Una grande accoglienza di pubblico, per Tom Kuka (Enkel Demi), all’Istituto Italiano di Cultura a Tirana, durante l’evento di Albania Letteraria, in collaborazione con IIC, che si è svolto nel pomeriggio del 7 novembre, presso la Biblioteca dell’Istituto. Tra i presenti numerosi grandi nomi della letteratura e dell’editoria albanese. A dialogare con l’autore sui suoi due libri pubblicati in Italia, (L’Ora del male, tradotto da Fioralba Duma e Valentina Notaro, Besa Muci Editore, 2021 e Flama, il libro vincitore del Premio dell’Unione Europea per la Letteratura 2021, nella trasposizione di Valentina Notaro, Besa Muci Editore, 2022), Aida Baro, editor e traduttrice e Anna Lattanzi, capo redattrice di Albania Letteraria.
A introdurre l’incontro il direttore dell’IIC, Alessandro Ruggera, che ha ricordato la collaborazione tra l’IIC e Albania Letteraria, ormai consolidata e l’apprezzamento del lavoro, motivo per cui l’Istituto di Cultura ha deciso di ospitare, anche, gli autori albanesi tradotti in italiano.
La letteratura non ha nazionalità: l’opera di traduzione è fondamentale, permette alla letteratura di viaggiare e si dovrebbe favorire maggiormente il dialogo sotto questo aspetto.
Prima di dare la parola all’autore, Anna Lattanzi ha fatto un corposo riferimento al profilo che la critica italiana ha disegnato di Tom Kuka e su come l’autore è stato accolto e percepito in Italia.
Di Tom Kuka hanno scritto in tanti, oltre ad Albania Letteraria: ne ha parlato il Corriere della Sera, La Repubblica, Il manifesto, Rainews. L’autore ha partecipato alle maggiori manifestazioni librarie in Italia e tutta la critica ha posto l’accento, in maniera unanime, su alcuni fondamentali aspetti che caratterizzano la sua letteratura: il concetto di albanità, che incorpora quelli di identità e libertà, l’attaccamento alle radici e all’identità albanese che egli pone, al lettore, nella maniera più pulita possibile, il suo essere uno scrittore senza scrupoli, che racconta l’Albania di ieri per narrare di quella di oggi, senza edulcorazioni. Un narratore di storie tramandate oralmente, per raccontare la Storia del suo Paese.
Il dialogo si è snodato intorno alle storie che animano i due libri e alle tematiche che essi affrontano, partendo da L’Ora del male, che si apre con l’omicidio di Çelo Mezani per mano del protagonista, Sali Kamati, nel rispetto di uno dei concetti del Kanun: la vendetta. Si è parlato anche del significato di reputazione e di giudizio, due termini che assumono un ruolo determinante nel romanzo che Enkel Demi ha dedicato all’amore.
L’Albania non è molto cambiata in questo senso: Sali Kamati si innamora di una giovane, mentre è sposato e viene duramente giudicato. Ammazza per vendetta e viene acclamato. Chiaramente, oggi il giudizio ha assunto forme differenti, in contesti diversi, ma poco è cambiato rispetto al passato. Penso che agli albanesi manchi il senso amorevole.
Aida Baro è editor e traduttrice per la casa editrice Botime Pegi, che ha pubblicato tutti i libri di Toma Kuka in Albania.
Quello che più ci ha colpito è il modo di raccontare di Tom Kuka, la sua scrittura. Ci siamo resi conto che era quello che mancava nella nostra letteratura. Il libro che più mi piace, Le pietre della solitudine, non è ancora stato pubblicato in Italia: leggendo quel libro, che narra del genocidio subito dal popolo Çam, mi sono sentita dentro la Storia dell’Albania.
Le storie tramandate oralmente sono quelle che permettono a Tom Kuka di narrare del suo popolo, delle sue origini, delle tradizioni del suo Paese e di sottolineare quanto sia importante la memoria.
Gli albanesi hanno una memoria corta, cosa che succede ad altri popoli, certo, ma gli albanesi dimenticano in fretta e questo, inevitabilmente, porta a commettere gli stessi errori.
La discussione è continuata sul concetto di albanità, che come ha evidenziato Baro Aida, si è espletato in Italia, perché quello stesso valore, in Albania, è quotidianità. Al termine del confronto si è fatto riferimento anche all’ultimo libro pubblicato da Kuka in albanese, Rrhetimi, in cui l’autore, ancora una volta, pone l’accento sulla Storia, tramite le storie.
Ho deciso di adottare lo pseudonimo di Tom Kuka, perché come Enkel Demi giornalista ritengo di vivere nella menzogna. Nella scrittura volevo essere vero: quello dello scrittore è il primo mestiere che faccio, nella verità.