È il 1959 quando nella capitale albanese nasce Ardian Vehbiu. Si laurea in Lettere all’Università di Tirana, dove svolge attività di ricerca per l’Accademia delle Scienze Albanese e per un periodo di tempo è docente presso il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Tirana. Di notevole importanza è la sua esperienza di insegnante presso l’Università degli Studi L’Orientale di Napoli, dove impartisce lezioni di lingua albanese.
Scrittore e traduttore, tra i più prolifici dell’attuale panorama letterario d’Albania, autore di saggistica e narrativa, risiede a New York, pur rimanendo assiduo visitatore del suo amato Paese.
Collabora con diverse testate giornalistiche e traduce opere dall’albanese in italiano, oltre che dall’italiano, dal francese e dall’inglese in albanese. Vincitore nel 2009 del premio nazionale non ficton “Gjergj Fishta” con il saggio Shqipja totalitare: Tipare të ligjërimit publik në Shqipërinë e viteve 1945-1990, (L’albanese totalitario-caratteristiche del discorso pubblico nell’Albania degli anni 1945-1990), è fondatore e direttore della rivista culturale “Peizazhe të Fjalës”, (Paesaggi di parole), che vede la collaborazione di numerosi scrittori e giornalisti.
La scoperta dell’Albania
Gli albanesi secondo i mass media
Risale al 1996 la prima pubblicazione italiana di Ardian Vehbiu. La scoperta dell’Albania. Gli albanesi secondo i mass media è un saggio scritto a due mani, che porta anche la firma del sociologo, giornalista, studioso e scrittore albanese Rando Devole (Paoline Editoriale Libri, 1996).
Un’opera critica che si incentra sull’analisi dell’immagine dell’Albania disegnata dai mass media, quando le navi traboccanti di profughi albanesi trovano ospitalità presso le coste pugliesi. Un’effigie che resta impressa nella memoria della Storia, a emblema del crollo di un’epoca e della nascita di un’altra. Un fenomeno che assume tinte accese e che segna l’inizio della continua migrazione dalle coste albanesi a quelle italiane, protrattasi per anni.
La manifestazione di una complicata sofferenza e di un profondo disagio, che desta l’attenzione dei media nei confronti di una realtà fino a quel momento totalmente ignorata. La rappresentazione dell’Albania, tracciata dai mezzi di comunicazione dell’epoca, ha delle caratteristiche molto forti e spesso contrastanti.

Vehbiu e Devole si impegnano in un’attenta analisi critica dell’informazione del momento e di tutto quello che i media traggono da quella condizione migratoria, consegnandolo ai lettori o agli spettatori. Un esame scrupoloso e attento, utile per comprendere come, a volte, “la pillola”, volutamente o no, sia stata “edulcorata”, esaltando il mito e mettendo in ombra le paure e tutte quelle spontanee valutazioni che il tempo ha, inevitabilmente, portato alla luce.
I due autori mettono in discussione, in maniera lucida e consapevole, il disegno esotico dell’ideale albanese, narrando della paura del diverso, del complicato rapporto tra due culture differenti e di quell’indelebile congiunzione che lega l’opinione pubblica alla stampa. Una connessione, quest’ultima, che conosce urgenza e necessità e che in questo caso specifico, assume connotazioni distorte dalla scarsa conoscenza dei fatti e da quelle toccanti o commoventi, che dir si voglia, immagini di navi, che hanno parlato, annunciato e descritto la realtà, come nessun critico o narratore avrebbe saputo fare.
Cose portate dal mare
“Ho una radio a onde corte, ma non mi va di accenderla. Vivo a New York, una città che luccica così tanto che perfino le stelle, nel cielo notturno, si vedono appena e con molta facilità si confonde Giove con qualche aeroplano che tenta di avvicinarsi all’aeroporto La Guardia. La mia radio a onde corte è tra le migliori – ottima marca, con un manuale d’uso più voluminoso della radio stessa. Però non mi va di accenderla”.
Così si apre Cose portate dal mare, il saggio di Ardian Vehbiu, pubblicato in Italia nel 2020 da Besa Muci Editore. Un’opera corposa, in cui lo scrittore, partendo dalla propria esperienza di vita, racconta i rapporti tra l’Albania e il mondo situato oltre l’Adriatico.

I mezzi di comunicazione, rappresentati prevalentemente dalla radio e dalla televisione, offrono un graffito dell’Italia e dell’Occidente fortemente desiderabile, tanto quanto potentemente pericoloso. Vehbiu disegna in maniera magistrale il profilo del Paese delle Aquile, ancora stretto nella morsa del regime, dal quale emerge il desiderio e quella forte voglia di una vita migliore, da cercare altrove.
Un saggio scritto con grande cognizione di causa e pregno dell’alta preparazione letteraria e storico-sociale dell’autore albanese e della capacità di donare al volume la scorrevolezza di un testo narrativo. Una fluidità che rende la lettura piacevole, non sminuendo l’importanza dei contenuti e creando così, un equilibrato sodalizio tra argomentazioni saggistiche e quella delicatezza quasi romanzesca. L’Albania vive le forti limitazioni dettate dal regime e guarda all’Occidente industrializzato, arricchito dalla tecnologia che fa passi da gigante. L’occhio verso l’Italia è attento e incantato; la vicina penisola è oggetto di potente attrazione, identificandosi con un universo fatto di bellezze che ammaliano, che rapiscono e che allo stesso tempo intimoriscono.
Il mondo oltre l’Adriatico è davvero così paradisiaco? Oppure ha una parte temibile, che arriva quasi come un tormento, che va prima studiata, compresa e assorbita, per poterne apprezzare la parte più dolce e malleabile? Ardian Vehbiu, con uno stile lineare nella sua delicatezza, tratteggia, anche se di riflesso, il profilo dell’Italia di quei tempi, una nazione in profonda trasformazione, attenzionata dal resto del mondo e spesso giudicata e criticata.
Cose portate dal mare è una lettura consigliata a chi ama la penna obiettiva, diretta e mai giudicante e a chi ha voglia di rivivere in maniera analitica un pezzo di nostalgica storia.