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I’m on fire, il racconto inedito di Tom Kuka

Anna Lattanzi Anna Lattanzi
4 Gennaio 2022
Enkel Demi, scrittore e giornalista albanese

Enkel Demi, scrittore e giornalista albanese

Quando il fuoco che divampa nell’Anima si trasforma in scrittura evocativa, quando lo spaccato di una storia svela la più recondita e intima essenza dello spirito, quando la penna  ha un’eleganza intrinseca, la firma non può che essere di un raffinato intellettuale, quale è Tom Kuka.

“Riesci a trovare la strada fino all’hotel?” mi chiese Giovanni.

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“Non preoccuparti. Tutti trovano la strada a Fano”

Sorrise di nuovo e si avviò.

“Tom, ci vedremo domani?”

“Non lo so, dipende quando ti svegli”

Mi fece segno con la mano e andò via, lasciandosi alle spalle una voluta di fumo bianco. Mi prese la nostalgia di Fano. Che strano! Ancora non avevo lasciato quel posto e già la tristezza mi opprimeva il petto. Forse era stato il bicchiere di anice che Giovanni aveva offerto alla fine. Era orgoglioso dell’anice. Non gli piaceva che Fano venisse lodata, perché temeva lo considerassimo presuntuoso, perciò si vantava della bevanda…

Si apre così I’m on fire, il racconto inedito di Tom Kuka. Inizia con un botta e risposta tra lo scrittore albanese e Giovanni Belfiori, il brillante e carismatico direttore, ideatore e fondatore di Passaggi Festival, una delle più grandi e riuscite manifestazioni librarie italiane, che si tiene ogni anno a Fano, nelle Marche e che nel 2022 festeggerà il decennale.

Lo scorso giugno, Tom Kuka è stato ospite dell’evento e la lunga serata iniziata con la presentazione del suo L’Ora del male, (Besa Muci, 2021), si è conclusa in piena notte, in compagnia di Giovanni ed è da tale ricordo che l’autore parte, per scrivere questo I’m on fire, una preziosa chicca letteraria.

Una canzone riecheggia nella notte, per coccolare la sua nostalgia, che arriva improvvisa a squarciare le più profonde emozioni. I’m on fire è il fuoco, è la passione, quella confessata e quella inconfessabile, quella che si racconta e quella che non si racconterà mai nemmeno a se stessi, perché, infondo, è bene che sia così.

…Dovevo restare o andarmene? Spesso l’uomo si prende con le buone, si lusinga, cerca di convincersi che non lo vuole nessuno, a parte  se stesso. Ecco, lei non viene e nella sua testa c’è I’m on fire. Forse neppure tu vuoi che venga, perché hai bisogno di sentirti solo, peggio ancora ti sentirai abbandonato. Ti serve una ragione per scrivere, perché qualcuno ti ha convinto che gli scrittori sono tali solo quando soffrono…

Ecco Tom Kuka, ecco il tempo. Ancora una volta, con grande maestria, lo scrittore trascina il lettore in una notte senza ore, che si fonde tra passato e presente, tra il detto e il non detto, tra l’urgenza di vivere la felicità in una cittadina che ha aperto le porte alla sua opera prima italiana, (e alle sue personali vivide sensazioni) e un passato fatto di sogni, obiettivi e speranze, che  forse tanto passato non è. Non c’è rassegnazione in questo racconto, la sofferenza è voluta, quasi come un percorso obbligato, quando ancora per Tom Kuka esisteva qualcosa di forzato contro cui non inveire.

“La solitudine è sofferenza, oppure no? […] Il non detto è sofferenza, oppure no?”

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Scrivi perché stai soffrendo, Tom Kuka, tu che sognavi la gloria, quella stessa notorietà che oggi non vuoi, ma che brami solo per i tuoi libri, per il messaggio che la tua penna vuole lasciare, come un buon scrittore dovrebbe sempre fare. Scrivi perché soffri per quello che vedi intorno a te, che accende la tua voglia di fare buona letteratura e di esserci in ogni tua opera,  che spegne il tuo entusiasmo se si parla di te e che infiamma la tua piacevolezza, quando si narra dei tuoi testi. Scrivi, perché tu quel Tom Kuka lo hai conosciuto davvero, un ingegnere a Scutari.

I miei personaggi si muovono nelle pagine, come me, quando sono ubriaco di raki misto a urea. Sto scrivendo di una chiesa che vogliono edificare, ma gli operai muoiono a uno a uno, come se la chiesa maledicesse piuttosto che benedire; una schiera di profughi passa e vuole scappare lontano da lì, da dove ti rinnega pure il luogo sacro…

È un ricordo? Che sia realtà o meno, questo giovane Enkel Demi vuole diventare scrittore, così ruba il tavolo ai suoi compagni di convitto, perché deve scrivere, prima che il dolore svanisca, perché un uomo sofferente scrive meglio. Scrive di una chiesa che non benedice e pensa a tutto questo, stando vicino a un’altra chiesa che lo ha appena benedetto.

“Tom, ci vediamo domani?” mi chiese Giovanni

Non so cosa succederà domani. Alzo il volume della radio. I’m on fire.

Il tempo che esiste solo come una grande altalena colma di ricordi e di vita, che volteggia sospinta dalle emozioni toccando il presente e il passato ed è meraviglia per il lettore, il non sapere dove si trova esattamente in quel preciso istante, mentre legge quel rigo e quelle parole. Sarà oggi? Sarà ieri? Non è importante, perché l’incanto di ritrovarsi nell’Anima dello scrittore, non ha domanda o dubbio che tenga, non ha perplessità a cui valga la pena pensare, è solo pura magia. Fine e armoniosa meraviglia il racconto, incorniciato in uno stile musicale e una scrittura suggestiva. Nonostante sia una lettura differente, ho incontrato lo stesso Tom Kuka, con le porte delle emozioni spalancate e l’Anima contratta, con il cassetto dei sogni chiuso e la chiave nascosta nel cuore. Un Tom Kuka carico di passione e di urgenza, elementi che si palesano in ogni parola.

Dopo aver letto I’m on fire, mi è sorto un grande cruccio: aver sempre definito Tom Kuka uno scrittore e non un intellettuale.

Grazie a Enkel Demi per avermi fatto dono di un confetto letterario e a Valentina Notaro, che regalandomi una fetta del suo prezioso tempo e della sua professionalità interpretativa, ha permesso a me e a Giovanni Belfiori di leggere e apprezzare questo I’m on fire.

Argomenti: Tom Kuka (Enkel Demi)Besa Muci EditoreValentina Notaro
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