Nasce nel 1960 in quel di Valona, Viktor Canosinaj, considerato oggi, in Albania, uno dei più apprezzati scrittori di libri per ragazzi. Laureato in Lingue e Letteratura, lavora come insegnante, traduttore e giornalista.
Oggi, è impegnato professionalmente in Parlamento, dedicando tutto il tempo libero alla scrittura. Il suo primo libro tradotto in Italia è Il ragazzo che guardava il mare (Besa Muci, 2021), per la collana Rendez – vous dedicata ai ragazzi della casa editrice salentina, che sta riscuotendo consensi da parte del pubblico e della critica. Incontro l’autore a Tirana il 14 marzo, il Giorno dell’estate albanese: una bella chiacchierata sotto un sole primaverile e con il dono di un ballokume (un biscotto di farina di mais, burro e zucchero, che viene preparato dalle donne nella sera precedente alla festa), da parte di Viktor, che si dimostra ancora una volta accogliente e disponibile. Buona lettura.
Intervista a Viktor Canosinaj
Perché decidi di scrivere rivolgendoti ai ragazzi?
Questa scelta nasce dalla necessità di esternare quello che ha lasciato nel tempo il bambino che è in me. Quando si è giovani, nel momento di crescita, si incamerano esperienze e informazioni che è difficile, se non impossibile esprimere. Sono emozioni, che si trasformano in dimensioni sulle quali vanno apposte le riflessioni scaturite dal tempo e dalla vita. Pertanto, ho pensato che scrivere libri rivolti ai ragazzi potesse darmi questa possibilità. Quello a cui presto sempre attenzione è per chi scrivo e cosa hanno bisogno di leggere i ragazzi del momento. Ogni epoca ha necessitato e necessita delle sue letture. Gli scrittori devono tenerne conto, altrimenti il libro sarà sicuramente un fallimento.
Scrivere per i ragazzi è ben diverso che scrivere per gli adulti. Quali regole è bene seguire per scrivere un buon libro rivolto ai giovani lettori?
Sicuramente è importante seguire poche regole e ben definite: il testo deve essere avventuroso, il linguaggio usato deve essere semplice, ma artistico. È importante non soffermarsi troppo sulle descrizioni per non annoiare: stesso discorso va fatto per i dialoghi, pochi e ben strutturati. Ribadisco quanto detto prima: ogni generazione ha bisogno del suo cibo, quindi, è basilare comprendere di cosa necessita la gente per cui scriviamo. Non è facile fare letteratura per ragazzi, ma mi piace, nonostante tutte le difficoltà, perché è il sale della crescita.
Come nasci scrittore?
Dal grande desiderio di leggere: la mia voglia di scrivere arriva dal mio amore per la lettura. Sono di Durazzo ed è in quella città che vivo infanzia e adolescenza. La mia prima pubblicazione risale al 1970: una piccola raccolta di poesie. Il mio primo libro per ragazzi esce nel 1980 e poi nel 1989 viene pubblicato il primo volume di letteratura per adulti, con la quale ho vinto il Premio Nazionale. Sicuramente, la mia produzione più conosciuta è quella rivolta ai ragazzi.
Scrivi durante il regime comunista: come hai vissuto la censura e l’autocensura?
Ti dico che il libro pubblicato nel 1989 è una parodia del realismo socialista. Forse ho rischiato, ma non se ne sono nemmeno accorti. È vero che le limitazioni erano inferiori, probabilmente: erano gli anni della caduta, ormai, per il regime, ma io non ho temuto nulla.
Parliamo della tua prima pubblicazione italiana «Il ragazzo che guardava il mare», edita dalla casa editrice Besa Muci. Perché proprio questo libro?
La decisione è stata presa con Matteo Sabato, il curatore della collana Rendez -vous dedicata ai ragazzi della casa editrice Besa Muci. È un volume che esprime pienamente la mia scrittura e che contiene tutti gli elementi che mi caratterizzano come autore. È la storia di Dan, un ragazzino che vuole realizzare il suo sogno a tutti i costi e per questo non si arrende. Scappa di casa per la sua realizzazione e questa è forza, determinazione e una grande lezione di insegnamento. È stata, quindi, una scelta artistica, se così si può chiamare: spero nell’interesse da parte dei lettori.

Ti senti più scrittore per ragazzi o per adulti?
Ti rispondo in questo modo: i libri per adulti, per me, sono la mia produzione migliore. È una mia opinione. Il resto lo lascio ai lettori.
Che tipo di Albania hai deciso di lasciare nei tuoi libri?
Non è un dovere dello scrittore lasciare un messaggio, ma del lettore individuarlo o farlo proprio. Penso che gli albanesi siano delle creature bibliche, che abbiano aspetti buoni e cattivi. Probabilmente, hanno vissuto molto bene fino alla seconda guerra e poi hanno vissuto molto male e questo lo hanno portato nella loro storia e nella loro esistenza in toto. Sono elementi che non vanno trascurati.