Immaginiamo una fresca notte nel settembre 1943. Un ragazzo vestito per metà da militare e per metà da civile, con una maglietta sbiadita, bussò alla porta del Convento Francescano di Gjuhadol a Scutari. Tra le poche luci accese del Convento, una era quella della stanza di Pater Leon Kabashi, che solo pochi anni prima si era diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze. I due si guardarono negli occhi e Lorenzo Collura, come se fosse il figliolo prodigo, come se tutto quello che era successo fosse stato per colpa sua, chiede pietà. Pater Leon è un semplice sottoposto e non può aiutarlo senza il benestare del suo superiore, padre Donat Kurti, che dorme nella propria stanza. Sono un pittore balbetta Renzo per la paura che il giovane Pater lo respinga. Pittore?! A quelle parole Pater Leon si ferma e lo invita ad entrare subito. In quel tempo a Scutari vivevano alcuni pittori di alto spessore. Dopo la morte di Kolë Idromeno (1860-1939), il gruppo fu guidato da Simon Rota (1887-1961) primo studente albanese dell’Accademia di Brera a Milano. Seguirono altri grandi nomi come Zef Colombi (1907-1949), che aveva studiato a Roma, e Vladimir Jani (1921 -2001) che studiò a Firenze. Il giorno dopo, in sala da pranzo, racconta ai frati francescani come avvenne il trasferimento, due o tre settimane prima, della divisione “Perugia” dalla Grecia Settentrionale alle zone di Gjirokastra, Këlcyra, Tepelena e Delvina. Soldati e ufficiali erano rimasti in queste zone fino al “cessate il fuoco” dell’8 settembre.
L’opinione
Renzo Collura di Stefan Çapaliku, per la traduzione di Durim Taci, a cura di Alban Gjata e Piero Carbone, è un piccolo, prezioso volume bilingue, (albanese con testo italiano a fronte), dedicato al pittore siciliano Renzo Collura e arricchito da splendide fotografie che ritraggono i lavori dell’artista e non solo, oltre che rari e importanti documenti.
Çapaliku ripercorre i tratti più salienti della vita del maestro, dando grande rilevanza agli eventi storici che hanno caratterizzato il periodo e influito in maniera determinante sui suoi spostamenti e sulla sua formazione. Sceglie un lessico lineare e di ampia fruibilità per narrare della creatività di Collura, dei suoi rapporti con l’Albania che hanno condizionato i suoi studi e il suo estro, ponendo la lente d’ingrandimento sia sull’uomo che sull’artista e sul loro imprescindibile legame.
Lo scrittore albanese non ha la pretesa di creare un saggio o una biografia, ma vuole offrire al lettore uno strumento per conoscere e avvicinarsi a un pittore di grande fama, che ha avuto uno stretto rapporto con il Paese delle Aquile, cosa che ha contribuito alla costruzione della sua poliedrica figura, forse un po’ trascurata dalla critica locale. È una lettura piacevole, fluida e soprattutto rivolta a tutti e non necessariamente a chi si interessa della materia o agli operatori del settore.
Il drammaturgo dà prova della sua capacità di scrittura derivante dallo studio e dagli approfondimenti, riuscendo a far parlare anche le immagini, oltre che i personaggi, come Athos Collura, figlio di Renzo.
Ricordare mio padre è come rompere i vincoli spazio-temporali per vivere in prima persona i mondi che, di volta in volta, rievoco quando immagino di potergli rivolgere tante domande. Indubbiamente gli devo la mia massima riconoscenza in quanto fu lui che, più di ogni altro, mi ha indirizzato all’arte. Oggi il mio impegno morale, condiviso da Piero Carbone fin dal momento della scomparsa di mio padre, è di poter diffondere e far conoscere la sua sensibilità di pittore ed artista non solo con la grande mostra retrospettiva realizzata negli Spazi Museali di Pavia nel 2016.
Si racconta in maniera quasi confidenziale, attraverso le parole di Athos, dei rapporti tra il pittore e il mondo arbëresh, delle sue intense frequentazioni con la nutrita comunità siciliana e di come abbia contribuito
…alla conservazione e alla difesa della tradizione etnica, linguistica e religiosa. Ha realizzato diversi progetti di icone, ritratti di diversi personaggi, illustrazioni su riviste e libri, articoli. Io da piccolo, ho vissuto direttamente questa realtà essendo stato cresimato con rito bizantino nella Chiesa della Martorana di Palermo, alla presenza di Papas Petrotta.
Scutari e poi la fuga verso Durazzo, l’Albania nella vita, nel cuore e nell’arte. I sentimenti albanesi non lo abbandoneranno mai, come testimoniano molti contemporanei arbëresh divenne amico della loro comunità e si avvicinò persino alla chiesa arbëresh contribuendo con progetti pittorici.
L’artista
Collura nasce a Grotte, in provincia di Agrigento, il 29 maggio 1920. La sua prima formazione avviene in Sicilia per poi completarsi a Torino dove studia all’Accademia di Belle Arti. Nel 1941 lascia la famiglia per andare in guerra e partire alla volta dell’Albania.
Il conflitto, in realtà, si sviluppa in Italia e in Grecia, ma il campo di battaglia è l’Albania Meridionale ed è qui che Renzo si trattiene per ben sette anni. Questa drammatica occasione gli permette di visitare la Grecia, soprattutto come studente d’arte, sviscerando la conoscenza dell’arte classica e bizantina, tanto da riuscire a dedicarsi al restauro di antiche icone.
Collura torna in Albania, dove rimane oltre la cessazione della guerra, alle dipendenze del Ministero per la Cultura Popolare come “specializzato”, con l’incarico di organizzare e dirigere un corso di avviamento artistico. Successivamente rientra a Palermo, dove si stabilisce definitivamente, trasformandosi in una personalità eclettica seppur coesa, che riesce a essere un apprezzato pittore, attivo in campo culturale, oltre che studioso e critico d’arte. Oggi l’artista è ricordato principalmente nel campo della pittura, ma il suo contributo nel mondo intellettuale è stato, decisamente, di ampio respiro.