essere visibile solo attraverso la sua opera letteraria e artistica, ci propone delle poesie straordinarie dedicate ai rapporti lirici e drammatici degli albanesi con il mare vero e il mare metafora, nel cui focus sono coloro che vivono vicino al mare e gli annegati, coloro che nell’allungare le braccia verso la costa non sono riusciti a tornare vivi. In questo mare ci sono anche i drammi di coloro che con un po’ di fortuna sono riusciti a costruirsi il futuro in Italia o in altri Paesi dell’UE, ma anche i destini di coloro che sono rimasti dei taciti testimoni.
Il punto centrale artistico del volume e’ il poema “Auschwitz marittimo”, una inconsueta immagine del Mediterraneo come campo di concentramento sottomarino e metropoli allegorica degli annegati in mare. Le capitali delle vittime delle tragedie marittime costituiscono la mappa immaginaria e sconvolgente del “nuovo umanesimo”, che ripristina in Europa la cultura dei campi, l’allestimento dei fili spinati nelle zone di frontiera e la costante discriminazione.
Nel libro l’Auschwitz non e’ geografia, nemmeno storia, ma epitoma, incarnazione e sigillo di vergogna itinerante che, in tempi diversi, lasciava l’impronta da uno stato all’altro da una nazione all’altra. La metafora Auschwitz cambia solo i luoghi, la geografia, da terraferma al mare, dalla montagna alla pianura, nel tentativo di ridurre tutto il mondo in un campo, di far diventare le tragedie personali in tragedie collettive e, da qui, in tragedie del mondo intero. L’universale metafora di Auschwitz rende indelebili le tragiche immagini di migliaia di emigranti, di uomini, donne e bambini che, una volta partiti dalle coste della Libia o della Siria nel loro percorso onirico verso l’Europa dalle bandiere blu hanno scelto le acque azzurre dei mari albanesi per annegarsi.
Il poema e’ una riproduzione degli scenari della tragedia attraverso l’emozione dei presenti e di coloro che la tragedia l’hanno guardata con freddezza dal mercato mediatico. I versi diventano un modo per credere che la parola sia in grado di salvare vite umane, tenendo viva la memoria della gente, di coloro che sono riusciti a sopravvivere alle tragedie in mare e per nutrire la fiducia che coloro che hanno perso la vita in mare possono vivere una seconda vita attraverso la forza della parola. Sembra che le parole siano oramai le nostre uniche navi attraverso cui possiamo salvare i nostri ricordi e che, senza quelle parole, il mare potrebbe affondarci di nuovo di giorno in giorno.
La critica mette in risalto che i testi di Arian Leka dedicati “al suo Paese a al suo luogo di nascita” sono un nodo che collegano l’attualità caotica con la storia del recente passato, con il comunismo, scendendo nei dettagli della storia. L’opera unifica la vita con i simboli marittimi dell’Albania mediterranea, rendendo inconfondibile la voce di questo autore che attraverso la peculiarità del suo linguaggio estetico fa uso del mare come una metafora globale che ha separato e unito il suo Paese alla cultura europea in cui Durazzo svolge il ruolo di confine, di spazio liminale, di ostacolo e di opportunità.
“La mappa muta per gli annegati” ha avuto delle ottime considerazioni e valutazioni di critica in Germania, Rumania, Austria, Croazia, Montenegro, Macedonia del Nord e Grecia, in cui sono state pubblicate parti del libro ed è stato oggetto di discussione dei programmi letterari mediatici locali, mentre si è in attesa della sua pubblicazione nei Paesi francofoni e in Italia.