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L’Albania di lord Byron

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26 Gennaio 2022
Lord Byron Ali Pascia Di Tepeleni

Prèveza, 12 novembre 1809

Mia cara Madre,
sono stato un po’ di tempo in Turchia.

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Il posto è sulla costa, ma ho attraversato l’interno della provincia albanese in visita al pascià. Ho lasciato Malta a bordo del Ragno, un brigantino di guerra, il 21 settembre, e sono arrivato in otto giorni a Prèveza.

Da lì ho percorso circa 150 miglia fino a Tepeleni [Tepaleen], il palazzo di campagna di sua altezza, dove ho soggiornato per tre giorni. Il nome del pascià è Ali, ed è considerato un uomo di grandi capacità, governa tutta l’Albania (l’antico Illyricum), l’Epiro e parte della Macedonia. Suo figlio Veli [Velly] pascià, per il quale mi ha dato delle lettere, governa la Morea e ha una grande influenza in Egitto, insomma è uno degli uomini più potenti dell’impero ottomano. Quando ho raggiunto Giannina [Yanina], la capitale, dopo un viaggio di tre giorni sulle montagne attraverso un Paese dalla bellezza più pittoresca, ho scoperto che Ali pascià era con il suo esercito nell’Illyricum ad assediare Ibraham pascià nel castello di Berat.

Aveva sentito che un inglese di rango era nei suoi domini e aveva lasciato ordini a Giannina al Comandante di fornire una casa e di provvedere ad ogni genere di necessità, gratuitamente; e anche se mi è stato permesso di fare regali agli schiavi, ecc. non mi è stato permesso di pagare un solo articolo di consumo domestico. Ho cavalcato i cavalli del visir e ho visto i palazzi suoi e dei suoi nipoti; sono splendidi, ma troppo decorati con seta e oro. Poi ho attraversato le montagne attraverso Zitza, un villaggio con un monastero greco (dove ho dormito al mio ritorno) nel più bel contesto (sempre ad eccezione di Sintra in Portogallo) che abbia mai visto. In nove giorni ho raggiunto Tepeleni: il nostro viaggio è stato più lungo del previsto, a causa dei torrenti che scendevano dalle montagne e attraversavano le strade. Non dimenticherò mai la singolare scena entrando a Tepeleni alle cinque del pomeriggio, mentre il sole tramontava, che mi ha riportato alla memoria (con qualche cambio d’abito però) la descrizione di Scott del castello di Branksome nel suo sito, e il sistema feudale.

Gli albanesi nei loro abiti (i più magnifici del mondo, costituiti da un lungo kilt bianco, mantello dorato lavorato, giacca e gilet di velluto cremisi, con alamari d’oro, pistole e pugnali d’argento), i tartari con i loro alti berretti, i turchi con i loro ampi mantelli e turbanti, i soldati e gli schiavi neri con i cavalli, i primi schierati in gruppi in un immenso loggiato davanti al palazzo, i secondi in una sorta di chiostro sottostante, duecento destrieri pronti a muoversi in un attimo, i corrieri che arrivano o partono con i dispacci, i tamburi che battono, i ragazzi che chiamano l’ora dal minareto della moschea, tutto questo insieme, come anche l’aspetto singolare dell’edificio stesso, formava un nuovo e delizioso spettacolo per uno straniero.

Sono stato condotto in un appartamento molto bello e il segretario del visir «à la mode de Turque”, si è informato della mia salute. Il giorno dopo mi hanno presentato Ali pascià. Ero vestito con l’uniforme dello staff, completa di una sciabola magnifica, ecc. Il visir mi ricevette in una grande stanza pavimentata in marmo, con una fontana al centro, l’appartamento era pieno di ottomane rosso scarlatto; mi ricevette in piedi, un meraviglioso gesto di cortesia da parte di un mussulmano, e mi fece sedere alla sua destra. Ho un interprete greco per uso generale, ma un medico di Ali, di nome Seculario, che capisce il latino, ha risposto a nome mio in questa occasione. La sua prima domanda è stata: perché ho lasciato il mio Paese a un’età così precoce? (i turchi non hanno idea di cosa sia viaggiare per piacere).

Poi riferì che il ministro inglese, il capitano Leake, gli aveva detto che appartengo a una grande famiglia, e pertanto desiderava porgere i suoi ossequi a mia madre, ossequi che ora vi presento a nome di Ali pascià. Disse che era certo che ero un uomo di buoni natali perché avevo le orecchie piccole, i capelli arricciati e le manine bianche, e si mostrò soddisfatto del mio aspetto e del mio abbigliamento. Mi invitò a considerarlo come un padre mentre ero in Turchia, e disse che mi guardava come a un suo figlio. Infatti mi trattava come un bambino, mandandomi mandorle e sorbetto zuccherato, frutta e dolciumi venti volte al giorno. Mi pregava di andare a trovarlo spesso, anche la sera, quando era meno impegnato. Poi, dopo il caffè e le pipe, mi ritirai per la prima volta. Lo vidi altre tre volte.

È singolare che i turchi che, tranne il Sultano, non hanno titoli ereditari e poche grandi famiglie, portano rispetto ai natali, perché ho trovato il mio pedigree tenuto in maggior considerazione del mio titolo. Sua Altezza ha sessant’anni, è molto grasso e non alto, ma con un bel viso, occhi azzurri e barba bianca, i suoi modi sono molto gentili e allo stesso tempo possiede quella dignità che trovo universale tra i turchi. Ha l’aspetto di tutto tranne che del suo vero carattere, perché è un tiranno senza pietà, colpevole delle più orribili crudeltà, molto coraggioso e così bravo come generale, che lo chiamano il Bonaparte maomettano. Napoleone si è offerto due volte di farlo re dell’Epiro, ma lui preferisce l’interessamento inglese e aborrisce i francesi, come lui stesso mi ha detto.

È talmente importante che è molto corteggiato da entrambi, essendo gli albanesi i sudditi più bellicosi del Sultano, anche se Ali è solo nominalmente dipendente dalla Porta. È stato un potente guerriero, ma è tanto barbaro quanto vittorioso, arrostisce i ribelli, ecc. ecc. e cose del genere. Bonaparte gli ha mandato una tabacchiera con la sua immagine. Ha detto che la tabacchiera era molto bella, e che poteva scusare il dipinto, perché non gli piaceva neanche l’originale. Le sue idee di giudicare la nascita di un uomo da orecchie, mani, ecc. sono piuttosto curiose. Per me fu davvero un padre, dandomi lettere, guardie e ogni possibile comodità. Le nostre conversazioni successive furono di guerra e di viaggi, di politica e di Inghilterra. Chiamò il soldato albanese che mi assisteva e gli disse di proteggermi da ogni pericolo. Il suo nome è Viscillie e come tutti gli albanesi è coraggioso, rigidamente onesto e fedele, ma essi sono crudeli, anche se non infidi, e hanno diversi vizi, ma nessuna cattiveria. Sono forse la più bella razza del mondo per quanto riguarda la bellezza del volto; anche le loro donne sono a volte belle, ma vengono trattate come schiave e bestie da soma: arano, scavano e seminano, le ho trovate a trasportare legna e a riparare le strade. Gli uomini sono tutti soldati, e la guerra e la caccia sono le loro sole occupazioni. Le donne sono braccianti, che in fondo non è una grande sofferenza in un clima così piacevole.

[….]

il tuo affettuoso figlio,
BYRON P.S.
Ho degli abiti albanesi molto “magnifique”, gli unici articoli costosi in questo Paese. Costano 50 ghinee l’uno e hanno così tanto oro che in Inghilterra ne costerebbero duecento. Mi sono stati presentati Hussein bey, e Mahmut pascià, entrambi ragazzini, nipoti di Ali. Sono del tutto diversi dai nostri ragazzi, hanno il viso imbellettato come una ragazza, grandi occhi neri e lineamenti perfettamente regolari. Sono le animelle più carine che abbia mai visto, e sono già entrati nelle cerimonie di Corte. Il saluto turco è una leggera inclinazione della testa con la mano sul petto, per gli intimi è sempre il bacio. Mahmut ha dieci anni e spera di rivedermi, siamo amici senza capirci, come tante altre persone, anche se per ragioni diverse. Mi ha dato una lettera per suo padre che si trova in Morea, per il quale ho anche lettere di Ali pascià.

Traduzione di Ludovico Valentini per la collana “Invito al viaggio. In Albania. Frammenti di cultura, geografia e storia immagini luoghi racconti” pubblicato da RomaTrE-Press nel 2020. L’articolo integrale in lingua inglese è consultabile sul sito Albanian History (Testi e documenti di storia albanese) gestito dall’albanologo Robert Elsie

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Argomenti: Ludovico ValentiniRobert ElsieRomaTrE-PressAlì Pascià di Giannina
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