Ali Podrimja è stato e rimane uno dei maggior poeti kosovari (Gjakovë, Kosova 1942 – Lodève, Francia). La sua poesia cola il sangue di una terra che non ha mai smesso di cercare la libertà.Accade tra stanze e strade dove vive la morte. È l’ultimo saluto per chi non tornerà più, diventando così una spada che spacca anche la roccia più forte. È il nodo dove convive con il suo paese, con la sua sorte. Ed è questo il compito della scrittura e della parola: del ricordo farne memoria. Memoria che, l’inchiostro del poeta versa su carta, per i figli nati già morti, per la madre mancata. Memoria che diventa brivido, la cupa canzone, e da qualche parte del mondo, fiamma azzurra che brucia, ma che sa attendere come la primavera attende il fiore… E nel suo più alto grido, sta la parola che non può essere tradotta – scelta per proteggere l’identità che passa tra passato e presente, tra futuro e storia. Memoria che piange ancora il fratello. Memoria che per il poeta Podrimja è: il tempo del risveglio.
Poesie scelte da “Deserto invasivo” nella traduzione di Blerina Suta e Filippo Bettini

Brivido
In Kosova
soltanto la morte
non tarda
Da qualche parte del mondo
Se non ti scrivo
caro amico mio e
se non mi faccio sentire
Prendi un garofano
e cerca da qualche parte al mondo
la mia tomba.
La kulla dei Balshaj
Rimango vicino a Dio
perché non ci si può fidare
nemmeno degli umani
Quando il sole batte in testa
t’inginocchi davanti all’Acqua Grande
ti lavi il viso con palme di angeli
Ed un antico uccello si ferma in volo
finché non si sveglia lo stupore
e i venti mortali non annoda tra le radici degli olivi
Chi è salito lassù
Si è scordato di prendere qualcosa
E non ha mai più maledetto Dio.
La cupa canzone
Quando il Kosova sta in lutto
di bruciore soffre
anche la pietra
Sotto il cielo fosco
Una madre allatta
Il pargolo spento
E dal mio occhio squarciato
una riga cola cola
cola
Oddio
Il canto funebre per il Kosova
Ci hai avuto o ti abbiamo avuto
Né in cielo né in terra
benedetto
Apro la mano e peso
la goccia del tuo sangue
Epica
Per secoli ho venduto il sangue
e sono cresciuto grazie al sangue venduto
per secoli ho mangiato me stesso
senza mai saper ridere dei miei avanzi
Amici,
il Kosova è il mio sangue a cui non c’è perdono!
Il vuoto ed il nulla
A che serve la cosmetica
Un braccio lo hai perso
l’altro lo trascini a stento
Chiedi sulla vetta del mondo
hanno ultimato il tetto della Kulla
L’Europa se ne frega
mentre cambia maschere
parte in pellegrinaggio
il vuoto ed il nulla
La corda dell’ansia
Libero il Kosova ed indipendente
Con una corda intorno al collo
Cerca il ramo più alto
Non vuole essere come una pecora esposta al mercato
Catturato tra le due civiltà
Trema tra un discorso e l’altro
La corda non lo regge ma neppure lo fa cadere
Nelle conferenze internazionali
Lo si racconta come una favola
La corda non lo fa cadere ma neppure lo regge
(Kulla – casa ,fortilizio)