Alessio Puleo nasce a Carini, un piccolo borgo della provincia di Palermo, il 17 Giugno del 1981. Attualmente vive e lavora a Palermo.
Nel 2001 decide di prestare il servizio di leva nell’Arma dei carabinieri, presso il XII Battaglione Carabinieri Sicilia. Questa è una delle esperienze più significative della sua vita, in quanto, proprio in quel periodo, conosce Mimma Lupo, una donna con una toccante storia alle spalle, che Alessio, dopo aver ascoltato, decide di mettere nero su bianco, affinché quell’esperienza non venga dimenticata.
Nel 2002 dà vita all’associazione teatrale, no-profit, “Attori per caso”, creata da ragazzi, con il solo scopo di divertirsi e avere l’opportunità di coltivare il desiderio di fare teatro, senza trarne alcun vantaggio economico. Alessio e la sua compagnia girano così le varie piazze della Sicilia, mettendo in scena divertenti commedie in dialetto siciliano.
Nel 2007 l’editore Ottavio Navarra ,(Navarra Editore), crede in lui, concedendogli l’opportunità di pubblicare il libro, che vede protagonista la signora conosciuta durante il servizio militare. Viene, così, dato alle stampe La mamma dei carabinieri.
A settembre 2012, Puleo torna sugli scaffali delle librerie con il suo nuovo volume dal titolo Il mio cuore ti appartiene, (De Agostini), un romanzo focalizzato sul delicato tema della donazione di organi, che si rivela un grande successo.
Il libro porta l’autore in giro per l’Italia, nelle varie sedi A.I.D.O. (Associazione Italiana Donatori di Organi) e in tantissime scuole, per incontrare gli alunni e diffondere la cultura della donazione attraverso le parole contenute nel testo. La prefazione è di Federico Moccia e la postfazione dell’A.I.D.O.
La pubblicazione de Il mio cuore ti appartiene, in albanese, (Zemra ime të përket), nella traduzione di Bisej Kapo, è curata da Botimet Toena. Il volume, durante la Fiera del libro di Tirana 2023, è stato presentato in più sedi ed è in una di queste occasioni, che ho incontrato e intervistato Alessio Puleo. Buona lettura.
La critica italiana ha segnalato Il mio cuore ti appartiene, ora tradotto in albanese, come un libro di grande sensibilizzazione sul tema spinoso della donazione degli organi. Tu hai affermato di aver scritto una storia per adolescenti, ma che, in realtà, va bene anche per gli adulti. Come pensi che possa essere accolto, in Albania, un messaggio come questo?
Sono certo che il libro riuscirà a smuovere le coscienze. I più grandi risultati, ottenuti in Italia, derivano dai messaggi inviati da coloro che prima di leggere il libro, mai avevano pensato alla donazione degli organi. Sono comunicazioni di gratitudine per aver aperto loro un mondo. Auspico che pure in Albania possa accadere la stessa cosa, anche se fino a questo momento, ho notato disinteresse nei confronti della materia.
Per quale ragione, secondo te?
Tutti noi viviamo nella convinzione che le cosiddette “cose brutte” accadano sempre agli altri, motivo per cui nessuno rivolge il pensiero a situazioni come queste. Se non prendiamo coscienza che tale idea risiede solo nel nostro immaginario, difficilmente potremo dare un minimo di speranza a coloro che sono in un letto d’ospedale, in attesa di un trapianto. Per alleggerire la lettura, ho pensato di veicolare il messaggio attraverso una bella storia d’amore, che coinvolge due giovani, nei quali ognuno può riconoscersi.
Il tuo cuore mi appartiene è stato tradotto in 15 Paesi…
A dire il vero, l’Albania è il diciassettesimo.
Che tipo di riscontro hai avuto dall’estero?
Ho imparato che basta poco per fare tanto. Sono stato in Messico per un tour di presentazioni e sono tornato con tante lettere di ringraziamento, per aver trasmesso l’importanza della donazione degli organi. Questo mi rende molto felice, al di là di quante copie possano essere vendute. Vuol dire che sono riuscito a sensibilizzare su un tema, al quale molti non avrebbero nemmeno pensato.
Quando scrivo cerco sempre di concentrarmi su argomenti delicati, dei quali si parla troppo poco. Nei miei libri narro di violenza sulle donne e di mafia, così come racconto di omosessualità, utilizzando come mezzo di comunicazione, l’Amore.
In questo modo, offro spunti di riflessione tramite una storia che appassiona, che, però, non è fine a se stessa, in quanto genitrice di importanti informazioni. Altrettanto rilevante è la maniera in cui si affronta un argomento: ne Il mio cuore ti appartiene, non ho parlato di donazione di organi in maniera ossessiva, altrimenti non sarebbe stato un romanzo. In verità, se ne trova traccia in pochi passaggi, ma sufficienti a stimolare l’interesse del lettore.
Il desiderio di incentrare i tuoi libri su tematiche sociali, nasce dalla necessità di sensibilizzare o si ispira a qualcosa che nella vita ti ha colpito?
La volontà deriva da un episodio che mi ha molto toccato, anche se indirettamente. Avevo 17 anni quando, sfogliando una rivista, appresi della morte di una mia coetanea, in attesa di un trapianto di cuore mai arrivato. Mi colpì molto quella notizia e iniziai a chiedermi perché la gente non donasse. Quella giovane aveva la mia stessa età, potevo esserci io al suo posto. Di lì a poco ho scritto Il mio cuore ti appartiene. Attraverso i miei libri desidero arrivare alla gente; solo così sento di aver fatto qualcosa di concreto.
Cosa manca ancora, nei processi di informazione su temi come questo?
Una corretta promozione.
Cosa intendi?
A un certo punto, ho messo da parte il lavoro per portare il libro nelle scuole e i feedback che ho ricevuto da parte dei giovanissimi, mi hanno fatto capire come la promozione debba partire proprio dai più piccoli, per arrivare ai più grandi. Spero che l’editore, in Albania, faccia questa operazione, permettendo agli studenti di leggere il volume, anche solo come testo di narrativa.
Cosa dici, esattamente, quando parli ai giovani?
Faccio una domanda introduttiva: “Volete diventare donatori di organi?”. Sistematicamente, nessuno risponde. Subito dopo ne faccio un’altra, magari rivolgendomi al più sveglio, al più attento: “Se tuo fratello necessitasse di un trapianto di organi, in quanto da un momento all’altro potrebbe morire, cosa faresti?”. Così, si alza ulteriormente l’attenzione, si apre la porta alla riflessione. Sono due semplici domande, utili a catturare l’interesse dei ragazzi. Le cose capitano sempre agli altri? No, perché gli altri siamo noi.