Una storia dalle tinte gialle, i fatti quotidiani di vita vissuta, il rispetto delle tradizioni e i contrasti socio-politici caratterizzano l’interessante libro di Anila Wilms, La strada del nord.
La storia
Siamo nella Tirana del primo ventennio. Julius Grant è l’ambasciatore americano che si trova a Tirana a ricoprire il suo primo incarico. Si sente vivo, pieno di energia e con una gran voglia di fare. Il suo mandato nella capitale albanese nasce dall’interesse che gli americani dimostrano nei confronti di giacimenti petroliferi, che si vocifera siano presenti nel Nord del Paese.
A dire il vero, diverse nazioni vorrebbero mettere le mani su quelle fonti di ricchezza, pertanto, l’ambasciatore sa che non sarà un’impresa facile tenersele strette. Ad appesantire i suoi pensieri, arriva un funesto e sconvolgente fatto: nella primavera del 1924 ben due omicidi si consumano nel Nord dell’Albania. I corpi senza vita dei due americani vengono portati a Tirana da un ingegnere forestale tedesco.
Si scatena un grande fermento in città, dove non si parla d’altro. Compaiono le navi da guerra e l’Albania viene improvvisamente stretta nella morsa delle pressioni di altri Paesi Europei. Le motivazioni, per cui tutto ciò sta accadendo, sono sempre più misteriose.
Si chiacchiera
Anila Wilms in questo La strada del nord delinea il certosino profilo di un’Albania ricca di contraddizioni, alla ricerca fervente di una propria identità, dove il filo che lega il passato al presente sembra indelebile. Descrive un Paese con un’Anima grande, ma profondamente conflittuale.
L’Ambasciatore e il suo staff si ritrovano in questo Paese straniero, dove per i loro usi e costumi sembra esserci largo spazio, se pur in un’incomprensibile altalena di fatti, emozioni e oggettive battaglie. Nonostante la fortissima conflittualità intestina, la nazione è caratterizzata da un’importante democraticità religiosa, che rende la convivenza tra cristiani e musulmani piacevole. Sono proprio gli uomini appartenenti alle due religioni che chiacchierano amabilmente ai tavolini dei bar; l’argomento è quello dei cadaveri arrivati a Tirana, lungo la strada del nord, quella che attraversa le zone più impervie delle montagne.
Sono tutti molto preoccupati: l’Albania stra attraversando un momento politico delicato, per cui si temono ritorsioni da parte degli americani. Quello che, però, inquieta di più, è la violazione dell’ accoglienza dello straniero, che in un Paese regolato dal Kanun, una sorta di codice d’onore, è sacra. Lo è per tutti gli albanesi, ma per chi vive sulle montagne, lo è ancora di più. Per questo, la giustificazione che circola è di un omicidio legato alla sfera politica.
L’affresco della società albanese
La penna della Wilms è maestra in questo La strada del nord, con cui consegna al lettore un affresco della società albanese caratterizzato dalla popolazione variegata e dalle potenti contraddizioni socio politiche. L’autrice albanese di adozione berlinese disegna un profilo particolareggiato e curioso dei personaggi che animano la narrazione e che si ritrovano a fronteggiare le difficoltà legate al proprio lavoro.
Per l’Ambasciatore americano, per esempio, le situazioni particolarmente difficili dipendono, anche, dal fatto di vivere una vita sin troppo semplice e frugale rispetto a quella a cui è abituato, tra impegni politici e sociali.
Anila Wilms riesce a raccontare una storia tinta di giallo, incastonandola nella Storia albanese, facendo un ritratto dei personaggi (dall’ambasciatore Grant, al vescovo Dorotheus, al primo ministro Fuad Herri, sino al ministro degli esteri Bey Gorica, ex ambasciatore del sultano), sia oggettivo che psicologico, mentre il vociare degli avventori del bar fa da sfondo all’intera narrazione.
