L’ultima notizia che Perlat aveva ricevuto dai suoi, risaliva al gennaio 1942. Era una lettera firmata da entrambi i genitori, in cui si congratulavano di cuore con lui e con Anna, per la nascita di George. Ed erano essi così felici ed esaltati di gioia, che si rammaricavano di non trovare le parole, quelle proprio piene, per esprimere i loro sentimenti come avrebbero voluto. Dopo era calato il silenzio. Perlat naturalmente aveva continuato a scrivere lettera su lettera, senza avere mai una risposta. All’inzio lo aveva preso come un disordine nella comunicazione causato dalla guerra, così la sua preoccupazione era rimasta compressa dentro di lui come una sofferenza silente, ma senza diventare una vera ansia. Questo fino all’inizio dell’inverno del 1945, quando nel mondo i contatti tra la gente in qualche modo si stabilirono. A quel punto non era stato più facile per lui, tanto meno convincente, aggrapparsi alla saggia espressione francese imparata ai tempi di scuola “pas de nouvelle, bonnes nouvelles”, come aveva fatto fino ad allora. Troppo tempo era passato e c’era stata la guerra, i genitori e la sorella potevano essere malati, oppure in condizioni da poter scrivere…potevano essere morti…Ad aumentare la sua inquietudine, era stata una lettera di Luan, il suo più caro amico che aveva studiato a Parigi e che vi si era fermato per vivere. “Il mondo è ancora in tumulto, amico mio,” scriveva tra le cose lui, “Tuttavia non ti sembra strano che bene o male, tra noi due c’è stata corrispondenza durante la guerra, mentre con l’Albania no? Hai fatto bene a sistemarti a Londra e a sposare una inglese. Anch’io non mi muoverò di qui. Ho sempre pensato che noi due abbiamo una marcia in più degli altri, perché siamo in grado di annusare i fatti prima che avvengano, non credi? Ubi bene, ibi patria non è affatto cinico, ma un’ambizione legittima. Dalla vita bisogna prendere il massimo”.
L’opinione
Provate a leggere questa storia. Vi coinvolgerà, ne sono certa. Non è la mia vita, non è la vita di nessuno, ma quello che avrei voluto accadesse in quell’epoca buia… Volevo tante Ann pronte a ribellarsi, allora forse la vita del mio popolo avrebbe preso un’altra svolta.
Colazione sul Prato di Casa. Il Muro, siglato da Selma Dino, pubblicato da Europa Edizioni nel 2023, è il sequel di Colazione sul Prato di Casa. Il Quadro, il romanzo che vede protagonista l’inglese Ann, in cui la Dino ripercorre un pezzo di Storia che ha condizionato il mondo intero, dando vita a una narrazione coinvolgente, avvincente e dal carattere informativo e divulgativo. L’arte e l’amore sono i motori che muovono il racconto carico di alta drammaticità, che la scrittrice alleggerisce sapientemente con una scrittura morbida, non sminuendo l’importanza delle tematiche trattate.
Ne Il Muro ritroviamo sia il proseguo della storia d’amore di Ann e Perlat, il medico albanese, bloccato in Inghilterra a causa della guerra e un’interessante interpretazione letteraria, storica e umana dell’autrice, che offre al lettore un volume dall’impronta fortemente psicologica, senza trascurare la dovizia di particolari di cui la Dino si avvale per disegnare gli ambienti e profilare i personaggi, per trasmettere le emozioni, che non vengono mai soffocate dagli avvenimenti e dal corso del racconto.
In alcuni momenti del romanzo sono state apportate modifiche alla cronologia degli eventi a scopo narrativo.
In alcuni brani del testo, la cronologia degli eventi è stata adattata alla narrazione: nonostante le modifiche apportate, si evince l’accuratezza con cui la scrittrice fa riferimento ai fatti storici. Nulla è posto a caso, tutto conosce la giusta collocazione. Anche Il Muro è un testo caratterizzato da fatti di grande intensità e di energica espressività e proprio come Il Quadro, la penna lineare e pulita della Dino pone il lettore in posizione di ascolto, rendendolo partecipe delle vicende narrate e offrendogli, allo stesso tempo, l’opportunità di riflettere su un pezzo di Storia del quale si parla sempre troppo poco.
Siamo nel 1946 e il mondo è ancora sotto i vividi strascichi della guerra, essendo passato un anno da quel 1945 che sancì la fine del secondo conflitto mondiale.
Ma ahimè, l’alba della pace finì presto e nel mattino che seguì in quella sventurata parte del vecchio mondo che chiamano est calò una fitta nebbia invalicabile sia per quelli a cui era toccato stare dentro, che per gli altri, i fortunati destinati al sereno dell’occidente.
Intanto, Ann e Perlat coronano la loro storia d’amore con la nascita di George nel 1941, in piena guerra. Negli anni seguenti il bimbo viene affidato alle cure di Suzan a Bibury e nel 1945, ormai a fine conflitto, nasce la secondogenita Ellen. Jeremy, il migliore amico di Ann, dal canto suo, una volta tornato a Bibury, si ritira in campagna per dedicarsi a una vita tranquilla e alla fattoria, che malgrado il conflitto, Archibald ha provveduto a mantenere degnamente.
Il legame tra Ann e Jeremy è sempre molto forte, sebbene non sia più quello di prima. Lei non ha voluto amarlo come lui avrebbe desiderato e per questo l’uomo mantiene un rapporto cordiale, sincero e amichevole, ma molto distante. Un giorno, dopo un chiarimento, la loro amicizia torna bella e limpida come un tempo, anche se Perlat non ha mai smesso di covare un’ingiustificata avversione nei confronti dell’uomo, dettata da una gelosia mai guarita.
La giovane coppia si ama profondamente e vive in una bellissima casa, tipica inglese e mentre la carriera di medico va a gonfie vele per Perlat, Ann dirige la “Dimora del Bambino”, una piccola struttura adibita all’ospitalità di orfani di guerra. Le preoccupazioni iniziano quando Perlat non riceve più comunicazioni da parte dei genitori che vivono in Albania. Il giovane medico ancora non sa che nel suo Paese, alla guerra si è sostituito il regime dittatoriale di Enver Hoxa, che durerà 45 anni.
È a partire da questo punto che si apre la storia, una Storia nuova, che vede l’Albania protagonista all’inizio di una terribile era. Un racconto che pone l’accento su quello che forse è mancato in quell’epoca, che probabilmente, come la stessa scrittrice ammette, avrebbe dato una svolta diversa al corso della storia. Ritroviamo una Ann che si ribella, che va contro le imposizioni, che cerca di farsi guidare dalla ragione e di guidare con la razionalità. La vita del popolo albanese avrebbe davvero preso un’altra piega se ci fossero state più persone come la coraggiosa protagonista?