Si è concluso domenica 25 giugno Passaggi Festival, il festival della saggistica di Fano, che anche nell’edizione 2023 ha ospitato la Rassegna Europa/Mediterraneo, dedicandola alla narrativa albanese. In questa specifica occasione, la finestra che dal 2019 la manifestazione apre sui Balcani, è stata organizzata in collaborazione con Albania Letteraria, Il cappuccino delle cinque e con il Patrocinio del Consolato della Repubblica d’Albania a Milano. Elvira Dones, Artur Nuraj e Bashkim Shehu, le tre voci della letteratura proveniente dall’Albania, che hanno animato la rubrica della kermesse libraria.
Artur Nuraj
Ad aprire gli appuntamenti di Europa/Mediterraneo, Artur Nuraj, una delle voci più interessanti dell’italofonia e considerato il pioniere del moderno noir albanese: l’incontro si è tenuto il 22 giugno presso la suggestiva location della Mediateca Montanari. Lo scrittore, dialogando con Anna Lattanzi, ha presentato il suo libro, pubblicato da Marsilio Editori, La valle dei bambini perduti, un noir dal profilo crudo, che delinea la realtà albanese ai tempi del regime.

Ho scritto un libro che pone di fronte a tematiche molto forti, perché era dura la realtà che ho voluto rappresentare. Ho messo nero su bianco quanto ho vissuto, non raccontando nulla di nuovo rispetto a quanto è accaduto. Il libro è frutto della fantasia, ma l’ambientazione è realistica, i personaggi sono veritieri, in quanto si ispirano a gente che ho conosciuto. Quella era la vita in quei tempi in Albania, dura e cruda.
Una realtà fatta di menzogne, di sottomissione, che incuteva paura, dove le carceri erano piene di prigionieri politici, rinchiusi solo per timore che potessero esprimere le loro idee. Nuraj era molto giovane e si poneva domande alle quali nessuno ha mai avuto il coraggio di rispondere. Una dimensione assurda, che ha lasciato profondi strascichi.
Non sappiamo quanto si prolungheranno le conseguenze di quegli anni, ma ne portiamo gli effetti ancora dentro di noi. […] I padri hanno timore di raccontare ai figli quanto è accaduto: questo è sbagliato. I giovani hanno il diritto di sapere, devono ricordare quali sono le loro radici e conoscere le sofferenze patite dai genitori.
L’autore ha parlato della sua albanità, di come, anche se lontano dalla sua terra, si senta profondamente albanese, una sensazione che non cambierà mai.
Anche se sono in Italia, vivo in quell’Albania e ci vivrò fino alla fine. L’Albania della mia gioventù mi ha forgiato, mi ha permesso di affrontare l’Italia, ma le mie origini saranno sempre le mie origini. Non voglio dimenticare chi sono e da dove vengo.

Elvira Dones
Il secondo appuntamento, svoltosi venerdì 23 giugno, ha avuto una protagonista di fama internazionale: Elvira Dones, scrittrice, documentarista e sceneggiatrice apprezzata nel mondo. Il suo nuovo libro, La breve vita di Lukas Santana, dato alle stampe da La Nave di Teseo Editore, è stato presentato in anteprima nazionale a Passaggi Festival. A conversare con l’autrice, Carolina Iacucci, critica letteraria e Anna Lattanzi.

Dones ha spiegato come il suo libro, caratterizzato da una potente riflessione sulla pena di morte, non sia solo un romanzo. L’autrice, infatti, ha ripercorso i tratti di una storia vera, quella di un giovane di cui ha seguito la sua ultima estate nel braccio della morte.
Lukas era un ragazzo texano che viveva al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, nella Vallata di Rio Grande. A un certo punto, il giovane condannato ha deciso di raccontare la sua storia alla documentarista, per lasciare una testimonianza a suo figlio ancora piccolo. Attraverso le vicende di Lukas, Dones narra quella di circa ottanta persone condannate a morte in Texas, secondo la legge delle Bande, che permette di punire con la pena capitale anche chi non commette materialmente un omicidio.
Attorno ai condannati a morte c’è un inferno dantesco. Coloro che stanno per morire non sono solo i giudicati, ma anche le loro mogli, le famiglie e gli amici.

Bashkim Shehu
A parlare durante l’incontro finale della Rassegna, Bashkim Shehu, che ha raccontato il suo ultimo volume tradotto e pubblicato da Besa Muci Editore, L’incrocio e l’abisso. La giornalista de Il Resto del Carlino, Benedetta Iacomucci e il direttore del Festival Giovanni Belfiori i relatori dell’evento, la cui interpretazione dall’albanese all’italiano è stata affidata ad Artan Xhepa, membro dell’Associazione Ilirianet, presieduta da Eva Cuni, che riunisce larga parte della comunità albanese di Fano e che ha accolto e sostenuto, sin da subito, l’iniziativa.

Protagonisti del libro, dal carattere socio-politico molto spiccato, sono due uomini: il primo di origini slave, entrato illegalmente in Albania, proprio come il secondo di estrazione kosovara. Due sconosciuti destinati a incontrarsi e a stringere una profonda amicizia, quando vengono entrambi arrestati con l’accusa di spionaggio e sovversione.
È emerso sin da subito il taglio pessimistico che contraddistingue il volume: nessuna speranza e pochi i gesti di solidarietà nell’Albania rossa. Alla domanda relativa a questa visione negativa, Shehu ha risposto con un pacato distacco.
Io non sono triste per quello che è successo, cerco di affrontare la vita con ottimismo. Scrivere mi fa sentire qualcun altro e scrivendo posso raccontare quanto c’è di più profondo dentro di me.
Le tematiche intorno alle quali si snoda il testo sono diverse, ma le principali fanno riferimento ai destini degli uomini che si incrociano e ai confini imposti dagli stessi, che nell’epoca in cui la storia è ambientata erano frutto del regime, sia territorialmente che umanamente.
Tutta la conversazione è ruotata intorno ai metodi stringenti della dittatura, per poi fare un corposo riferimento alla difficile vita di Shehu a quei tempi, quando ha scontato otto anni di prigione, dopo la caduta in disgrazia di suo padre Mehmet Shehu, Primo Ministro d’Albania e braccio destro di Enver Hoxha.
