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La risoluzione dell’errore, oltre il vizio famelico e il nodo del peccato

Recensione di Flama di Tom Kuka

Anna Lattanzi Anna Lattanzi
23 Maggio 2022
Flama Tom Kuka Enkel Demi

Quando l’ignoto corrode l’Anima e l’essenza umana si veste di una forza che il tangibile non riesce a contrastare, l’unica via d’uscita è guarire dentro. Flama di Tom Kuka, il romanzo vincitore del Premio dell’Unione Europea 2021, arriva in Italia. Sullo sfondo di una Tirana afflitta dal male, la penna evocativa dell’autore albanese ricostruisce perfettamente una moderna Sodoma.

Flama
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La trama

Tutto il mondo soffre la Flama, a me fa male lo stomaco, – si lamentò con il primo ospite, invitandolo senza indugio a entrare.

Vieni, caro, vieni. Di Hima si sedette al tavolo di sempre, al piano superiore della libreria. Così ricolmo solo di libri, senza anima viva, quello spazio evocava una totale tranquillità. Il padrone di casa gli mise davanti una tazzina di caffè e una coppetta di raki. Lui sorseggiava camomilla.

Siamo nella Tirana di cento anni fa colpita da strani e inspiegabili avvenimenti. Un’invasione di topi tormenta gli abitanti, tante persone muoiono per il male o per il vizio e qualcuno uccide. A perire, per mano di uno sconosciuto assassino, è una donna affetta da nanismo che pratica la caffeomanzia. L’ispettore incaricato delle indagini è Di Hima, che recandosi nella casa dove si è compiuto l’efferato fatto, trova una tazzina ancora calda sul cui sfondo si intravede un’immagine. Sarà la profezia della donna su richiesta dall’assassino? La tazzina è tiepida, forse l’omicida si è appena dileguato! In realtà, le sorprese per l’inquirente non sono finite. La casa non è vuota come pensa: improvvisamente, come comparsa dal nulla, spunta una bimba di quattro anni. Che ci fa in quel posto? Perché in una situazione già tanto drammatica, qualcuno ha pensato di compiere un delitto?

Il senso di accoglienza

Sin dalle prime battute e dai primi righi, il lettore si sente immerso in una realtà che gli dona un senso di appartenenza. Una percezione oggettiva data dall’intrinseca qualità dell’intelletto scribano di Tom Kuka, capace di ricostruire un mondo concernente l’animo umano. Approcciandosi alla lettura di Flama, come già accaduto per L’Ora del male, non si avverte alcun sentimento di smarrimento: “il senso di accoglienza”, che l’autore albanese riserva al lettore, si palesa nell’immediato come frutto d’innata ingegnosità. Studio e preparazione appaiono, a chiare lettere, nelle tematiche trattate e nella modalità di consegnarle alla scrittura. L’equilibrato connubio tra questi fattori fa di Flama una lettura viva, forte, di grande potenza, carica di mistero e di un occulto che scava fino ad arrivare alle viscere.

La moderna Sodoma

In mezzo a questa disgrazia, qualcuno uccide perché il vizio è famelico. L’unica soluzione resta la virtù, il superamento dell’errore (dichiarazione di Tom Kuka per il comunicato stampa di Passaggi Festival).

Con queste parole, Tom Kuka offre un’importante chiave di lettura del romanzo, partendo da quella che è la Tirana narrata e trasformata in una nuova Sodoma. Il lettore non si rende subito conto dell’elemento identitario con cui l’autore marchia la città, scoprendolo solo pagina dopo pagina e ritrovandosi, alla fine, a ricomporre il puzzle di una perfetta Sodoma, con alla base i quattro elementi  che la caratterizzano: la violenza, il rifiuto, l’ira e la punizione. Per comprendere pienamente questo spaccato di Flama, è importante fare riferimento alle reali motivazioni che scatenarono l’ira di Dio nei confronti degli abitanti dell’antica città situata nei pressi del Mar Morto e nominata ripetutamente nella Bibbia. La rabbia dell’Altissimo si scagliò violentemente contro i suoi cittadini,  non tanto per il trattamento decisamente discutibile riservato ai forestieri, bensì per l’assenza di accoglienza nei loro confronti. Ed è proprio in relazione a tale concetto, che la nuova Sodoma creata da Kuka si rivela ineccepibilmente compiuta.

Racconto e simbolismi

La narrazione, in Flama, è compatta e concatenata, permettendo una lettura in cui emerge l’urgenza di conoscere il proseguo di ogni pagina; lo stile non smentisce la penna di Tom Kuka, dandosi un tono più sinuoso e poco secco, in un libro in cui tutto racconta. Narrano i personaggi disegnati in maniera impeccabile, con i loro dialoghi garbatamente strutturati, lo squittìo dei topi e le ambientazioni create sapientemente. Raccontano i dettagli avvolti in una dovizia di particolari utile e necessaria, proprio come la scrittura incastonata in una forma calibrata e armoniosa, la cui semplicità non contamina la qualità.

La passione dello scrittore per le storie tramandate oralmente e la forza del mito si ritrovano in tutta la loro veemenza. Non mancano i simbolismi, come quello in riferimento al personaggio di Tom Kuka, una sorta di “angelo della morte”, alto, molto alto e accompagnato da una polvere bianca atta a purificare i luoghi che precedentemente hanno accolto i morti. Secondo uno dei padri della psicologia, Carl Gustav Jung, la metafora dell’altezza rappresenta la capacità di risoluzione, riconducendo alla grande autostima, all’urgenza di raggiungere un obiettivo. Così appare agli occhi del lettore la figura di Tom Kuka, a immagine speculare della teoria junghiana: un’anima protettiva, attenta, sempre presente, nonostante si palesi come un raccoglitore di morte e malgrado, a volte, possa sembrare egli stesso morto. La polvere purificatrice di cui fa uso, è bianca; essa ha il colore della purezza ed è il suo strumento di risoluzione. Facendo un (personale) riferimento alla  Genesi, si evince che “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo…”. Tom Kuka plasma, non con la polvere del suolo (rossiccia), ma con  quella bianca. Egli pulisce, lava.

I topi invadono, sono inarrestabili, nauseanti, sembrano voler distruggere tutto e tutti. Riescono a gestire un’intera comunità, il loro squittire si intromette violentemente nella mente umana logorandola lentamente. Kuka introduce nella narrazione un animale carico di significato metaforico: Il Totem del topo, il suo Spirito animale è l’emblema di un intimo e radicale  cambiamento, di una pulizia approfondita, anche se devastante,  con una luce in fondo al tunnel, chiamata rinascita.

L’albanità

Flama è un libro caratterizzato da quella che si definisce la “completezza di narrazione”. Eventi inspiegabili, un omicidio, un ispettore sobriamente carismatico e poi la tazzina, la bimba, Tom Kuka, il peccato, il vizio, il male, il mito e i colpi di scena. Flama è il  frutto di una maturità diversa dell’autore, che tiene alta l’attenzione del lettore, permettendogli di cogliere le multiformi sfumature sulle quali acuire la mente. La storia si ripete: un brillante intellettuale dona luce a un romanzo da non perdere, che esalta all’ennesima potenza le caratteristiche della sua albanità.

Flama
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Argomenti: Tom Kuka (Enkel Demi)Besa Muci EditoreValentina Notaro
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