Letteratura, sistema, Storia e responsabilità individuale sono stati i fili conduttori del doppio appuntamento “Da Belgrado a Tirana. Autrici a confronto”, organizzato da Albania Letteraria in collaborazione con Meridiano 13, che ha visto protagoniste la scrittrice albanese Mimoza Hysa e l’autrice serba Tatjana Dordevic.
L’evento, che si è svolto prima a Pordenone e poi a Trieste rispettivamente gli scorsi 10 e 11 febbraio, ha incontrato l’accoglienza della Comunità albanese Arbëria di Trieste e della Comunità Religiosa Serbo Ortodossa di Trieste; entrambe hanno abbracciato l’idea supportandola sin da subito e riconoscendola come un momento di condivisione culturale, letteraria e sociale.
Pordenone e Trieste
È stata la libreria Quo Vadis?, situata nel cuore di Pordenone, a ospitare venerdì la prima tappa dell’evento letterario. Il dialogo moderato da Anna Lattanzi, capo redattrice di Albania Letteraria, con le riflessioni di Martina Napolitano co-fondatrice di Meridiano 13, è partito incentrandosi sui libri pubblicati dalle due autrici entrambe esordienti in Italia: Le figlie del generale di Mimoza Hysa e Il pioniere di Tatjana Dordevic, due volumi che narrano di dittatura e sistema.
Il primo li racconta dal punto di vista del carnefice; le protagoniste del romanzo, Martina e Marsina, sono, infatti, le gemelle figlie di un alto funzionario dell’esercito. Il secondo è incentrato sulla storia di Bosko; si parte dalla morte di Tito e attraverso le vicende del giovane serbo si ripercorrono quelle storiche della ex Jugoslavia.
Il dibattito si è poi snodato intorno al sistema, la tematica che accomuna entrambi i testi, e alle responsabilità individuali. La Dordevic ha sottolineato come sia urgente e necessario che ognuno faccia la sua parte nella propria crescita personale, contribuendo a quella sociale, non lasciandosi trascinare dal vittimismo e non crogiolandosi in un presente necessariamente caratterizzato da un passato di guerra, a giustificazione del fermo della propria evoluzione.
La Hysa, anche se in maniera diversa, ha ribadito lo stesso concetto: l’uomo deve ricostruirsi per potersi evolvere, partendo dalla propria individualità. L’autrice ha sottolineato con forza quanto sia importante informarsi sulla storia d’Albania per poter approfondire la conoscenza del popolo albanese di oggi.
Le riflessioni di Martina Napolitano sono partite dalle forme di sistema che toccano ogni sfera della nostra società, su quanto possano essere stringenti e allo stesso tempo universali, per poi snodarsi in considerazioni di ampio respiro sull’evoluzione umana e storica dei Balcani. Il dialogo armonioso tra le autrici e le ponderazioni della Napolitano hanno coinvolto il pubblico e il brillante libraio Daniele, in un momento di condivisione e di fluido confronto.
Il secondo incontro si è tenuto presso la libreria Ubik dell’affabile libraia Laura, nel bel centro di Trieste: il format dell’incontro è stato simile al precedente. L’evento, che ha visto la presenza della Comunità albanese e della Comunità serba, si è aperto con il saluto di accoglienza della Presidente dell’Associazione Arbëria di Trieste, Adela Shehu, al quale si è unito quello di Lidija Radovanovic, in rappresentanza della Comunità Serba. Ad accogliere le autrici un nutrito e variegato pubblico, coinvolto e interessato, composto da albanesi, serbi e triestini.
Oltre alle tematiche già trattate durante il primo appuntamento, si sono affrontate argomentazioni inerenti la diffusione della letteratura albanese e serba in Italia, le informazioni storiche dell’Albania, con una particolare attenzione alle peculiarità che caratterizzano i due Paesi.
L’obiettivo
Ideando questo evento, si è voluto creare un confronto letterario, emotivo e sociale tra due scrittrici che hanno conosciuto il regime dittatoriale e la sua influenza sull’evoluzione dell’individuo e sulla cultura in due Paesi differenti: Albania e Serbia. L’intento non era quello di affrontare politicamente la tematica, bensì di far correre parallelamente due visioni, in una comparazione tra due culture letterarie e nella convinzione che la letteratura sia libertà e possa liberamente varcare i confini, un obiettivo che si ritiene raggiunto.