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Intervista a Sonila Strakosha. Quando la scrittura è vita

Anna Lattanzi Anna Lattanzi
14 Dicembre 2022
Sonila Strakosha

Sonila Strakosha

Sonila Strakosha nasce a Tirana nell’ottobre del 1975 ed è qui che si laurea in lingua e letteratura albanese. Ha insegnato lettere in Albania fino al 2003, anno in cui si è trasferita in Italia, dove ha vissuto e lavorato fino al 2021, quando per esigenze lavorative è tornata a vivere in Albania. Durante la Fiera del libro di Tirana, ho avuto occasione di incontrarla e di dialogare con lei. Buona lettura.

Parliamo dei tuoi libri?

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Se penso al mio primo libro, Një vit nga jeta e Borës, cambierei alcune cose, farei io un editing completo, perché oggi noto ripetizioni che eliminerei e termini che sostituirei. In realtà mi piace molto; narra di una storia d’amore ambientata nel periodo successivo alla caduta della dittatura, a cavallo tra il ’90 e il ’91. Lo sfondo storico parte dall’invasione delle ambasciate, racconta del crollo del busto di Hoxha, fino ad arrivare al fenomeno migratorio e alla nave Vlora. È in questo contesto che si sviluppa la storia d’amore tra i due giovani protagonisti.

Non racconto solo di amore in questo libro, ma affronto anche tematiche legate alle tradizioni e agli usi dei tempi, a volte molto stringenti, soprattutto nei confronti dei giovani. Il libro contiene delle sfumature autobiografiche: il personaggio principale ha i capelli scuri e gli occhi verdi come me, ha due sorelle gemelle come me e anche alcuni particolari delle vicende narrate appartengono alla mia storia. Non mi riferisco al contesto storico, bensì ai fatti sentimentali.

A un certo punto, ho pensato di tradurre il testo in italiano e ho spedito la trasposizione a Europa Edizioni. La caporedattrice mi ha contattata dopo due settimane per dirmi che il contenuto del testo le era piaciuto molto, che era palesemente comprensibile che l’italiano non fosse la mia lingua madre, ma trovava molto interessante la storia e desiderava pubblicarla. Ne sono stata felice e così il libro ha visto la luce in lingua italiana con il titolo Racconto d’amore. È un romanzo ancora molto apprezzato.

Il mio secondo libro, scritto in italiano, si intitola Corinne. Durante un seminario sulla violenza contro le donne, ho avuto modo di ascoltare diversi racconti e prendendo spunto da alcuni di essi, ho creato la storia di Corinne, che si snoda intorno alla drammatica tematica della violenza sulle donne. La pubblicazione è siglata da Caosfera Edizioni, che ha dato alle stampe il libro gratuitamente.

Il terzo volume è Fuori dall’abisso pubblicato con Besa Editrice. Portret gjusheje (Il ritratto di nonna), invece, è una novella autobiografica in cui parlo di mia nonna. Siamo nel periodo del regime e narro delle difficoltà del tempo e di come mia nonna mi insegnasse a sognare, nonostante all’epoca i sogni fossero molto limitati. In questo piccolo volume sottolineo il rapporto che avevo con lei, che è andato oltre la morte; in ogni momento importante della mia vita, quando devo prendere una decisione o quando attraverso un periodo difficile, la sogno e la sento accanto a me.

L’ultimo libro si intitola Ngjrat e viteve, il cui racconto è basato sulla vita di una ragazza che vive in bianco e nero, ma sogna a colori. Al triste e grigio comunismo, segue il post comunismo, durante il quale la protagonista scopre che i colori dell’Italia, quelli tanto sognati, non sono così come li immaginava.

Attraverso questa storia ho voluto evidenziare quanto l’Italia, che gli albanesi si sono trovati di fronte dopo la caduta del regime, fosse diversa da quella tanto agognata. Io l’ho amata da subito, amavo molto la libertà che già si intravedeva nei personaggi famosi italiani, come Raffaella Carrà, che poi è la figura di riferimento della protagonista. Mi piaceva la sua maniera di esprimersi, il suo modo di vestire, di ballare, di sorridere, di muovere i capelli.

In Albania, ai tempi del regime, non si era liberi nemmeno di sorridere in televisione e di muovere i capelli, se non secondo i canoni dettati dalla dittatura. Parlo, quindi, della privazione della libertà in maniera assoluta: un privilegio che poi è arrivato, ma tante altre dinamiche si sono palesate in maniera diversa da quello che tutti noi ci aspettavamo, trasformandosi a volte in razzismo e in pregiudizio.

Tutti i tuoi libri, quindi, sono dal profilo autobiografico? 

Quanto mi hai chiesto rappresenta una sfida per me. No, Portret gjusheje è indubbiamente autobiografico. Sono convinta che in ogni libro uno scrittore metta qualcosa di suo: quando leggi i testi di un autore che conosci, sai cosa aspettarti. Ti ritrovi lo stesso stile, la stessa modalità di raccontare, ma non sempre narra della sua storia.

Per esempio, la storia di Corinne, non è la mia. Nemmeno quella che racconto in Fuori dall’abisso è mia: Anila è una ragazza ingannata, che i malviventi vogliono indurre alla prostituzione. Quando scrivo un libro cerco di concentrarmi sul lato umano dei personaggi, sui sentimenti, mi piace dare risalto a quello che prova la persona, al di là del suo rapporto con la società. Parlo degli stati d’animo, dell’interiorità.

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A dire il vero, mi è capitato più volte che mi abbiano chiesto se la storie di Corinne e di Anila rispecchiassero la mia. Mi hanno colpita queste domande: probabilmente, scrivendo lascio un’impronta molto forte e per questo vorrei riuscire a redigere un libro in cui risulti chiaramente che la protagonista non sono io, perché desidero staccarmi da questa impressione.

Io soffro quando scrivo. Mentre descrivevo le scene della violenza subita da Anila soffrivo, non ero più nella mia cucina o nella mia stanza, ma nella camera della protagonista e soffrivo con lei, come se provassi io quel dolore. Ogni volta che scrivo è una storia nuova, è una vita nuova, è una creazione nuova, è la nascita di un nuovo mondo.

Quando scrivi un nuovo libro, quanta attenzione poni al lettore? 

Quando scrivi lo fai perché hai voglia che qualcuno legga il tuo testo. Personalmente non scrivo pensando al giudizio del lettore, anche se provo piacere all’idea di vedere tra le mani delle persone il mio libro. Nel momento specifico della stesura dialogo con me stessa, metto nero su bianco quello che ho da dire e mi preoccupo di lasciare il giusto messaggio.

Vivi la scrittura come rifugio, come forma di esternazione e di sofferenza. Non ti sento parlare di gioia.

Provo tanta gioia nello scrivere. La parte che trovo più stancante è quella che mi impegna nella creazione della struttura del volume. Terminata questa prima fase, mi diverto moltissimo ad abbozzare la storia, a dare vita ai personaggi, tanto che mi sembra di leggere il libro che in realtà sto scrivendo. Soffro e gioisco con le figure che animano i miei romanzi, perché la scrittura è vita.

Hai altri progetti in cantiere?

Ho un altro progetto, ma preferisco non svelare nulla per il momento.

Argomenti: Sonila StrakoshaBesa Muci EditoreCaosfera EdizioniEuropa Edizioni
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