Tom Kuka, Vera Bekteshi, Ardian Vehbiu, sono solo alcuni degli autori albanesi tradotti da Valentina Notaro, appassionata traduttrice e ormai apprezzata professionista. Legata all’Albania per passione e per amore, Valentina vuole fare della traduzione il suo lavoro. In questa intervista, si racconta senza strafare, con la riservatezza e la limpidezza che la contraddistinguono.
Una bambina, una ragazza e una donna di quasi 36 anni, con la capacità di stupirsi e di meravigliarsi ancora per la bellezza delle piccole cose, ma coni piedi per terra quando si tratta di questioni importanti. Sono nata e vivo a Galatina, nel cuore del Salento; la mia è una famiglia unita, sono la seconda di tre figli e posso dire senza il minimo dubbio che non mi è mai mancato nulla. Per me, certi valori sono fondamentali e imprescindibili e la famiglia è certamente uno di essi, insieme all’amicizia e al rispetto. Ho frequentato il Liceo Socio-Psico Pedagogico e a un certo punto ho pensato che quella potesse essere la mia strada. Se siamo “qui” oggi, evidentemente le cose sono andate diversamente.
Perché impari l’albanese e soprattutto come diventi traduttrice?
Le lingue mi hanno sempre affascinata; quando è arrivato il momento di decidere a quale facoltà iscrivermi, ho optato per Lingue e Letterature Straniere a Lecce. Nel frattempo, avevo già conosciuto il mio futuro marito, albanese di Durazzo e quando ho visto che tra le varie opzioni figurava anche la lingua albanese, non ho avuto dubbi. Gli iscritti erano veramente pochi, per sfortuna o per fortuna: un numero così esiguo non poteva certo giovare al corso, che ho frequentato in solitaria in diverse occasioni. Io e la professoressa, una di fronte all’altra, e poi col lettore, Genc Lafe, con il quale purtroppo non ho più contatti. Tra l’altro, la professoressa era Monica Genesin, che Albania Letteraria ha avuto modo di intervistare di recente. In poche parole, non si può certo dire che non mi abbiano seguita a dovere.
Divento traduttrice grazie a Besa Muci Editore e a Livio Muci. A dire il vero, avevo contattato anche altre case editrici senza ricevere alcun riscontro. Il punto di contatto, se così possiamo dire, è stato il lavoro svolto per la tesi di laurea: la traduzione de Il vampiro, di Bedri Myftari, che ho avuto modo di conoscere a Tirana durante uno dei miei viaggi. Tra l’altro, il romanzo è stato poi edito proprio da Besa. La collaborazione è partita in maniera saltuaria, per poi passare a un impegno costante, realizzando così le mie speranze: finire con la traduzione di un libro e avere già un altro su cui lavorare.
Tu sei italiana e hai sposato un albanese. Com’è la convivenza tra le due culture?
In realtà non ci sono grandi distanze tra noi; prima ti parlavo di alcuni dei valori in cui credo e quelli sono tutti condivisi. Mi sembra un ottimo punto di partenza. Abbiamo celebrato un matrimonio interreligioso, su mia pressante richiesta. Certo su alcune cose abbiamo visioni contrastanti ma ognuno ha le sue idee, le sue convinzioni. Non per questo non si riesce ad andare d’accordo.
Quale lingua parlate in casa?
Parliamo in italiano ma l’albanese è comunque presente. Tempo fa, ho acquistato un libricino per mia figlia di quattro anni, Le mie prime 100 parole in albanese di Effie Della Rosa (Independently published, 2021) È curiosa, ogni tanto lo sfoglia e chiede come si dice? Devo ammettere che anche quando non papà è assente ce la caviamo. Ascoltava mio suocero – che purtroppo non è più tra noi – ribattezzandolo nonno mire mire, parola che le è rimasta impressa e che significa bene, buono.
Torniamo al tuo lavoro di traduttrice. Quando traduci dall’albanese in lingua italiana, quanto pensi di influenzare il testo?
Da una parte cerco di attenermi quanto più è possibile all’originale: la mia idea è che l’autore abbia voluto trasmettere un messaggio e lo abbia voluto fare in un certo modo. Ovviamente, non sempre posso farlo alla lettera; per esempio, i modi di dire o alcune espressioni che rimandano a determinati fatti storici o culturali, per il lettore italiano non avrebbero senso. Quando è possibile e senza appesantire il testo, mi piace lasciare quella particolare parola o espressione e spiegarla con una nota per incuriosire e magari spingere verso un ulteriore approfondimento.
Sei convinta anche tu che il libro sia un po’ del traduttore o credi sia un luogo comune?
Ti rispondo con un aneddoto. Ho ritrovato, tra i documenti che per varie ragioni conservo, un articolo de “Il Venerdì” di Repubblica, datato 7 agosto 2015, il cui titolo recita Tradurre è sexy. Apologia di un mestiere felice e sottovalutato. Ora è sempre con me, proprio nel vocabolario di albanese con cui lavoro. Ritengo che, grazie anche ai social, la situazione stia migliorando. Curi la rubrica “A tu per tu con l’autore” di Besa, i traduttori sono invitati a intervenire e a parlare delle loro impressioni e del loro lavoro. Non è una cosa da poco, ci rende più partecipi e più protagonisti di un qualcosa che, in fondo, ha visto la luce grazie a noi. Sempre dall’articolo, vengo a conoscenza di un’affermazione di Gesualdo Bufalino: Il traduttore è con evidenza l’unico autentico lettore di un testo. Certo più d’ogni critico, forse più dello stesso autore. Poiché d’un testo il critico è solamente il corteggiatore volante, l’autore il padre e marito, mentre il traduttore è l’amante. Che meraviglia!
In quale lingua leggi?
Italiano, albanese e inglese. Chi mi conosce se ne stupisce, ma adoro thriller e gialli, divoro i romanzi in cui si dà la caccia agli assassini. Avrò un lato dark!
Cosa vuoi fare da grande?
Esattamente quello che sto facendo. Ho preso una decisione: ho abbandonato una strada che poteva rivelarsi più “sicura” e forse trasformarsi in un posto fisso, ma non adatta a me. Non voglio relegare la traduzione a passatempo, voglio sia il mio lavoro.
Permettimi di fare l’avvocato del diavolo: Italia o Albania?
Italia, senza nulla togliere all’Albania: sono legata molto al mio paese, alla mia città e non riuscirei a staccarmi dagli affetti che ho qui: è una scelta del tutto personale. Non me ne vogliano gli amici albanesi, avrei risposto così a prescindere dalla seconda opzione. Però in vacanza sì, ovviamente. L’Albania dei posti splendidi, la gente è veramente accogliente. Da visitare in lungo e in largo!
Qualcosa da aggiungere?
Certo! Vorrei ringraziare di cuore le persone che stanno rendendo possibile tutto questo. In particolare, l’editore Livio Muci, Matteo Sabato e Sara Ricci, con cui ho modo di lavorare e confrontarmi spesso. Per la loro disponibilità e per l’accoglienza nella famiglia della casa editrice. Naturalmente anche te Anna, che hai sempre una parola gentile e che mi rendi partecipe di tante belle cose.
E poi gli autori albanesi. Ogni libro mi ha dato tanto! Avevo deciso di tenermi alla larga da Facebook, ma alla fine mi sono iscritta soprattutto per continuare ad avere un contatto con loro. Sono stati tutti disponibili a venirmi incontro e a darmi una mano, ho conosciuto belle persone, con una grande rispetto per la mia figura, un altro aspetto di questa attività che mi rende felice.