Tirana, Albania, fine anni ’70.
Ero in età da scuola materna.
A casa avevamo – grande privilegio – un televisore a colori, che ci era appena stato mandato in dono dai parenti dall’Italia.
Considerando che per l’Italia stessa, la TV a colori costituiva una novità all’epoca, in quanto la televisione a colori, in Italia è entrata nel 1977, per noi in Albania, ciò sembrava un oggetto giunto dallo spazio.
Insomma, si evince che a casa mia, da questo punto di vista mi sentissi al settimo cielo.
“Il problema” subentrava quando andavo a casa della nonna a trascorrere il fine settimana.
Perché la nonna viveva da sola in un bell’appartamento soleggiato, in un buon quartiere di Tirana, sebbene diverso dal nostro, situato nel centro della città.
Ma, dalla nonna non c’era ancora il televisore.
Per acquistare il televisore per lei, mia madre e le sue sorelle, mie zie, stavano pensando in primis di farsi procurare lo specifico permesso/autorizzazione dall’apposita ente statale, in quanto questi permessi erano limitati in mezzo a carestia e censura in cui viveva il paese, ma loro stavano anche procurando la somma dovuta per l’acquisto dell’oggetto in questione, che all’epoca era ben considerevole, un bello sforzo per le famiglie.
Diciamolo pure:
Per me, la mancanza del televisore a casa della nonna non diventava nemmeno un problema, in quanto in quell’età, da lei mi divertivo molto con tutti i lavori manuali in cucina, mentre assistevo quando lei cucinava e mi assumeva da assaggiatrice ufficiale dei suoi piatti prelibati, dicendomi:
“Provoje, a ka krypë?” – “Assaggia, è salato?”, tant’è vero che “Kripë” – “Sale”, per un po’ di tempo l’ho ritenuto mio secondo nome…
E, altrettanto con tutti i lavoretti che mi faceva fare, coinvolgendomi, tipo:
Pulire i fagioli, il riso, delle volte, i chicchi del caffè.
Un allenamento che mirava a stimolare la pazienza e la concentrazione a cui la nonna sottoponeva noi nipoti, era quindi il seguente:
“Të qërosh orizin!” – “Pulire il riso!”
Vale a dire, il riso che compravamo, purtroppo non era pulito.
Prima di essere cucinato dunque, andava pulito, scrutando chicco per chicco quei singoli elementi con le brattee che ne avvolgono i chicchi, da separare insomma.
Il chicco, infatti, è ricoperto dalla lolla, guscio duro che va eliminato per poter mangiare il riso.
Questa operazione o rituale era compito mio a casa mia o dalla nonna.
Da lì, il detto in albanese:
“Per fare questo, ci vuole una pazienza da cinese, “durim kinezi”!
Questa correlazione era dovuta all’accuratezza dei cinesi nelle piantagioni di riso.
Con lei trascorrevo anche tanto tempo all’aperto, a raccogliere camomilla e malva nei campi, oppure le cicorie selvatiche, per fare il contorno.
Raccoglievamo pure le foglie di vite per fare gli involtini di riso, “japrak”, oppure semplicemente giravamo al mercato ortofrutticolo dei contadini che scendevano in città a portare i prodotti freschi del loro orto da vendere e la nonna scrutava con attenzione frutta e verdura.
Scendevo pure di corsa quando arrivava il gelataio con il suo carrettino.
La nonna mi diceva che nel caso in cui il gelataio arrivava e lei non si trovava in casa, che magari era andata a comprare le sigarette – da grande fumatrice qual era – allora i soldini “lek” mi li avrebbe lasciati nel posticino segreto, conosciuto solo da noi due, una sorta di “bancomat” vintage:
sarebbe bastato che io sollevasi una tovaglia pesante e plastificata del grande tavolo della sala, laddove lei estendeva la sfoglia del byrek solitamente e proprio là sotto avrei trovato i soldini per il gelato.
In poche parole, tutte queste attività alternative, figuriamoci se mi facevano sentire la mancanza della televisione.
Mi rendevo conto però, che forse più che per me, questo diventava una prerogativa della nonna, una certa sua apprensione di non privarmi da un programma per bambini ad esempio o da uno spettacolo teatrale o di humour, o di un film, di quei film formato famiglia che la TV albanese trasmetteva nella sua unica rete televisiva statale.
A quel punto iniziava il rituale serale:
“Andiamo dalla vicina del piano terra, l’amica di nonna, la signora Efterpi, l’unica a possedere un televisore nel loro condominio!”
La nonna scendeva le scale a fatica, per i suoi problemi di salute, ma per me, per farmi contenta, lo faceva volentieri lo sforzo.
E diciamolo pure: alcuni programmi, a lei interessavano relativamente.
Anche perché, capitava che mentre io guardavo un film, lei uscisse sul balcone della sua amica e vicina di casa, a fumare di continuo.
Dal suo canto, la padrona della casa in cui ci recavamo per la tivù quindi, la signora Efterpi, nemmeno lei era interessata alla TV.
Si addormentava sulla poltrona dopo i primi dieci minuti di trasmissione.
Lei era una donna alta, molto robusta, la trovavamo la sera sgranocchiando sempre qualcosa, anche dopo cena.
E probabilmente, dopo quel mangiare continuo, iniziava l’effetto digestione, che la faceva addormentare di colpo.
Ironia della sorte era il fatto che proprio il figlio della signora Efterpi facesse l’attore.
Lui era un attore comico, attivo sia nel Teatro, che negli spettacoli comici da intrattenimento, che nel cinema, quindi appariva nel piccolo e nel grande schermo.
Quando avevano detto inizialmente a me che il figlio della signora, amica di nonna, “la padrona del televisore” unico nel loro stabile, lavorava “nella televisione”, io all’epoca, in tenera età, avevo compreso ciò letteralmente e avevo fatto tutto il giro di quella scatola magica quale la TV, per vedere dove si trovasse esattamente lì dentro il figlio – attore della signora Efterpi.
Insomma, lei nonostante ciò, dormiva con la tivù accesa.
Ah, se per caso mia nonna scorgeva suo figlio in qualche spezzone nello schermo, la chiamava la sua amica, la faceva svegliare di colpo.
Lei guardava il figlio interpretare quel frammento e poi riprendeva il pisolino.
In sintesi, erano due anziane, mia nonna e la sua vicina, che a quanto pare, cercavano di fare contenta me per come potevano, ma quanto a loro stesse, avevano la testa piena di problemi e non le faceva mica distrarre la televisione.
Notavo che erano più entusiaste entrambe, quando l’unica rete statale RTSH, trasmetteva programmi musicali, con interpreti della musica leggera oppure popolare albanese e a quel punto, il volume veniva alzato di più, la signora Efterpi non si addormentava, anzi, prendevano i tovaglioli di stoffa della cucina e con la nonna, ballavano in mezzo alla stanza, i balli folcloristici albanesi, che in effetti coinvolgono molto e mettono buon umore.
Forse solo in quei momenti, le donne anziane affidavano a musica ed a suoni, le avversità ed i pensieri di quella giornata che, nel mentre, giungeva al suo termine…