Ennesimo prestigioso riconoscimento per il giovane scrittore albanese emergente Eltjon Bida, che con la sua prima opera “C’era una volta un clandestino” sta ottenendo un clamoroso successo tra i lettori e gli esperti letterari.
A pochi mesi dalla pubblicazione, questo splendido e lucido racconto autobiografico sull’esperienza dell’emigrazione varrà al suo autore il Premio della Critica ‘Milano International 2019’, che gli sarà consegnato in una cerimonia che si svolgerà sabato 23 novembre alle ore 20.15 presso la Sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi, a Milano.
Il premio della Milano International arriva pochi mesi un altro importante riconoscimento, il ‘Books for Peace’ ricevuto il 14 settembre
Lo scrittore ha anche un sito internet, eltjonbida.com , in cui potrete leggere le interviste che ha rilasciato, le recensioni al suo libro e la galleria fotografica relativa alla presentazione del suo libro in varie parti d’Italia (qui una nostra intervista)
Biografia dell’autore
Eltjon Bida è nato nel 1977 in Albania, in un paesino vicino Fier, trascorre l’adolescenza nel Paese delle Aquile tra famiglia e studi, per i quali si rivela molto dotato. Poi, come successo a tutti gli albanesi nel periodo immediatamente successivo al crollo del comunismo nell’89, la vita di Eltjon viene travolta dai disordini che, di là a qualche anno, porteranno l’Albania sull’orlo della guerra civile.
Il giovane non ci pensa due volte. La baldanza dei suoi 17 anni lo carica abbastanza da fargli fare il ‘salto nel vuoto’ della traversata adriatica. E’ il febbraio 1995 quando arriva in Italia.
Il resto è la storia che ha magistralmente descritto nel suo libro d’esordio. Quella di un giovane incosciente, che è arrivato in Italia senza i filtri dell’età adulta e non si è fatto mancare niente, ma proprio niente.
C’era una volta un clandestino…

Avete presente quelle scene dei film americani in cui i ragazzetti del liceo si fanno falsificare i documenti per entrare in discoteca?
Ecco, per tanti anni noi italiani abbiamo avuto al di là dell’Adriatico delle persone che hanno fatto letteralmente ‘carte false’, a loro rischio e pericolo, nel tentativo di lasciare la loro terra martoriata e crearsi un nuovo futuro da noi, in Italia.
Non che l’Italia sia stato il porto definitivo di tutti gli albanesi emigranti, tanti hanno dirottato verso altri Paesi poi, ma la gente che ha deciso di scegliere l’Italia come nuova casa lo ha fatto veramente col cuore, perché già la conosceva dai mass-media che, sempre clandestinamente, permetteva di averne notizie più o meno aggiornate.
Eltjon è il prototipo dell’albanese emigrante di quegli anni. Giovane, troppo giovane, e per questo forse più coraggioso.
Ha la sfiga (lui ancora non lo sa) di vedersi appioppare sui documenti falsi preparati in Albania un nome che in italiano ha una declinazione negativa e lui lo scopre a sue spese quando arriva davanti ai poliziotti che lo controllano alla frontiera. Rimandato indietro!
Primo viaggio in nave fallito, ma ci si riprova col gommone. Che in Albania viene chiamato motoscafo e a tanti fa paura. È molto più veloce di una nave, in genere si tratta di imbarcazioni italiane da off-shore, volano letteralmente sull’acqua. Se non ti tieni stretto, rischi di fare il tuffo in mare e, con la traversata notturna a rotta di collo, se cadi in mare nessuno se ne accorge..I racconti su questi tristi episodi si sprecano.
Per i genitori a cui i figli hanno detto di volerci salire per arrivare in Italia è una preoccupazione in più. I genitori di Eltjon lo sanno, ma come fai a fermare uno scalpitante adolescente che ha già alle spalle un primo viaggio fallito?
Uno che pensa di riuscire a farsi un viaggio appena appena degno e invece deve ricredersi quando si becca acqua da tutte le parti, il freddo cane della notte e gli scafisti che intimano ai genitori di zittire i pianti dei figli piccolissimi, che sono tecnicamente un ‘avvertitore di presenza’ e possono mandare a rischio la riuscita della traversata?
Tra minacce di non essere ripescati se si cade in mare e intime preghiere rivolte al cielo nero della notte, la traversata finisce. A qualche centinaio di metri dalla terraferma. Troppo pericoloso farsi intercettare dalla Guardia Costiera.
Ci si butta, si annaspa, la forza di volontà ti tiene su. Arrivi a toccare la terra italiana.
Il viaggio in mare è finito. Ne comincerà un altro, fatto di tanti lavori diversi per mantenersi (a dire il vero, una carriera che, nel suo migliorarsi anno dopo anno, farebbe sicuramente invidia a tanti italiani), di ormoni adolescenziali in piena esplosione, dei primi spudorati approcci con l’altro sesso.
E poi la voglia di urlare ‘Io ce l’ho fatta’!
Il messaggio intrinseco
Parabola felice, quella di Eltjon, di tanti albanesi di casa nostra, che giorno dopo giorno hanno mostrato il loro valore, hanno saputo integrarsi nel tessuto sociale e lavorativo italiano. E in qualche modo hanno voluto ringraziare il Paese che li ha accolti tanti anni fa.
Eltjon, ad esempio, non nasconde che, agli inizi, è stato aiutato dalla Caritas italiana, quando non aveva di che mangiare e coprirsi. Ora si ‘sdebita’ a modo suo. Una parte del ricavato delle vendite del suo libro andrà in beneficenza proprio all’Associazione ‘Pane Quotidiano’ di Milano, la città dove lui ora abita con la moglie inglese e i loro due bambini (la fama degli albanesi poliglotti non s’è smentita nemmeno ora!).
Temi scottanti, quelli dell’emigrazione/immigrazione e dell’accoglienza/integrazione.
Gli italiani, popolo di grandi emigranti, hanno bisogno, ogni tanto, di una rinfrescata alla memoria. Perché partire con il preconcetto del ‘diverso’ che viene a casa nostra per scombinarci la vita?
Diversi lo siamo ogni giorno, tutti quanti, quando ci infiliamo in un contesto che non è il solito della nostra vita. Come al primo giorno di lavoro in una nuova azienda, quando arriviamo in punta di piedi e i vecchi ci fanno muro. Serve accoglienza, spirito di comprensione prima e collaborazione poi.
E tanta apertura mentale per accettare che ‘i diversi’ possono anche essere un valore aggiunto. Abbasso gli schemi mentali, l’emigrante ha un passato che custodisce gelosamente e che tante volte nasconde per semplice pudore, o perché gli fa male ricordare.
Ma perché negare la possibilità di un futuro migliore? Lo meritiamo tutti, senza ma e senza sé.