I suoi piedi erano freddi e, ogni volta che muoveva un poco le gambe intorpidite, sentiva sotto le scarpe un lamentoso scricchiolio di ciottoli. In realtà, il lamentoso era dentro di lui. Non gli era mai capitato di rimanere immobile così a lungo, steso lungo l’argine, lì nella strada maestra, aspettando che qualcuno passasse.
Il giorno stava per finire. Impaurito, quasi spaventato, avvicinò l’occhio al fucile per guardare nel mirino. Con il sopraggiungere del crepuscolo, il mirino si sarebbe offuscato. “Passerà sicuramente prima che l’oscurità ti entri nel mirino del fucile” gli aveva detto il padre. “Devi solo essere paziente e aspettare.” Ormai aveva le ginocchia doloranti e non sentiva più il braccio destro.
Spostò lentamente la canna del fucile dai cumuli di neve non ancora sciolta sul ciglio della strada ai terreni che si trovavano poco oltre, pieni di melograni selvatici. Il pensiero che quello fosse un giorno straordinario della sua vita gli passò vagamente per la testa. La canna del fucile si spostò poi indietro, tornando dai melograni selvatici ai cumuli di neve. Quello che aveva considerato un giorno straordinario della sua vita, non era nient’altro che quei cumuli di neve e melograni selvaggi, che sembrava stessero aspettando lì sin da mezzogiorno per vedere cosa avrebbe fatto.

L’opinione
Gjorg Berisha deve vendicare la morte del fratello; non può sottrarsi alle regole del Kanun, l’antico codice di diritto consuetudinario albanese. Gjorg Berisha uccide, suo malgrado, nella culla delle sue inquietudini e dopo l’omicidio non è più solo; la morte lo attende, ogni momento può essere quello giusto, in ogni luogo può perpetrarsi la sua ora. La consapevolezza del destino lo affligge, mentre la sua vita si amalgama con quella di Besian e Diana Vorpsi, due giovani sposi in viaggio di nozze tra le montagne albanesi.
Un libro di forte impatto questo Aprile spezzato di Ismail Kadare, per la traduzione di Liljana Cuka Maksuti, che scatena nel lettore svariate emozioni; il ribrezzo si mescola all’incredulità, al disorientamento, allo stupore, allo sgomento, all’adrenalina, sino a quando la razionalità non si impadronisce delle vive sensazioni, con la consapevolezza di guardare un mondo plasmato dal Kanun e a un universo ancora più grande, che risiede nell’antico codice albanese. Il ritmo è incalzante, la penna è sicura, atta a mantenere sempre alta l’attenzione di chi legge; la morte e il sangue sono potentemente tangibili. Un volume dal richiamo interiore elevato e irruente, che tiene il lettore attaccato a ogni singola pagina, presentandogli lucidamente un’impetuosa realtà.