L’impero nei Balcani. L’occupazione italiana dell’Albania (1939-1943) è il libro di Alberto Basciani pubblicato da Viella Libreria Editrice, che ricostruisce, sapientemente e con dettagliate spiegazioni, i quattro travagliati anni caratterizzati dalla dominazione fascista in Albania.

L’occupazione italiana
Tutto ebbe inizio il 7 aprile 1939 con un intervento delle truppe fasciste che portò all’insediamento dell’Italia in Albania, con l’idea di restarci per molto tempo. Un’operazione edulcorata a dovere, tanto da passare come un’iniziativa con lo scopo di creare una nuova sinergia tra i Paesi. Di conseguenza non è mai stata data una rilevante importanza all’egemonia fascista in terra albanese, vista sia a quei tempi che in seguito, come un capriccio di Mussolini, non considerando mai l’azione come parte fondamentale di una progettualità di conquista ben più ampia.
Alberto Basciani, in questo L’impero nei Balcani. L’occupazione italiana dell’Albania (1939-1943), racconta in maniera lucida e cristallina le azioni perpetrate in Albania dall’imperialismo fascista, sottolineando l’empietà con la quale furono messe a punto e ripulendo i fatti da quell’alone di perplessità, che sempre ha mascherato le reali intenzioni alla base dell’occupazione italiana. I fatti narrati e le conclusioni esposte sono il frutto di un attento studio e di precise valutazioni della ricca documentazione proveniente da archivi italiani ed esteri.
Fin troppe volte l’invasione fascista in Albania è stata considerata come poco rilevante, proprio come di minor importanza è stata spesso giudicata la malvagia energia della politica mussoliniana, tendenzialmente sminuita e “giustificata” come un becero tentativo di non mettersi contro il potere nazista e da qui la decisione di partecipare al secondo conflitto mondiale.
La politica di conquista fascista
L’invasione dell’Albania da parte dell’Italia non è da considerare come qualcosa a sé, ma da contestualizzare nella virulenta politica di conquista messa in atto dall’imperialismo fascista, desideroso di estendere il proprio potere dittatoriale anche su territori europei. Non una semplice bizzarria mussoliniana quindi, ma uno strumento atto a dimostrare quanto i tentacoli del fascismo fossero lunghi e bramosi di estendere il proprio dominio.
L’obiettivo dell’autore, indubbiamente ben centrato, è quello di portare l’attenzione del lettore su eventi che hanno indossato le vesti della faciloneria e dell’inconsistenza per troppo tempo. I fatti storici parlano da soli ed è inequivocabile, sostiene Basciani, che l’invasione dell’Italia in Albania rientrasse nel folle disegno di politica estera compiuto da Mussolini e rivolto al mondo intero.
L’Albania, quindi, è stata un importante tassello a compimento del puzzle costruito dal fascismo, un quadratino di tanti, sul quale Mussolini mise le mani gradualmente. Il suo desiderio era quello di dominare i Balcani ed è partendo da questo che il dittatore volle investire ingenti capitali in Albania, vedendo nell’avvento di Ahmet Zogolli un ottimo aggancio con la nazione. D’altro canto, la disponibilità italiana faceva gola e tornava utile a Zogolli per mantenere il potere.
In realtà, il rapporto con l’Italia non si rivelò affatto amichevole, diventando sempre più stringente ed è a questo punto che si può collocare, dice l’autore, l’inizio dell’invasione italiana in terra albanese.
Dominare l’Albania significava chiudere la morsa nei confronti della Jugoslavia, dominare l’Adriatico e gettare le basi per ulteriori passi in avanti sia verso il Mediterraneo orientale sia verso i Balcani.
L’italianizzazione dell’Albania
Con questa esigenza di dominio e con il fascismo ormai instauratosi nel cuore dell’Albania, iniziò il processo di italianizzazione del Paese. La prima a subire le modifiche siglate dagli italiani fu Tirana, trasformata da professionisti che la modellarono secondo i canoni fascisti. Naturalmente, nulla era fine a se stesso: attraverso i cambiamenti forzati, Mussolini voleva lanciare un messaggio forte e chiaro diretto al Sud-est dell’Europa.
L’italianizzazione dell’Albania non si fermò solo all’architettura, ma si rivolse anche agli aspetti educativi e culturali del Paese. L’obiettivo era quello di soggiogare la lingua e la cultura albanesi e di creare un modello di gioventù a immagine speculare del potere fascista.
Paradossalmente il lascito più grande e importante dei quattro anni di presenza italiana in terra albanese fu la definitiva nascita (o almeno consolidamento) della nazione albanese. Un Paese prima di allora diviso in clan, dominato dai bey con una difficile identità nazionale a causa del lascito imperiale ottomano, della divisione della popolazione tra tre religioni trovò nell’opposizione agli italiani il denominatore comune per farsi finalmente nazione. È indicativo, a mio parere, che proprio gli studenti, gli insegnati, professori insomma il mondo dei cosiddetti intellettuali che forse più di qualsiasi altra categoria aveva da guadagnare in termini di ascensione sociale e personale, nell’accettare il dominio italiano, fu quello che diede davvero inizio a un’opposizione sempre più dura e intransigente nei confronti dei piani di graduale integrazione del Paese nell’alveo dell’impero fascista. Fallì così miseramente anche il progetto di usare il Partito Fascista Albanese quale elemento di unione delle classi dirigenti locali con i dominatori italiani.
La giusta informazione
Una ricostruzione lucida e al tempo stesso accurata quella fatta da Basciani in questo L’impero nei Balcani. L’occupazione italiana dell’Albania (1939-1943), atta a eliminare definitivamente ogni ombra di dubbio sulle motivazioni per cui l’Albania subì l’invasione italiana. Il Paese delle Aquile ebbe un’importanza rilevante nelle manovre di conquista del potere fascista e la dominazione dell’Italia segnò indelebilmente l’andamento sociopolitico e culturale del Paese. L’autore espone i fatti nella maniera più semplice e obiettiva possibile, offrendo al lettore un libro interessante e divulgativo. Il riuscito intento di Basciani è quello di far arrivare un chiaro messaggio informativo su cosa accadde realmente in Albania dal 1939 al 1943, affinché la trasmissione di notizie possa non essere più distorta.