Sono tre tra gli scrittori più apprezzati e pluripremiati dell’attuale panorama letterario albanese, Ylljet Aliçka, Tom Kuka e Besnik Mustafaj.
È prolifica la loro produzione libraria in Albania e alcune delle opere sono approdate in Italia. Narrano di Shqipëria i tre autori e questo articolo, facente riferimento unicamente ai libri tradotti in italiano, vuole essere un excursus nella visione del Paese delle Aquile che ciascuno di loro consegna al lettore. Prospettive differenti, analogie, analisi speculari e spesso intersecanti, caratterizzano le narrazioni figlie del loro pensiero.
Ylljet Aliçka

È un’Albania spaccata quella di Ylljet Aliçka, che risente delle svariate diversificazioni geografiche, religiose e culturali che la caratterizzano e pertanto è duramente vessata dalla latente incapacità di saper gestire un tale variegato amalgama. La sua natura è carica di emozioni, la sua urgenza di redenzione è superba, se pur, in parte, strozzata da quel filo indelebile che la lega intrinsecamente al tormento.
È l’Albania dell’amore, della mestizia, dell’amarezza, è il Paese della continua evoluzione, pur rimanendo bloccato nella morsa di un perenne e quasi perentorio sisma sociale. È la nazione degli scossoni, delle capriole improvvise in mondi nuovi, spesso lontani dal proprio intimo temperamento.
È l’Albania degli antieroi, di cui Aliçka narra con un’ironia atta a non spegnere l’obiettività e la crudezza delle argomentazioni, ma a mettere in luce le criticità di un Paese con lo sguardo proiettato verso il futuro e la consapevolezza di una non definita identità. È la nazione del sogno italiano, quello conquistato, tenuto stretto e tragicamente infranto nel duro scontro con la realtà.
Tom Kuka

Tom Kuka racconta dell’Albania di oggi attraverso quella di ieri. Narra dei tempi che non ci sono più, per mezzo delle storie degli avi, dei racconti tramandati oralmente, tramite i miti e le leggende. È evocativa la sua Albania, a celebrazione di una memoria inesistente a causa di un popolo che dimentica facilmente.
È il Paese dove le rimembranze non hanno alcuna importanza, della povertà di spirito che irrompe in un pericoloso circolo vizioso, intraprendendo inevitabilmente la strada dell’errore. In questo modo, nulla si impara dagli antenati, nulla si conserva dei loro valori e si continua perennemente a ripetere le stesse pecche e a prendere gli stessi abbagli.
È l’Albania del canto messaggero, è il Paese del tempo che si porta dietro dai mondi perduti, dell’amore, del sogno e soprattutto è l’Albania dell’attaccamento alle radici. Il legame dello scrittore agli etimi albanesi è caratterizzato da quella freschezza che nulla ha a che fare con l’obsoleto.
La visione di Kuka vuole liberare l’Albania da tutto quello che non serve più, compresa l’incessante mancanza di alcun mutamento del suo Paese.
È il mondo della sua albanità che è identità e libertà, è l’Albania di uno scrittore senza scrupoli, perché non edulcora nulla, ma presenta il suo mondo per quello che è e per come egli stesso è.
Besnik Mustafaj

Sono gli eventi storici a scandire il tempo dell’Albania di Besnik Mustafaj. È lucida, cristallina e spietata l’analisi dell’autore, che coinvolge gli svariati e asfissianti predomini che si sono succeduti alla guida del Paese. È libero dal potere soppesante, rimanendo crudo e fortemente realistico, il confronto che lo scrittore fa tra passato e presente, atto a narrare dell’instabile attuale equilibrio albanese.
Il percorso confuso e faticoso della nazione e la sua intrinseca necessità di ritrovare la propria identità, sono temi trattati in maniera certosina. È fortemente combattiva l’Albania di Mustafaj, profondamente speranzosa, nutrita dall’urgenza di liberarsi da quel Purgatorio in cui è da troppo tempo. Tutto questo è legato a un passato che conserva un grande potere, in quanto preziosa base per un futuro migliore.
Mustafaj conferisce all’Albania una grande emotività e lo fa attraverso le sue poesie ai tempi del regime, dove “l’amore diventa il motore del mondo” in un momento storico angosciante, che ha l’attenzione rivolta al male, pur non dimenticando il bene.
Mustafaj parla con profondo dolore di un Paese che ha conosciuto l’oppressione e le coercizioni del regime, potenti al punto da lacerare l’intimità dell’anima, da distruggere ogni forma di razionalità umana, da manipolare la testa degli individui. Sono osservazioni amare, intrise di una tangibile sofferenza.
Riflessioni
Elegantemente obiettivo e diretto nella sua sobria linearità Aliçka, concreto nelle suggestioni gestite con maestria Kuka, potente nella sua emotività offerta con garbo e grazia Mustafaj: tre autori diversi tra loro per stile e scrittura, ma con una visione della situazione albanese a tratti speculare.
Il passato e l’importanza della memoria, la confusione che regna in Albania, una continua e disordinata evoluzione che in realtà non muove nulla, la necessità del recupero dell’identità nazionale e popolare: quattro gli elementi componenti il filo conduttore, che unisce i tre scrittori e le loro opere. A questo si aggiunge la palpabile sofferenza per un Paese bloccato nel suo delicato marasma.
È una penna travagliata quella dei tre scrittori, che in Aliçka si fa obiettività e si spoglia di ogni timore, in Kuka diventa moderata, quasi pudica e in Mustafaj si trasforma in qualcosa di viscerale, di appassionato, simile a un canto di dolore. Una maniera similare, per certi versi, di parlare di Albania, con un modo di porsi differente.
Ylljet Aliçka espone in maniera abile, mirata, e accusatoria, se serve, le proprie convinzioni.
Più contentuto Tom Kuka e in qualche modo raccolto nella sua rassegnazione, offre un affresco incantevole dei suo principi, inserito amabilmente nella magica cornice della sua scrittura.
È esplosivo Besnik Mustafaj, che non si risparmia nel consegnare le più vive sensazioni e tutta la sua speranza che possa arrivare un’Albania migliore.
Tre autori di grande spessore, che narrano tanto nei loro scritti, ma che hanno molto da raccontare oltre i loro libri.