Leggende albanesi

Tregime të moçme shqiptare

Leggende albanesi
di Mitrush Kuteli

Presentazione del libro

Come suggerisce il titolo stesso del libro, questa piccola raccolta comprende ballate e rapsodie popolari, che lo scrittore ha voluto trascrivere in forma di racconti. La materia è tratta da due grandi cicli. Dal ciclo delle montagne del nord e da quello degli arbëresh. Due cicli, ma un’unica fonte: il popolo albanese.

Sono qui comprese antiche leggende e vicende storiche, così come sono cantate dall’anonimo cantore popolare d’Albania.

I canti leggendari sono molto antichi, forse di origine illirica. Hanno subito delle variazioni lungo i secoli, ma il loro nocciolo non è stato intaccato dai successivi rimaneggiamenti.

Tutti insieme, i canti leggendari, così come quelli che prendono spunto da avvenimenti storici, manifestano le grandi doti del popolo albanese: il suo valore e la sua indomabile resistenza di fronte al nemico per la difesa del paese e dell’onore.

Tra i canti degli antichi eroi si distingue la rapsodia di Gjergj Elez Alia, che è – sia per il contenuto sia per la forma – una delle più belle gemme dell’arte popolare albanese. Gjergj Elez Alia e sua sorella, di cui non si conosce il nome, sono un luminoso esempio di eroismo e di nobiltà, specchio autentico dell’indomito spirito albanese.

«Il più prode tra i prodi… Gjergj Elez Alia» – così il popolo inizia questa bella rapsodia – giace da nove anni a casa con nove piaghe in corpo. Questi non sono piaghe comuni, ma piaghe nobili di guerra, di battaglie condotte per la difesa della propria terra. La sorella resta accanto al suo capezzale notte e giorno per curargli le sue piaghe incurabili; ha ormai detto addio alla giovinezza, ha rinunciato alle gioie del matrimonio, si è dedicata anima e corpo al fratello che vuole strapparlo dagli artigli della morte. Ed ecco che, nel bel mezzo di un dolore tanto grande, si affaccia un altro dolore, ancora più grande, al confronto del quale il primo scompare. Un bailoz viene dal mare: forte, arrogante, malvagio, non ha nessun riguardo per la gente. E allora l’impossibile diventa possibile: Gjergj Elez Alia, che è a letto da nove anni con nove piaghe in corpo e sta ormai per morire, si alza e impugna le armi per difendere l’onore della sorella, l’onore della casa, l’onore di tutto il paese: affronta l’odiato bailoz e lo sconfigge.

Non si dimentichi una cosa, fondamento di questa rapsodia non sono delle fantasticherie da favola, come potrebbe pensare qualcuno: un tal figlio di re che scende non so dove in un mondo sotterraneo o lontano, in un paese senza nome dove incontra una bella figlia del re minacciata di essere inghiottita da un drago, e allora egli lotta, vince il drago e… “poi vissero felici e contenti”…No, qui non abbiamo nebulosità del genere. L’origine della leggenda è nell’amara realtà del paese. Gjergj Elez Alia è un uomo come gli altri, anche se più valoroso, è il difensore del paese e dell’onore albanese. Anche il bailoz è un uomo: non un mostro, non un drago, o qualche strisciante animale fantastico, ma un nemico invasore, un saccheggiatore, un oppressore che comanda con severità e crudeltà: chiede montoni arrostiti e tenere fanciulle, taglia le teste ai prodi del paese, incendia intere regioni. A questo invasore e violentatore si contrappone, sul suo cavallo, Gjergj Elez Alia. Prima della lotta, si scambiano frasi pesanti – come quelle degli eroi di Omero e forse più belle – per incitarsi all’odio e al sangue: il bailoz si mostra orgoglioso, offende, insulta; Gjergj gli risponde con saggezza e con dolore, ma con voce sicura. Poi volano le mazze. Il bailoz , con tutte le sue armi pesanti, cade: rovinosamente a terra. Il nostro eroe gli taglia la testa e la getta in una pozzanghera, salvando il paese dalla sventura che lo sovrasta.

Un popolo da cui nascono eroi del genere, e che compone canti tanto belli per elogiarli ed esaltarli, può andarne sempre superbo e guardare con fiducia al proprio futuro.

Le rapsodie di Mui e di Halil e dei loro compagni sono canti di alta ispirazione poetica. Qui si uniscono in una unità perfetta l’epica e la lirica, la comicità e la tragedia, il racconto, la descrizione e il dialogo, la grande saggezza del popolo, il suo valore e la sua forte capacità di resistenza in circostanze difficili. Non si sa cosa ammirare di più in questo ciclo, se le belle descrizioni della natura e in particolare delle Alpi in inverno e in estate, di giorno e di notte, oppure i momenti in cui la natura si personifica e si avvicina sempre di più all’uomo: quando il sole, le stelle, la luna, il faggio, la quercia, l’abete, l’uccello dei monti, le mitiche Zane e le bianche Ore appaiono rivestite della luce della grande poesia, della vera poesia. E poi ci sono i ritratti fisici e psicologici delle persone, da Mui e Halìl fino a Hysen Kraposhniku o al Giovane Omer e a tante altre…

È in questo ciclo che diventa travolgente la lotta impetuosa dei contendenti, in singolar tenzone o in scontri di masse.

Tutto questo fervore di spirito, di guerra, di impeto, è, per così dire, come un fiume delle Alpi che dalle sorgenti e fonti tra le rocce scorre impetuoso e rimbombante, valica balze rocciose, si fa cascata spumeggiante, si frantuma in spruzzi sui quali risplendono tutti i colori dell’arcobaleno. Di nuovo si ricompone, si apre per dolci vallate, scorre tranquillo per un tratto disteso, poi precipita nuovamente tra gole intricate, si infuria, rumoreggia, aggredisce, colpisce, si apre vittorioso la sua strada.

Gli eroi si distinguono chiaramente l’uno dall’altro, con le loro qualità e i loro difetti. Mui è un uomo per lo più prudente, ma a volte è irruento, greve, spregiatore, offensivo; sempre però di animo forte sia nei momenti di gioia sia nei momenti di dolore. Halil è svelto, sveglio, coraggioso, sempre all’erta. Hysen Kraposhniku è nobile, coraggioso, fratello spirituale di Gjergj Elez Alia; anche Ymer Deliu – fratello di sangue di Hyso – è nobile e vuole molto bene a Hyso Kraposhniku.

Tra tutti l’affetto del lettore si poserà su Halil, spirito sveglio, focoso, puro, dall’animo lirico, abile, intelligente, saggio.

Tra i nemici ecco i bailoz, sempre arroganti, deformi, oppressori, boriosi. Così abbiamo il comandante Kreshto, vanaglorioso e turpe violatore di tombe.

Un ruolo altrettanto importante hanno le donne; fanciulle, giovani, spose, vecchie.
Il Giovane Omer, tenera figlia forse del vecchio Mui, è bella, aggraziata, coraggiosa – fedele rappresentazione della donna delle montagne; la fidanzata di Hysen Kraposhniku è l’innamorata che non si ferma davanti a niente, fedele fino alla fine, di intelligenza sottile, un raggio di luce che rompe le tenebre; la giovane sposa di Mui è saggia, obbediente, ma anche coraggiosa; fa come la consiglia Mui e lo salva dalle Zane insieme con gli invitati tramutali in pietra.

Non bisogna dimenticare neppure gli esseri soprannaturali: le Zane, le bianche Ore, le Beate della notte. Ma anche loro non differiscono molto dalle donne delle nostre montagne; hanno figli in culla, hanno un corpo che si può toccare e non è insensibile al dolore. Solo una idealizzazione della donna, della donna di montagna, piena di saggezza e di amore per il bene, per il giusto, per le persone che prendono generosamente gli altri sotto la loro protezione e li aiutano a raggiungere il loro scopo.

I canti di questi eroi sono un mondo di gente pieno di vita e di poesia, un mondo di alti sentimenti, di avvenimenti epici, di eroismi personali e di gruppo, una moltitudine di tragedie tratte dalla vita del nostro popolo.

E non bisogna dimenticare una cosa: Mui e Halil appartenevano al popolo semplice, erano gente povera. Mui era stato vaccaio, mentre Halil – capraio. Anche più tardi, quando diventarono famosi guerrieri, rimasero sempre semplici, poveri. Tutta la loro ricchezza consisteva in una kulla, un cavallo e una spada. Non avevano della servitù. Da soli si accendevano il fuoco nel camino, da soli inferiavano e sellavano i cavalli. Mui e Halil combattevano per difendere i monti e i pascoli, che volevano usurpare gli uomini del kral.

Passiamo ora al ciclo delle ballate di arbëresh. In esse viene messa in risalto l’immagine giganteggiante di Scanderbeg (“Scanderbeg e Ballaban”) o quella dei suoi guerrieri. In quelle ballate troviamo sempre anche qualche figura ributtante di coloro che hanno negato la patria, come per esempio quella di Ballaban pascià, che il nostro popolo lo ha bollato per sempre col marchio del disprezzo.

Naturalmente, trasformate in racconti, dunque in prosa, le ballate e le rapsodie hanno perso molto della loro bellezza e della loro freschezza, dell’impeto del cantastorie, delle molte sfumature della poesia. In poche parole, hanno perso la loro sostanza poetica. Vi è rimasto solo lo scheletro o l’andamento degli eventi, mentre è scomparsa la magica tessitura della poesia. Poiché tentare di trasformare la poesia in racconto è quasi la stessa cosa come tentare di racchiudere il cielo azzurro in una oscura gabbia oppure pressare la primavera in una bisaccia. Ed è per questo che il primo consiglio che do ai lettori, specie ai giovani, è che, presto o tardi, appena sorpassate le difficoltà dialettali, si sforzino a leggere direttamente le nostre ballate e rapsodie per poter empire l’anima con le bellezze uniche del verbo artistico creato dal nostro popolo durante i secoli. E allora, quando arriveremo a gustare direttamente dalla loro fonte, la vera beltà del nostro tesoro, magari diranno qualche parola amara su colui che ha scritto queste righe, che ha trasformato le canzoni in racconti, poiché non ha potuto dare che una pallida immagine incolore delle nostre antiche ballate e rapsodie, ma io mi impegno ad accogliere con gioia queste giuste osservazioni, e mi basterà sapere di aver potuto incitare un pochino i nostri giovani ad appagare la sete di conoscenza direttamente dalla fonte della nostra arte popolare.

Mitrush Kuteli, Tirana 1965

Dettagli

Autore:
Serie: Bilingue, Libri per bambini bilingui
Generi: Libri per bambini, Racconti
Editore: Qendra e Botimeve për Diasporën
Titolo in albanese: Tregime të moçme shqiptare
Traduzione di: ,
Anno di pubblicazione: 2021
Illustratore: Gazmend Leka
ISBN: 9789928464590

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