Einaudi porta nuovamente in libreria il celeberrimo romanzo Quota Albania di Mario Rigoni Stern; la ricostruzione di un anno di guerra, dalla primavera del 1940 a quella del 1941, con due campagne militari, quella di Francia e quella consumatasi sui monti tra Grecia e Albania.
Il 9 giugno era domenica e ci inquadrarono per la messa. Dopo, dal centro dello schieramento, il capitano Scano ci fece cantare La montanara, mentre il colonnello ascoltava crucciato.
In paese ci dissero che l’indomani il duce avrebbe parlato al mondo. Anche quella sera eravamo un piccolo gruppo vicino alla cucina: Marco Dalle Nogare aiutava Burlotti a macinare il caffè, un paio di reclute lavavano le marittime e io mi divertivo a spaccare la legna. Venne Nicolini dal paese per gridare nella quiete: – El Crapun ha dichiarato la guerra e a Roma urlano come matti!
Dall’autore de Il sergente nella neve , il memorabile racconto autobiografico che narra dell’esperienza vissuta da Rigoni Stern durante il servizio come sergente maggiore dei reparti mitraglieri nel battaglione Vestone dell’ARMIR, nel corso della ritirata di Russia del gennaio 1943, arriva nel 1971 e nella sua prima edizione questo Quota Albania, che la casa editrice Einaudi ripropone, (dopo l’ultima del 2018), a febbraio 2022. I fatti narrati nell’opera in oggetto precedono cronologicamente quelli raccontati ne Il sergente nella neve.

Quota Albania spicca nella memorialistica bellica per la sua sobrietà, la pulizia delle descrizioni, la testimonianza che porta sulla rassegnata ignoranza con cui si accettava la guerra. Un libro da leggere e da conservare
Giorgio Rochat
L’autore ricostruisce due campagne militari e un anno di guerra, grazie agli appunti presi su due taccuini fortunosamente salvati. Ha diciannove anni Rigoni Stern e conosce molto bene i boschi delle Alpi Valdostane, dove è impegnato a combattere senza logica alcuna nella breve campagna di giugno contro la Francia. Subito dopo quest’offensiva, l’Italia dichiara guerra alla Grecia e sono sempre gli alpini a doversi recare sulle impervie montagne albanesi, dove ogni passo è circondato da neve, freddo e fango. Ed è proprio correndo su questi gelati e impraticabili sentieri, che il giovane trova il modo di sentirsi libero.
Un’opera di grande drammaticità questo Quota Albania, in cui le scene belliche vengono descritte con uno stile asciutto e lineare e la penna, libera da ogni posizione giudicante, narra in maniera obiettiva della follia di un regime, che ha voluto affrontare un conflitto senza la dotazione di alcun mezzo pertinente. L’idea era quella di prendere parte a una guerra, che avrebbe provocato pochi morti, facendo sedere l’Italia al tavolo della pace. Le cose non andarono così: il numero dei caduti fu elevatissimo, specialmente sul fronte greco albanese.
Il racconto di Rigoni Stern evidenzia l’accettazione di un giovane soldato che non comprende le motivazioni di quel conflitto. Non capisce perché debba attaccare uomini come lui, non si capacita del motivo per cui debba andare alla conquista di villaggi arroccati sulle montagne, così simili a quelli italiani. È grande l’abilità descrittiva dell’autore, specialmente nel disegno che fa dei monti albanesi: così bui, così freddi, posti lugubri e belli allo stesso tempo come la luna, dove dover marciare nella neve, soffrendo per la fame e ancora di più, per la mancanza di consapevolezza. Sono pagine molto forti, cariche di potente emotività, che lo scrittore non ha volutamente inserito, ma che il lettore non può fare a meno di cogliere.
Quanti patimenti in ogni rigo, quanta vita vissuta tratta dai soli appunti. È sui monti d’Albania che il giovane sergente pensa che se non ci fosse il freddo, la neve, la fame e la guerra, quei villaggi sarebbero una bella meta e la gente sarebbe accogliente. È uno dei pochi a sapersi orientare, nonostante le difficoltà ed è qui che decide di prendersi un pezzetto di libertà, correndo su quelle montagne, che di ospitale non hanno nulla. Eppure, egli riesce a impadronirsi di un frammento di armonico distacco dalla realtà.
Dalle sue annotazioni prive di giudizio arrivano le bellissime parole atte a sottolineare l’incanto della natura che lo circonda, piccole digressioni poetiche incastonate in attimi di cruda barbarie. Dalle sue frasi si comprende a chiare lettere l’avversione verso il governo totalitario, che manda uomini allo sbaraglio, in posti innevati e impervi, senza un adeguato abbigliamento. Perché si uccide? Per non rimanere uccisi: il nemico non si odia, non si sa chi sia. Anzi, si sa molto bene: ragazzi, sono ragazzi esattamente come loro, sofferenti a causa della fame e del freddo, stremati e confusi.
Corre lo scrittore, corre su e giù per i monti, perché è un portaordini e questa è la sua maniera di sentirsi pulito. Corre di notte e di giorno, a tutte le ore, perché gli ordini non possono attendere e devono essere consegnati. È un ragazzo e ancora incosciente di fronte al pericolo, tanto che gli stessi superiori avvezzi a mal curare i militari, gli ricordano che è giovane e deve vivere.
In queste pagine viaggiano le emozioni mancate, a causa delle scarse notizie che arrivano da casa o che non arrivano, come quelle della sua amata, allontanata dai genitori benestanti. E ancora si perde Rigoni Stern, negli affreschi paesaggistici, raccontando della natura che vede intorno a sé, come forma di respiro e in qualche modo di illusione.
Un libro forte, che è puro racconto, in cui l’esperienza sul fronte albanese viene esposta con ogni elemento che l’ha caratterizzata, dalla sofferenza, alla bellezza del paesaggio e alla delicata sensazione di libertà. Quota Albania, un libro necessario.