Di solito prendevo il caffè del mattino al Rranjo, un bar così chiamato per via del grande ragno che viveva in una teca di vetro sistemata in un armadio a muro, proprio vicino al mio tavolo preferito. Spesso, prima di sedermi, osservavo quella creatura tanto bella quanto spaventosa. Lei nel suo mondo e io nel mio, separati dalla trasparenza del vetro e dai fili della vita. Io quasi sempre da solo, con un giornale, assorto nei miei pensieri, accompagnato da una musica gradevole che non era mai ad alto volume, il che mi stava bene. Le persone che, come me, trascorrevano la mattina in quel posto quasi non le conoscevo, perché loro non mi davano fastidio né io ne davo a loro.
Così, l’inizio della giornata era un momento tutto per me. Mentre il ragno che mi stava accanto viveva in una solitudine perpetua. Anche quella mattina di marzo mi sembrava simile a tante altre. Mi ero appena seduto, come al solito con il volto verso le grandi vetrate delle finestre, dato che mi piaceva buttare uno sguardo fuori di tanto in tanto, mentre cercavo di mettermi comodo. Mi tolsi il cappotto, buttandolo su un’altra sedia e lasciai la sciarpa al collo, poiché faceva un po’ freddo. Il cameriere mi portò subito il caffè. Al primo sorso aprii il giornale. Dopo cinque minuti, però, quella calma fu disturbata dalla sensazione che qualcuno mi osservasse dall’altra parte della vetrata, cinque metri più lontano, sul terrazzo. Alzai la testa. Notai il profilo di un uomo robusto, di corporatura media, con la testa infilata nel colletto rialzato del suo cappotto nero, lungo le ginocchia.

L’opinione
Arte, amore e umanità sono le tematiche intorno alle quali si snoda Cattedrale senza croce, il romanzo di Gëzim Aliu, scrittore kosovaro, studioso di letteratura albanese, saggista, dottore in letteratura e uno dei fondatori dell’Associazione degli Scrittori Albanesi del Kosovo. Il testo, tradotto in italiano da Iris Hajdari, va ad arricchire il già corposo catalogo di Besa Muci Editore.
La narrazione si incentra sulla figura del pittore Leonard Kurti, intento a terminare un ciclo di dipinti intitolato I Sette Giorni. Senza un apparente motivo, l’ispirazione abbandona il pennello dell’artista, che in preda alla disperazione non riesce a ultimare l’opera conclusiva della serie. L’uomo trova rifugio nell’amore ed è proprio Lisa, la donna amata, a restituirgli fiducia, fino a quando il loro rapporto non incontra i primi ostacoli. Leonard e Lisa non sono gli unici protagonisti del racconto: lo scrittore, amico, confidente e testimone della tormentata storia d’amore, assume un ruolo determinante.
Fino a dimostrazione contraria, (come si suol dire), Kurti è un soggetto immaginario, proprio come le sue doti artistiche, la sua passione amorosa e le sue confessioni: sono cose difficili da credere a primo impatto, in quanto Aliu ha saputo dare un’impronta realistica ai contenuti oggettivi, ai riferimenti espressivi ed emozionali, adottando uno stile semplice e informale, che non sempre dona scorrevolezza alla lettura, ma che rende limpidamente l’idea di ogni momento vissuto dalle figure che animano il testo, di ogni luogo che il lettore visita con esse e di ogni suggestione provata e trasmessa.
Si narra di arte in questo Cattedrale senza croce, rifuggendo dal mito romantico dell’artista, che altri non è che un uomo, con le sue debolezze, il suo entusiasmo, le sconfitte e le vittorie che caratterizzano la vita di tutti. È un uomo, che quando perde il filo dell’esistenza diventa quasi un personaggio senza né arte né parte, alla mercé del salvifico amore che salvezza non è e delle confidenze che aprono le porte all’amicizia.
Nel racconto vi è tutta l’intenzione dell’autore di narrare una storia e le sue sfaccettature, tentando di instaurare un gioco seduttivo con il lettore, che si palesa presto di debole costruzione, fino a scemare totalmente. Nonostante tale rilevante dettaglio, il libro si rivela comunque un buon compagno di viaggio, fatto di storie che non diventeranno mai invadenti, ravvivate da personaggi che forse non lasceranno il segno e dei quali non si sentirà la mancanza, ma che avranno riempito una parte del tempo, senza infondere la sensazione di averlo perso.