Mi manchi
Quattro storie d'amore tra le righe della parola scritta, guidato dallo sguardo di un fotografo e pittore. Un momento di incontro tra stili per dare voce a sensibilità trasversali fissati da una macchina fotografica tedesca.
Quattro storie d'amore tra le righe della parola scritta, guidato dallo sguardo di un fotografo e pittore. Un momento di incontro tra stili per dare voce a sensibilità trasversali fissati da una macchina fotografica tedesca.
Dopo il successo della trilogia KREUZTANNE (KREUZTANNE, NILKON, ITAKA), Fate Velaj torna con un altro romanzo, i cui eventi si svolgono in Puglia.
Negromonte, immerso tra i vigneti di Negramaro, è un paese quasi spopolato.
I giovani se ne sono andati e in città sono rimasti solo pochi anziani che, in modo rituale, si radunano al bar di Cosimo, le cui pareti sono ricoperte di manifesti di film di Fellini di 50 anni fa.
Il sindaco Francesco De Chiara, uomo che dà più importanza al suo aspetto esteriore, è alla ricerca di una nuova identità per la città, al fine di farla risorgere dalla sua inesorabile agonia. Per questo, invita un fotografo viennese perché osservi la città con occhi freddi e privi di qualunque nostalgia.
Durante i dieci giorni di permanenza a Negromonte, il fotografo incontra i residenti, “mette la mano sul loro polso per sentire meglio i battiti del cuore” e chiede di ripensare ai tempi e ai momenti in cui hanno immagazzinato, come un tesoro prezioso, le più importanti vicende della loro vita.
Per questo, essi divengono l’oggetto della sua creatività artistica.
Un giorno in mezzo ai vigneti, un edificio abbandonato attira la sua attenzione. Egli va a visitarlo e vede sulla porta una scritta: “MI MANCHI”.
Dopo molteplici ipotesi e riflessioni su chi sia l’autore della scritta e sul perché si sia allontanato dalla città per stendere una così appassionata dichiarazione d’amore, durante l’incontro con gli amici della signora Aurora che di sera si riuniscono nel salone di lei, racconta ciò che ha visto.
I partecipanti, stupiti, si domandano anche essi chi possa essere stato l’autore della scritta. E in questo modo, il salone si trasforma pian piano in un “ufficio investigativo”.
A partire da questo momento, gli ospiti della signora Aurora vengono a conoscenza di due storie, entrambe caratterizzate da un intenso dramma d’amore. Al margine dei racconti resta, fredda, la Leica – l’apparecchio fotografico tedesco, che documenta ogni cosa.
Il fotografo continua poi ostinatamente la sua ricerca per giungere finalmente a incontrare l’autore della scritta, vivendo a livello personale, un momento di duplice ebbrezza.
Nel vivere questa singolare e inedita esperienza di vita, il fotografo diviene tuttavia sempre più cosciente del fatto che non potrà mai divenire un investigatore. Egli resta un artista che, nutrendo la sua creatività, ha maturato nel corso degli anni la profonda convinzione che “l’Arte trascende il tempo” ed è, per questo, in grado di migliorare le relazioni tra le persone, orientandole verso il futuro.