Il Risorgimento degli Arbëreshë

Il volume gode della prefazione dello Storico Vincenzo Napolillo

Il Risorgimento degli Arbëreshë

Presentazione del libro

Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, rievocato il 2011, offre all’autore spunti per un profilo storico della migrazione albanese in terra di Calabria. Oreste Parise apre il sipario della storia arberesh proprio sulle prime migrazioni di questo popolo verso le sponde italiche.

Riguardo alle Fonti, l’Autore cita Gabriele Barrio e Girolamo Marafioti. Attraverso la Registrazione di Cronologia storica di Lorenzo Giustiniani di Napoli, l’Autore riporta, in numero di sette, le migrazioni albanesi nel Regno di Napoli: la prima sotto Alfonso di Aragona ad opera di Giorgio Castriota, detto Scanderbeg; la seconda sotto Ferdinando, figlio di Alfonso; la terza dopo la morte di Scanderbeg; la quarta sotto l’Imperatore Carlo V; la quinta sotto Filippo V; la Sesta, nel 1744, sotto Carlo di Borbone; la settima sotto Ferdinando IV.

Oreste Parise introduce con Scanderbeg, nel 1461, poi commenta sul Despotato dell’Epiro, sugli Stradiotti, sul Reggimento Real Macedone, sui moti albanesi, sulla Rivoluzione Partenopea del 1799 e sui moti del 1844.

Inoltre espone un elenco dettagliato di tutti i paesi albanesi del Regno delle Due Sicilie: oltre alle località dei territori di Campobasso, di Catania, di Foggia, di Girgenti, di Lecce, di Palermo, di Potenza e di Teramo, cita per la Provincia di Catanzaro: Amato, Andali, Arietta, Caraffa, Carfizzi, Casalnuovo, Gizzeria, Marcedusa, Pallagoria, S.Nicola dell’Alto, Vena Inferiore, Vena Superiore, Zagaria e Zangarone; mentre per la Provincia di Cosenza cita: Acquaformosa, Castroregio, Cavallerizzo, Cerzeto, Cervicati, Civita, Falconara, Firmo, Frascineto, Lungro, Mongrassano, Mormanno, Plataci, S. Basile, S. Benedetto Ullano, S. Cosmo, S. Demetrio, S. Giacomo, S. Giorgio, S. Lorenzo Bellizzi, S. Martino di Finita, S. Caterina, S. Sofia d’Epiro e Vaccarizzo.

L’Autore scarnifica la storia degli arberesh e di Garibaldi, attraverso il coinvolgimento corale del popolo ed il particolare protagonismo di: Pasquale Baffi, Pasquale Scura, Domenico Mauro, Francesco Crispi, Francesco Posteraro e Carmine Franzese.

Inoltre addita: i poeti Giulio Varibobba, Gerolamo De Rada e Francescantonio Santoro, l’avvocato Alessandro Marini, Angelo Damis di Lungro, Domenico Damis di S.Demetrio Corone, Gennaro Placco di Civita, Agesilao Milano di S. Benedetto Ullano, Atanasio Dramis di S. Giorgio Albanese, Guglielmo Tocci di S. Cosmo Albanese, Annunziato Capparelli di Acquaformosa, Vincenzo Stratigò di Lungro, Vincenzo Dorsa, i fratelli Vincenzo, Francesco Sprovieri con particolare segnalazione di elevato coraggio femminile arberesh in Matilde Mantile. Parise, sugli alti scopi e sulle aspirazioni del Risorgimento arberesh, così focalizza nella sua opera: «L’Unità è stato un tradimento degli ideali che avevano animato le sommosse e le ribellioni che si sono succedute nel corso dell’Ottocento (…) L’Unità è un bene prezioso che dobbiamo difendere, la conoscenza della tragedia che ha contrassegnato la sua nascita serve per poterla amare e difenderla, perché è stata costruita con un grande tributo di sangue» anche arberesh “gjaku ynë i shprishur”.

In sintesi, questi i punti nodali della storia risorgimentale arberesh del Parise. C’è un’accurata esposizione di fatti civili e politici, veramente accaduti, diligentemente studiati nelle loro circostanze, nelle loro cause e nei loro effetti, narrati con arte, rigorosa esattezza ed imparzialità. Il processo risorgimentale che portò all’Unificazione nazionale fu caratterizzato dal fallimento dei numerosi tentativi insurrezionali.

I moti del ‘20 e del ‘30 avevano dimostrato l’inefficienza delle società segrete; ci fu la crisi del movimento settario di tipo carbonaro le cui cause degli insuccessi furono: a) mancanza di un programma comune; b) fiducia eccessiva nei sovrani; c) assenteismo delle masse popolari; d) mancato collegamento tra i moti; e) illusione dell’appoggio straniero. Nel 1831-1846 la crisi delle società segrete indusse Giuseppe Mazzini a creare la “Giovine Italia”; quindi pure “Pensiero e azione”.

Si era infatti verificato il fallimento dei Piani insurrezionali del ‘33 e del ‘34 (cui partecipò Garibaldi) in Piemonte; nel.1844 i fratelli veneziani Emilio e Attilio Bandiera, sbarcati in Calabria per tentare di provocare una rivolta, vennero traditi e fucilati nel Vallone di Rovito a Cosenza); seguì la “tempesta del dubbio”; poi le idee “neoguelfe” di Gioberti, Balbo e D’Azeglio) e la comparsa dei “liberal-radicali”. Intanto la Restaurazione…

Nella storia del Risorgimento arberesh e nel racconto dei fatti si evidenzia la relazione, specie riguardanti la vita sociale e civile degli uomini, interessanti lo stato, ed ovviamente gli approfondimenti necessari circa le istituzioni e gli ordinamenti. Gian Battista Vico nella sua “Scienza Nuova” tracciò: «la storia ideale delle leggi eterne sopra le quali corrono i fatti di tutte le nazioni nei loro risorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini». La Storia, oltre allo scopo di conservare la memoria della virtù, dell’ingegno e del valore degli uomini che, senza di essa, andrebbero dimenticati, ha quello, comune a tutta la letteratura, di ammaestrare. Essa ha per oggetto di indagare e conoscere la verità per dare ai popoli ed alle nazioni esempi e norme per ipotizzare, con sagacia, sulle cose future.

Resta assiomatico, però, che il popolo arberesh, nel coniugare “integrazione” con le italiche genti, ha guardato ai buoni esempi sociologici, di famiglia, di gruppo, di società, di massa, di istituzione, di diritto, di religione e di struttura. Quindi l’aspetto tradizionale della “nuclear family”, vissuta come matrimonio / famiglia coniugale nella convivenza di un uomo e di una donna con la loro prole; l’etnocentrismo ove il gruppo venne sentito alla pari; la delusione sfociata nei moti arberesh per la libertà, per la giustizia sociale e per le condizioni di vita; delusione che portò queste popolazioni arberesh da una situazione di massa latente o amorfa, ad una aperta azione di massa; quindi l’esplosione delle ideologie come sociologia della conoscenza; il costume, le usanze come “folk way” e le norme dell’istituzione più ristrette (dell’uso e del costume); la religione degli arberesh, considerati come “Uniati” (allineati alla Chiesa romana) e, nell’opera del Parise, così definiti da Papàs Demetrio Braile: «Ortodossi è quello che eravamo e cattolici di rito greco, quello che nel corso di 500 anni siamo diventati». Ma potrebbero essere queste, tutte le considerazioni e le prospettive necessarie che, oltre ad una storia del Risorgimento arberesh, potrebbero portare anche verso risultanti di importanti direttrici sociologiche?

Resta meritoria comunque l’ardua impresa di Oreste Parise, arberesh di Cerzeto (Cs), di aver scritto la Storia del Risorgimento e della sua gente. D’altra parte, bene affermava Cicerone: «La storia è testimone dei tempi, luce di verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzia dell’antichità» (Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis), sempre nella (sua) considerazione, comunque, che «la salvezza del popolo sia legge suprema» (Salus populi suprema lex est).

Dall’articolo “Si apre il sipario sulla storia” di Francesco Nigro Imperiale (Mezzoeuro n. 39 del 28/9/2013)

Dettagli

Autore:
Genere: Studi sociali
Editore: Orizzonti Meridionali
Anno di pubblicazione: 2013
ISBN: 9788897687245

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