Libera. Diventare grandi alla fine della storia di Lea Ypi è un romanzo di formazione, che nasce nell’idea dell’autrice come saggio accademico, cambiando forma in corso d’opera, per diventare un racconto autobiografico che vede protagonista la stessa nel periodo che va dagli ultimi anni del regime comunista di Enver Hoxha al fatidico 1997 (grosso modo), l’anno del caos politico, economico e sociale che coinvolge l’intera Albania.
La prima apparizione di Lea Ypi
Ha 42 anni la Ypi, è sposata e vive a Londra con il marito e i suoi tre figli, dove insegna filosofia politica alla London School of Economics: ha studiato alla Sapienza di Roma ed è esperta del pensiero di Carl Marx. All’età di 11 anni compare in un programma trasmesso su Rai 1, nel 1991 e in concomitanza con le prime elezioni libere albanesi, affermando che da grande le piacerebbe fare la scrittrice o la presidente: l’intervista all’allora bimba è visibile nel booktrailer del libro, realizzato dall’editore americano W.W. Norton & Company.
La felicità compromessa
Libera è un romanzo corposo, suddiviso in due sezioni: la prima riguardante l’Albania comunista, la seconda dedicata al Paese che si ritrova nel caos più totale e nella povertà più assoluta. Il tutto è raccontato dal punto di vista di una bimba fermamente convinta che i principi caratterizzanti il comunismo corrispondano a giustizia vera, tanto che un giorno del 1990, sente l’impulso di abbracciare la statua di Stalin decapitata durante le proteste contro il regime. La piccola Lea non comprende cosa stia succedendo e le motivazioni per le quali quanto insegnato dai suoi genitori venga messo così violentemente in discussione.
La giovane protagonista è confusa, sente parlare di democrazia e collettività, scopre che la sua famiglia, contrariamente a quanto le è stato sempre impartito, ha idee che odorano di rivoluzione. La ragazzina si ritrova ad affrontare un mondo totalmente diverso, non più edulcorato, e soprattutto deve comprendere come mai la sua felicità di bimba fosse esclusivamente una farsa.

Libera, perché?
Il titolo dato al volume non è casuale. Mi è sempre interessato voler dimostrare come l’interesse per il concetto di libertà fosse centrale a tradizioni politiche solitamente considerate opposte, come il liberalismo e il socialismo. Di solito quando si insegna la filosofia politica si dice che il principio cardine del socialismo è l’uguaglianza e quello del liberalismo la libertà, ma per me è problematico perché ho sempre visto nella tradizione di pensiero di sinistra una radicalizzazione dell’idea di libertà che si trova nel pensiero liberale: una forma di critica della società per cui nel capitalismo non ci può essere vera libertà perché una forma istituzionale che si basa sulla competizione tra individui sopprime la libertà di alcuni per il profitto di altri, e dunque è in realtà una libertà promessa a livello istituzionale che però nella società non viene mai realizzata. (fonte: Il Post).
L’autrice inizia a lavorare al libro a Berlino, dove si trova per un lavoro di ricerca; nel bel mentre, si diffonde il virus da Covid-19, rinchiudendo tutti in casa compreso la Ypi e i suoi tre bambini. È proprio durante quel tragico momento che coinvolge il mondo intero, che l’idea di redigere un saggio svanisce: la scrittrice riflette profondamente sulla condizione in cui versa l’umanità in quei mesi, vedendo delle importanti assonanze con il trascorso albanese. Pertanto, decide di scrivere un romanzo autobiografico, una sorta di memoriale, usando la propria esperienza di vita e quella delle figure che compongono la sua famiglia, per raccontare la Storia, sviscerando e spiegando il concetto di libertà.
Mia madre rappresenta l’idea della libertà negativa, “libertà da”…Mio padre invece rappresenta un’idea di libertà positiva, più socialista. E mia nonna l’idea della libertà morale. I diversi personaggi del libro rappresentano un punto di vista sulla società, sulla politica e sui rapporti tra persone, tra istituzioni (fonte Il Post).
Non è un romanzo pro-dittatura
Esprimendosi attraverso il punto di vista di una bambina, la Ypi ha voluto raccontare nella maniera più genuina possibile un pezzo di Storia albanese, concentrandosi sul risveglio di chi ha dovuto guardare improvvisamente a una sconosciuta realtà. Al contempo, l’autrice tenta di fare un’indagine socio-politica sul vissuto degli albanesi durante e dopo il regime.
Non nasconde la delusione della resa dei conti, che la mette di fronte a una felicità infantile costruita ad hoc dai suoi genitori, per causa di forza maggiore. Si palesa fortemente in lei la necessità di dover mettere in discussione se stessa, per poter comprendere al meglio il cambiamento. Si illumina caoticamente la mente della giovane quando comprende che alcuni discorsi ascoltati in famiglia, all’apparenza incomprensibili, non erano altro che parole in codice. È attraverso questa presa di coscienza che spiega le assurdità del comunismo.
La Ypi non esalta la dittatura di Enver Hoxha; non vi è parte alcuna in cui l’autrice mette in atto un minimo di propaganda enveriana. Non c’è nessun passaggio o pagina riconducibile al “si stava meglio prima”. Lea narra di sua nonna, una donna molto fine e grande intellettuale, di suo padre, un sessantottino a tutto tondo e di sua madre thatcheriana ultraliberista, di se stessa, in piena crescita, proponendo attraverso il racconto un’analisi sociologica più o meno riuscita; in virtù di questo, non può essere definito un romanzo pro-regime o a sostegno della conservazione del vecchio.
Le critiche
È altrettanto fuor di dubbio, che chi ha vissuto l’esperienza dittatoriale nella maniera più amara, non si sia sentito rappresentato dalla “leggerezza” con la quale la Ypi tratta argomentazioni molto forti; questo può essere riconducibile esclusivamente a una personale e comprensibile sensazione, che difficilmente può trovare riscontro nell’oggettivo. La felicità della ragazzina e il suo abbraccio alla statua di Stalin, non fanno del volume un libro a esaltazione del totalitarismo o del ricordo di esso. L’ironia, con la quale tratta le tematiche, è uno strumento per alleggerirne la drammaticità, non per sminuirne l’importanza. Diversi autori albanesi, tra i più grandi, utilizzano l’umorismo per affrontare importanti e dolorosi stralci di Storia o di evoluzione sociale albanese.
L’indagine socio-politica
Si fa dura la battaglia tra la felicità della ragazzina prima, il suo smarrimento dopo, la consapevolezza raggiunta e l’indagine sul concetto di libertà; a uscirne vincitrice, in qualità di filo conduttore del romanzo, sembra essere la “libertà morale”, quella non giudicante, priva di atteggiamenti malevoli o bonari, la più garantista possibile, che non porta a processi mentali, bensì a porsi quesiti e a confrontarsi, al fine di dare delle concrete risposte.
Al termine della lettura, viene spontaneo chiedersi quanto arrivi al lettore tutto questo. Libera è un buon romanzo, scorrevole, le storie sono ben narrate e i personaggi disegnati con discreta attenzione, ma le buone intenzioni dell’autrice si palesano relativamente. Quello che emerge è la storia, l’ironia, la crescita confusionaria della protagonista, la sua presa di coscienza, in un contesto storico compostamente trattato.
L’esplorazione socio-politica a cui la Ypi (o chi per lei) fa riferimento e quel tocco di argomentazione filosofica menzionato da alcuni pensieri, si perdono nei meandri della narrazione, emergendo relativamente. Questo potrebbe essere uno dei motivi scatenanti le osservazioni negative di un nutrito gruppo di critici albanesi, ai quali il libro appare come un’esaltazione del regime di Hoxha, non riuscendo a guardare oltre, in quanto quell’oltre non è ben trattato o semplicemente non è ben posto in evidenza.
Il romanzo
Libera rimane, quindi, un interessante romanzo autobiografico, che racconta la faticosa liberazione dalle bugie in un momento di crescita delicato per la bimba a immagine speculare dell’evoluzione confusionaria dell’Albania. Il libro è frutto di una penna capace di esprimere le emozioni personali e di raccontare un pezzo di Storia di un Paese martoriato, attraverso la vita e le vicende di una bambina e della sua famiglia: una lettura scorrevole e coinvolgente, dove l’esplorazione sociologica è da ricercare.