È il marzo del 1990, quando Elvis Malaj nasce nel distretto di Malësi e Madhe, in Albania. La nazione è in un momento di grandi cambiamenti. Le famiglie che abitano le montagne non sono più abbandonate a se stesse: il governo regala loro una mucca e qualche pecora, per poter tirare a campare. Il piccolo Elvis vive un’infanzia spensierata, senza rendersi conto che l’Albania, nel frattempo, sta andando incontro a un periodo di grande confusione. Se da una parte ci sono cenni di una buona ripresa, dall’altra, quella democrazia che gli albanesi sentono di vivere, non si rivela tale.
In virtù di tali fatti, quando è ancora adolescente, si trasferisce con la famiglia in quel di Alessandria. Elvis conosce la lingua italiana e ha una buona concezione degli italiani, che la TV gli presenta come un popolo accogliente e amichevole. Sa, per esempio, che spesso buttano via le cose ancora nuove. Una convinzione, quest’ultima, che viene prontamente smentita dalla realtà; la vita, infatti, non si presenta per niente semplice nella nuova terra. La sua mamma, che di italiano non sa nemmeno una parola, riesce a individuare le sedi della Caritas e di tutte quelle associazioni, in grado di aiutare le famiglie in difficoltà.
Elvis spesso la accompagna in questi posti, se non altro per farle da interprete. Un giorno, però, presta particolare attenzione a quello che lo circonda e rimane profondamente colpito dal disagio delle persone, che come loro, sono lì per chiedere aiuto. È talmente imbarazzato da non riuscire nemmeno a profferire parola. Un’emozione che sua madre coglie e raccoglie, tanto da non accettare l’invito della volontaria, di fermarsi a consumare i pasti in loco. Elvis è arrabbiato, molto arrabbiato con la donna. In realtà, la fase adolescenziale che attraversa in quel momento, non è sicuramente delle migliori. Un periodo buio, iniziato già in Albania, che in Italia si acuisce particolarmente.
Il giovane si chiude in se stesso, in un mutismo quasi cronico. Elvis cerca di palesarsi agli occhi degli altri con comportamenti nella norma, pur essendo consapevole di essere vittima delle sue fobie, dei suoi complessi e del timore nei confronti dell’universo che lo circonda. Per questi motivi si isola, trascorre tutta l’estate in casa e proprio non riesce a spiegare ai suoi, il perché di questo profondo disagio. Il primo rientro nel Paese delle Aquile avviene dopo tre anni dalla sua partenza.
Chi torna viene visto con occhi differenti, quasi venerato. Chi torna a far visita al proprio Paese è il simbolo della speranza per chi vuole andare via, alla ricerca di riscatto. Soprattutto, assumono grande importanza i racconti della bellissima vita che si fa in Italia e poi quelli sul sesso, il gran sesso che si consuma in Italia. A tal proposito, Elvis, pur di non confessare la propria verginità, inventa e con le sue invenzioni si guadagna la stima degli amici. Torna in Albania solo altre due volte, perché strettamente necessario. Nel frattempo, si trasferisce con la sua famiglia a Belluno, dove consegue il diploma di perito meccanico e dopo il rimbalzo dalla facoltà di fisica di Milano, a quella di filosofia della stessa città meneghina, lascia definitivamente gli studi, senza confessare tale scelta ai suoi genitori. Così, le sue giornate di giovane strafatto si consumano nei vari centri sociali, in compagnia di gente discutibile, sognando progetti altrettanto discutibili.
Decide di fare rientro a Belluno, dopo aver passato la notte sulla panchina di un parco, senza ricordarne nemmeno il motivo. I suoi sono in gravi difficoltà economiche, tanto da interpretare la scelta del giovane, come una cortesia nei loro confronti, sino a sentirsi in colpa per questo. Decide di rimboccarsi le maniche Elvis, per aiutare la sua famiglia. Inizia così, a svolgere professioni tra le più svariate e tra le più umili, sino a quando non si trasferisce a Padova, dove l’Oblique Studio vede in lui uno scrittore e Racconti Edizioni decide di pubblicare il suo primo libro.
È proprio in occasione dell’uscita della sua prima produzione letteraria, che si chiede a Malaj di scrivere qualche cenno di autobiografia, cosa che egli trova fondamentalmente antipatica. Per fare in modo che non fossero i soliti due righi, il suo agente gli suggerisce di redigere un racconto come se stesse parlando di un altro. Nasce il pezzo Autobiografia di un mio personaggio, pubblicato su “IlLibraio”, da cui abbiamo attinto la storia della vita di Elvis Malaj.
Dal tuo terrazzo si vede casa mia

Sono dodici i racconti brevi che compongono questo Dal tuo terrazzo si vede casa mia, il libro d’esordio di Elvis Malaj, pubblicato da Racconti Edizioni nel 2017, presente nella dozzina del Premio Strega 2018. Sono storie di quotidianità, di persone, di sentimenti, di emozioni e di vita vissuta. Lo scrittore albanese parte proprio dalla sua esperienza esistenziale, per raccontare il rapporto tra gli albanesi e l’Italia. Con una forma chiara, che bilancia con perfetto e quasi severo equilibrio le parole usate e i concetti espressi, Malaj racconta delle difficoltà e dell’impatto, che sarebbe meglio definire collisione, tra albanesi in terra italiana e gli italiani stessi.
Un incontro-scontro che può risultare molto difficile all’inizio, per trasformarsi in una meravigliosa integrazione, dopo. A volte, le difficoltà perdurano, sino alla fuga e alla rinuncia. Una narrazione a cui fanno da sfondo i pregiudizi, le maledicenze e l’errato disegno radicato nell’immaginario italiano, che vede l’albanese medio come ladro, delinquente e avanzo di galera.
Qui, esplode l’ironia che fa da filo conduttore della raccolta e che dona alla lettura un tono vivace. L’antologia prende il titolo da una frase che un giovane albanese pronuncia nell’ultima storia narrata, rivolgendosi alla ragazza proprietaria dell’appartamento in cui si introduce, per bagnare le piante ormai morenti. È inutile dire che la sua presenza desta la preoccupazione della giovane, che forse nel caso specifico a ragione, pensa che il ragazzo sia un ladro a tutti gli effetti. In realtà, non appena le cose si chiariscono, tra i due nasce una bella intesa. La distanza tra i due balconi, che si guardano l’un l’altro, sta a simboleggiare il mare che separa l’Italia dall’Albania. Due nazioni così vicine e così lontane, che ancora oggi hanno timore a sfiorarsi, anche se, il tocco reale diventa poi gentile e accogliente.
Elvis Malaj è un giovane autore, ma la sua scrittura tradisce l’età, in quanto pregna di quella maturità appartenente a chi gestisce la penna senza sofferenza. Ed è attraverso queste parole, semplici e mai banali, che lo scrittore albanese consegna al lettore delle storie cariche di spunti di riflessione. Cerca, riuscendoci pienamente, di spiegare come due mondi così simili e al contempo così diversi, si guardino allo specchio, non ritrovandosi o ritrovandosi a fatica. Lo fa con la cognizione di causa di chi racconta pezzi di vita vissuta e di chi vuole lasciare un messaggio di pura positività.
Il mare è rotondo

Il romanzo d’esordio di Elvis Malaj vede la luce nel 2020, con la pubblicazione a cura della casa editrice Rizzoli. Protagonista di questo Il mare è rotondo è Ujkan, un giovane di venticinque anni, che sogna l’Italia dalla tenera età di undici. La storia narra dei continui tentativi del ragazzo di arrivare sulla penisola, della sua disperata volontà di abbandonare l’Albania per il sogno italiano, che conosce un incredibile paradosso: quando finalmente riesce ad arrivare sulle coste italiane, chiede allo scafista di riportarlo indietro. “Non me la sento”. Con una sola frase spegne i suoi sogni e i suoi desideri. Saranno stati poi reali tali sogni? Rimane sul gommone e si fa riportare a casa, dove lo attendono lavoretti da parte di uomini di malaffare, oppure, sensibilmente sotto pagati. Ad aspettarlo, c’è anche la sua corsa affannosa per raggiungere la bella Irena, da lui tanto desiderata, anche se lei sembra non volerne proprio sapere. L’Italia, intanto, rimane sullo sfondo, raccontata e agognata. Qualcuno ha davvero voglia di andarci?
Attraverso le vicende che animano il romanzo, Malaj vuole narrare i disagi, le perplessità e i sacrifici che affronta chi decide di lasciare la propria patria, per emigrare in terra straniera. Un racconto avvincente e coinvolgente, in cui si ritrova, ancora, la vivacità che caratterizza la prosa del giovane autore, il suo stile lineare e la sua scrittura libera da fronzoli. A questo punto, però, facciamo un passo indietro. In verità, Il mare rotondo è un romanzo che ha una sua particolare genesi. Durante uno dei suoi ultimi viaggi in Albania, Elvis viene a conoscenza della storia di Ylli Bodinaku, il trentenne albanese che il 2 Luglio del 1990, compie un gesto epocale: carica tutta la sua famiglia sul camion con cui lavora e sfonda il recinto dell’Ambasciata tedesca a Tirana. Il sogno dell’uomo è quello di andare a lavorare in Germania, per dare una vita migliore ai suoi figli. Entrando forzatamente nell’Ambasciata tedesca, in qualche modo, Bodinaku realizza il suo sogno.
Una storia, questa, che colpisce profondamente Elvis, che vede nel gesto dell’uomo tantissima umanità, cultura e letteratura. Una vicenda piena di coraggio, che si svolge in un periodo difficilissimo per l’Albania. Parliamo degli anni della dittatura di Enver Hoxha, una mente paranoica, alla guida del regime più longevo in assoluto. A causa del totalitarismo, l’Albania diventa il Paese più chiuso e isolato del mondo.
Il gesto di Bodinaku apre un capitolo storico fondamentale per la storia d’Albania, che vede le invasioni delle Ambasciate, fino al crollo del regime. Elvis sente di dover scrivere su questo ed è così che nasce il romanzo. Ovviamente non si narra di Bodinaku, che, però, ha avuto un ruolo importantissimo, colpendo il punto debole del regime. Ed è da questo ruolo che l’autore decide di partire, perché Bodinaku non rappresenta un uomo solo, ma è l’emblema di tante, tantissime persone, con il loro bagaglio colmo di speranze e di quel sogno italiano, tanto voluto, tanto agognato.