Non posso dimenticare, amica di Zoom, mia cara scrittrice serba, la faccia di mia madre, che era dimagrita, allattando la più piccola delle mie sorelle mentre eravamo bloccati in un villaggio di montagna, circondati da soldati serbi. Un’opera monumentale dell’umiliazione. Della tristezza. La mia giovane madre, benedetta solo dallo scorrere del ruscello lì vicino. La letteratura era scappata. Verso i popoli pacifici. Lì non c’era arte. C’era morte. C’era sangue. E cadaveri umani trasportati dal fiume. Cara la mia Radmilla. Hai mai sentito il rumore di un proiettile che passa vicino all’orecchio? No, non ora. Intendo quando eri piccola. L’hai sentito? È incredibile. Quando capisci che non ti ha bucato. Il padiglione auricolare.
Punto, rifletti. Punto, comprendi. Punto, il mio dolore e quello della mia gente. Punto, il mio giudizio non giudicante. Punto, soffermati sulla realtà. Punto, i miei occhi di bambino. Punto, l’umiliazione di un uomo e di un popolo. Punto, il male che gli uomini infliggono agli altri uomini. Punto e respira, perché non è finita.
Ballata dello scarafaggio di Shpëtim Selmani, pubblicato a maggio 2023 da Crocetti Editore, per la traduzione di Fatjona Lamçe, è un libro necessario. L’autore, nel suo racconto, fa un uso smodato di punti fermi; sembra voler dare al lettore il tempo di prendere fiato, di pensare, di vivere, leggendo parole che tolgono il respiro, che proiettano la mente verso l’incredulità, che conducono il pensiero in un mondo senza tempo.
La letteratura
Una penna appassionata quella di Selmani, autore tra i più apprezzati in Kosovo, che, in questo volume d’esordio in Italia, traccia il percorso della sua vita, (intersecandolo con quello storico della nazione), partendo dalla guerra del Kosovo che lo vede bambino, attore, suo malgrado, in una tragedia che coinvolge il suo popolo e con esso la sua famiglia. Una narrazione diretta, fredda, con l’unica preoccupazione di trasmettere, riferire, propagare, consegnare, diffondere, infondere il suo forte attaccamento alla letteratura, sottolineando quanto essa sia fondamentale per l’individuo e la collettività. La sua essenza deve essere libera da nazionalismi e controversie politiche. La letteratura non deve mai diventare l’espressione di un malato patriottismo, nonostante si ritrovi spesso a fare i conti con il passato.
Rudmilla
Durante la pandemia, Selmani incontra su Zoom due scrittori, una serba e uno svizzero, con lo scopo di una potenziale collaborazione. In uno dei loro appuntamenti, la giovane si mostra particolarmente interessata alla scritta SREBRENICA, che appare alle spalle dello svizzero, che a sua volta giustifica quella presenza con una spiegazione fiabesca e in parte esotica, raccontando che il nonno è montenegrino e che ha lavorato a un film sui sopravvissuti di Srebrenica.
Si sta parlando, seppur sommessamente, del Genocidio di Srebrenica e Rudmilla attacca una vivace discussione, asserendo che quanto accaduto non è affatto stata colpa dei serbi, che non hanno avuto alcuna responsabilità, in realtà. Ecco che torna la storia con il suo passato a soffocare la letteratura. Non sa che fare Selmani, se tacere di fronte a quel vilipendio della memoria, a quella violenta offesa e salvare la loro collaborazione, oppure parlare e dire quello che pensa, a discapito di tutto. Su cosa collaborare poi?
Ho svelato il mio lato più misero, quello che non vorrei mai mettere in mostra. I serbi vogliono mettere tutto sullo stesso piano. La loro superiorità nella ex Jugoslavia è ormai un’argomentazione consolidata. Ho sentito di dover dire qualcosa anche per quello sguardo gelido, spesso incomprensibile, europeo, quell’astensione moderata, con stile ed eleganza. Ma sono riuscito a trattenermi […] Mi sembrava di essere un esponente della delegazione kosovara ai colloqui con la Serbia, nel centro di Bruxelles. Un diplomatico arrogante. Un politico idiota. Un leader ridicolo. Non uno scrittore.
A un certo punto, l’autrice serba suggerisce di scrivere di Srebrenica: proposta non accolta. Meglio scrivere sulla pandemia. Decide di trattenersi l’autore, di non esternare la sua sofferenza di bambino disintegrato. Abbandonato nel terrore del rumore dei kalashnikov. Un sognatore tra i proiettili. Con il suo silenzio, sceglie di non ammazzare la letteratura.
Il non nazionalismo
Selmani non palesa nazionalismi, limitandosi a offrire un’autentica testimonianza, pulita, cristallina, che narra di una sofferenza incancellabile, senza accasciarsi nella patetica espressione del dolore. L’autore si pone in un atteggiamento fortemente giudicante, non infastidendo il lettore, pur consegnandogli tutta la potenza delle emozioni e la veridicità degli avvenimenti.
È equilibrato il suo dire, anche quando racconta del sentimento di vendetta che si impossessa degli albanesi, con estrema virulenza. Narra, con onestà, il suo disappunto nei confronti delle turpi azioni di qualche anno più tardi, che vedono le donne serbe gettate dai balconi per ripicca e castigo. Descrive, con identico sentimento, del Genocidio e delle violenze contro un ragazzino rom, perpetrate da un gruppo di giovanissimi albanesi, solo perché aveva osato parlare in serbo.
Il Genocidio di Srebrenica o la Tragedia di Bosnia è un crimine di guerra avvenuto nel luglio del 1995 in Bosnia Erzegovina, in cui morirono più di 8000 bosniaci musulmani, principalmente uomini e ragazzi tra i 12 e i 77 anni. Il Genocidio è stato compiuto nella regione di Srebrenica dall’esercito della Repubblica Serba. […] Un giorno, dato che studiava in una scuola serba, durante il viaggio di ritorno a casa, aveva parlato serbo. Alcuni bambini albanesi lo avevano fermato in mezzo alla strada e lo avevano colpito in testa, con un martello. In questo modo avevano compromesso un nervo della sua gamba. Era doloroso. Vederlo piangere, senza staccarci gli occhi di dosso.
Scrittore, padre e marito
Nella sua quotidianità, Selmani è uno scrittore innamorato della libera letteratura, in eterno conflitto con se stesso. La sua guerra interiore vede, da una parte, un autore senza catene e dall’altra, il desiderio di creare qualcosa di eterno che possa lasciare il segno. Un’idea, quest’ultima, alla quale rinuncia dopo la nascita di sua figlia, Liri. Libertà e successo potranno mai andare di pari passo? I vincoli con il passato, che inibiscono il presente, potranno mai dileguarsi?
È un padre amorevole, che convive con la sensazione di essere quotidianamente disattento. Sua figlia gli ha cambiato le giornate e la vita intera. Questo è accaduto a causa della figlia o del matrimonio? Campare non è facile, i soldi mancano, (gli autori non vivono solo di libri) e i litigi con sua moglie sono continui. Una realtà, quella matrimoniale, dalla quale lo scrittore sembra rifuggire con pacatezza, subendone quasi segretamente il fascino. È il legame che fa emergere la sua più elevata sensibilità e in qualche modo, le costrizioni passate.
Piango per niente o per cose che prima non mi commuovevano così tanto. […] Così sembra che il matrimonio mi abbia reso più fragile e che mi abbia infilato in un sonetto pieno di lacrime […]
La ricostruzione di se stesso
In questo Ballata dello scarafaggio, (il titolo è tratto da una canzone del gruppo rock Lindja), risiede tutta la bellezza dell’amore umano, fatto di accettazione e di diniego, di quell’urgenza di condivisione che si scontra con la realtà, con la verità di un uomo, quella imprescindibile della storia che ha vissuto. Ed è da qui che si parte, dalla difficile ricostruzione di se stesso, della sua anima violata e della coscienza che, qualche volta, è costretta a scendere a patti con il mostro. È vivida la consapevolezza di non poter scindere il presente dal passato, il quotidiano dalla violenza della Storia, con la quale è necessario fare i conti quasi tutti i giorni. Selmani è uno scrittore, ama la letteratura e qualche volta è disposto anche a siglare compromessi, pur di lasciare spazio alle sue convinzioni. A volte no.
Tutto ciò per cui si batteva il poeta nazionalista era l’equiparazione dei crimini. Per lui i crimini serbi e quelli albanesi erano uguali. Per me era troppo ed era assurdo il suo bisogno nazionalistico. […] Questa era un’offesa per me. Un’offesa verso il mio passato, i suoi argomenti erano brutali e per poco non gli ho detto fuck off. Non avrei mai pensato che la mia letteratura avrebbe infilato il becco in cose del genere.
In fin dei conti…
Ci ha messo proprio tutto Selmani nel suo libro: ritroviamo la guerra che ha segnato un popolo e la sua storia, l’amore che, (forse), tutto salva, la memoria, indispensabile per la ricostruzione dell’identità personale e di quella della società, spesso lacerata dalle necessità umane. E ancora la speranza, la sconfitta, la vittoria e soprattutto il male di vivere.
Ballata dello scarafaggio è un testo che parte dal fondo della tragedia della miseria umana, sino ad arrivare alla capacità di resurrezione, nonostante il continuo faccia a faccia con il passato. L’autore ricostruisce il suo vissuto, le emozioni che lo hanno accompagnato, il profilo delle anime che lo circondano, con una scrittura in bianco e nero, cruda, capace di evidenziare limpidamente la tragicità di alcuni avvenimenti e la positività risolutiva di altri, senza trascurare il suo punto di vista sulla vita, dall’anima puramente lirica.