Oggi, come ogni 10 febbraio, è il compleanno della prima scrittrice donna dissidente albanese del periodo comunista, Musine Kokalari. Fondatrice del partito di opposizione, prigioniera politica per ben vent’anni, deceduta in esilio e decorata nel 1993, dopo il crollo del comunismo con la medaglia “Martire della democrazia” il riconoscimento di “Onore della nazione”, è l’emblema della forza e del coraggio.
Una storia di dignità, sofferenza, e valore umano la sua: è quella di una donna che ha sempre apertamente dichiarato le sue idee:
Io non sono colpevole. Non sono comunista e questo non può essere una colpa. Voi avete vinto le elezioni, ma io non devo essere in carcere. Io sono un’allieva di Sami Frashëri, condannando me voi volete condannare il Rinascimento.

Il messaggio commosso di Mirela Kumbaro
Oggi la Ministra del Turismo d’Albania, Mirela Kumbaro, ha voluto celebrare la ricorrenza con un toccante stasus pubblicato sui social.
«Il 10 febbraio 1917 nasceva una donna, un fiore, una scrittrice, un’intellettuale, una mente libera, una donna di Gjirokastër.
“Hëm vashë, hëm muzë, hëm hero beteje” (Una ragazza, una musa, un eroe di battaglia“, ndr), così Isuf Luzaj chiama la ragazza con lo chiffon nero. Un simbolo, che attraverso la fragilità ha resistito alla dittatura.
Musine resta un personaggio che incuriosisce per la strana duplicità che la caratterizza, tra un profilo molto raffinato, una delicata silhoutte, uno sguardo ammaliante. Una figura dalle affermazioni forti, dalla scelta socialdemocratica, una grande studiosa della ricerca accademica , che ha corso dai vicoli dei pazzi alle chiese e alle biblioteche di Roma, dal carcere al reparto di oncologia. Una strada fatta dai ricami in seta alle parole disperate per la mancanza di libertà.
Più scrivevo, dice Musine, più ero attratta dai tempi in cui ho vissuto la cosiddetta parte più bella della mia vita: la mia infanzia.
Una Donna di Gjirokastër, una Pensatrice, Musine affascina perché, come Lasgush Poradeci scrive nel pezzo di critica dedicato al libro Come mi dice la mia anziana madre”, lei prendeva la vita in mano.

Resisterò alla tentazione di analizzare le idee e gli scritti di Musine Kokalari, perché i miei colleghi ricercatori lo hanno già fatto, ma anche perché lascerò questo a un altro momento in cui tornerò alla mia eterna professione, i libri.
Voglio, però, condividere un grande rammarico; nonostante la prontezza e l’impegno del Ministero della Cultura, che ha messo a disposizione i fondi necessari per restaurare la casa in collaborazione con la famiglia e gli eredi legittimi di Musine, essa soffre ancora del dolore di demolizione, non dall’oblio, ma dai danni provocati dagli incendi.
Nell’anno dedicato a Musine Kokalari, nel centenario della sua nascita, il governo albanese non solo ha pubblicato l’opera completa di Musine Kokalari, conferendole delle onorificenze, anche se di un numero ancora non degno per la grandezza della scrittrice, ma ha anche studiato il progetto di restauro della casa, affidandoci i fondi necessari per eseguire i lavori….»
La mia vita universitaria
Memorie di una scrittrice albanese nella Roma fascista (1937-1941). A cura di Simonetta Ceglie e Mauro Geraci con un saggio di Visar Zhiti (Viella Editore), è l’autobiografia giovanile di Musine Kokalari. È la sua prima opera, data alle stampe in Italia, circa settant’anni dopo la sua nascita. Il volume è il frutto di un grande lavoro di ricerca storica, archivistica e antropologica, che ha visto coinvolte le città di Roma e Tirana e un contenitore di immagini e documenti in gran parte inediti e un originale saggio del poeta Visar Zhiti.
La mia vita universitaria è la testimonianza dell’entusiasmo della giovane scrittrice che vede negli studi universitari “la più grande e nuova aspirazione per una ragazza albanese”. Una scrittura che esprime delicatezza e timore, che narra di gioie, di tristezze, di amicizie, di abbandoni. Un libro che sottolinea la grande sensibilità umana di una giovane donna che si sta formando, la cui vita in evoluzione viene spezzata dalla condanna. Il risultato di due punti di vista dialettici, l’albanese e l’italiano: una sorta di spola oggettiva e culturale che viaggia tra Roma e Tirana.
Un libro carico di emotività, che rende indimenticabile la figura di Musine Kokalari.
